C’è una Napoli che non appare nelle brochure patinate né nelle escursioni per turisti frettolosi. Una Napoli che vive dietro portali in pietra, nei cortili dove riecheggiano canti antichi, tra giardini nascosti e leggende tramandate sottovoce. Questa volta a mostrarsi è Secondigliano, troppo spesso raccontata solo attraverso la cronaca, ma che conserva un patrimonio storico, architettonico e umano di rara intensità. Per restituire dignità e voce a questo territorio è nata l’iniziativa “Secondigliano tra corti e cortili”, promossa dall’Assessorato al Turismo e alle Attività Produttive del Comune di Napoli. Un calendario di passeggiate guidate gratuite, su prenotazione, in programma dal 21 settembre al 23 novembre, che accompagna i visitatori lungo un itinerario emozionante tra ville ottocentesche, masserie fortificate e piazze popolari dove per secoli si è costruita l’identità del quartiere.
Il percorso prende avvio da Villa Alfiero, elegante dimora liberty visibile dall’esterno al civico 200 del Corso. Un viale ampio e rettilineo, che un tempo si chiamava Corso Umberto I quando Secondigliano era comune autonomo, e che nell’Ottocento trasformò il quartiere in un luogo di villeggiatura per la borghesia napoletana. Il clima asciutto, l’aria fresca e le campagne curate al punto giusto attirarono villeggianti e scrittori: un viaggiatore francese, stupito dalla raffinatezza delle residenze, definì la zona “una piccola Nizza alle porte di Napoli”. Oggi, passeggiando lungo quel tratto, si può ancora intuire l’antico prestigio guardando le facciate ornate e le balconate liberty, anche quando i segni del tempo tentano di nasconderle.
L’atmosfera cambia quando si giunge a Palazzo Visconti Capasso, dove il cortile, un tempo frequentato da carrozze e cavalli, diventa teatro di performance musicali e letture sceniche che riportano i visitatori alla Belle Époque. Non si tratta di una semplice visita: è un tuffo sensoriale nel passato, con pietre che raccontano feste, matrimoni, incontri segreti e serate d’estate illuminate da lampade a petrolio. Poco distante, Palazzo Miranda mostra il suo cortile quadrangolare, luogo di condivisione tra vicini. Dai ballatoi, un tempo, le donne si rispondevano cantando ‘a fronne ’e limone, improvvisando versi che rimbalzavano da una ringhiera all’altra. Durante la Seconda guerra mondiale, i sotterranei divennero rifugio antiaereo: tra paura e solidarietà, lì sotto si imparava a resistere raccontando storie ai bambini per coprire il rumore delle bombe.
La facciata severa di Palazzo di Nocera nasconde invece pavimenti maiolicati e un passato da circolo musicale e teatrale, dove i giovani del quartiere provavano scenette poi rappresentate in piazza durante le feste patronali. In un’epoca in cui non esistevano né social né televisioni, bastava un palco improvvisato, un mandolino e la voglia di stare insieme per far nascere comunità. Villa Cimmino, con le sue balconate liberty e i giardini profumati da magnolie rare, racconta il Novecento borghese che si apriva all’arte. Nelle sue stanze un giovane pittore, ospitato in cambio di vitto e alloggio, affrescò pareti con paesaggi fantastici, oggi quasi cancellati dal tempo ma ancora ricordati dagli anziani del posto come un tesoro perduto.
Poi arriva lei, Villa Loffredo, la “piccola reggia tra gli orti”, con il grande giardino di agrumi e magnolie che profumava di zagara in primavera. Qui, nella notte di San Giovanni, le donne raccoglievano erbe per rituali propiziatori, mentre a settembre, dopo la vendemmia, il cortile si animava di banchetti e danze che univano signori e contadini. La leggenda narra che durante una festa un temporale improvviso costrinse tutti a rifugiarsi dentro, ma un violinista continuò a suonare sotto la pioggia incantando gli invitati. Si dice che nelle notti di giugno, se il vento è giusto, tra gli alberi si possa ancora sentire quel suono lontano.
L’ultima tappa è Villa Ingenuo, simbolo perfetto della doppia anima di Secondigliano: agricola e nobile, laboriosa e sognatrice. Le logge erano fresche d’estate, mentre nei cortili si piggiava l’uva con lunghi canti di vendemmia. Un antico torchio, raccontano, produceva un vino così buono da non inacidire mai. Oggi la villa ospita anche l’esposizione del Collettivo Artistico MCG Arte, un ponte ideale tra tradizione e creatività moderna.
Accanto alla Secondigliano borghese delle ville, l’iniziativa propone un secondo itinerario dedicato alle corti popolari e alle masserie fortificate. Qui la vita trascorreva tutta all’aperto, attorno ai pozzi comuni e ai forni condivisi. Nelle sere d’inverno, le donne cuocevano il pane e intanto raccontavano ai bambini la leggenda di Zi’ Monaca, lo spirito benevolo che appariva per difendere i piccoli dai pericoli. La piazza del mercato, cuore economico e sociale, era teatro di incontri, scambi e pettegolezzi. “Chi vo’ sapé ’e novelle, vada ’o mercato ’e Secondigliano” si diceva un tempo, e tra i banchi si potevano incontrare cantastorie che narravano gesta di briganti come Ciccio Cappuccio, una sorta di Robin Hood napoletano che rubava ai ricchi per aiutare i poveri.
Il percorso termina alla Masseria del Monaco, edificio seicentesco dove storia e leggenda si intrecciano. Si racconta che un contadino, ubriaco di vino nuovo, vi incontrò l’apparizione di un monaco che lo rimproverò per lo spreco del frutto della terra. Oggi quel cortile, nelle giornate di ottobre, torna a riempirsi di tammurriate e racconti popolari legati alla vendemmia, in un’atmosfera che riporta indietro di secoli.
Partecipare a “Secondigliano tra corti e cortili” non significa solo visitare un luogo, ma entrare in una memoria collettiva fatta di pietre, canti, profumi e storie sussurrate. È un invito a guardare Secondigliano con occhi nuovi, a riconoscerne la nobiltà nascosta, a restituirle l’onore che merita. Le visite sono gratuite fino a esaurimento posti, basta inviare una richiesta all’indirizzo cosdam1854@gmail.com e attendere conferma. C’è una Napoli che resiste al degrado e alle etichette, fatta di orgoglio, cultura e comunità. Chi varca quei cortili, difficilmente la dimentica.
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