Due capannoni sequestrati, una vettura di provenienza furtiva recuperata, attività di carrozzeria abusiva smantellata e un pluripregiudicato denunciato: è il bilancio di un’operazione che segna un nuovo colpo al circuito illegale del traffico di veicoli rubati e dello smaltimento illecito di rifiuti nell’area nord di Napoli. Il blitz, portato a termine dalla Polizia Metropolitana, si è concentrato nella zona di Capodichino, snodo strategico per collegamenti urbani ed extraurbani, ma anche punto spesso attenzionato dagli apparati investigativi per reati collegati a piazze di smistamento, depositi clandestini e attività illegali connesse al mercato parallelo dei ricambi e alla filiera dei rifiuti.
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| Foto Pupia.tv |
L’operazione è nata da un prezioso input investigativo: una fonte confidenziale ha infatti fornito informazioni dettagliate su un sospetto capannone dove si ipotizzava la presenza di autoveicoli con numeri identificativi alterati, oltre allo svolgimento di un’attività di carrozzeria totalmente priva di autorizzazioni. Una segnalazione rivelatasi fondata e decisiva per avviare le verifiche che, in poche ore, hanno portato a un intervento capillare sul campo.
Il dispositivo operativo ha visto l’impiego di cinque pattuglie della Polizia Metropolitana di Napoli, supportate dal Nucleo Investigativo Stradale Ambientale, reparto specializzato nel contrasto ai reati di natura ambientale, nella contraffazione dei telai e nei traffici illeciti legati al mondo automotive. Gli agenti, con un’azione coordinata, hanno effettuato un sopralluogo nel primo capannone, una struttura di grandi dimensioni, apparentemente destinata a deposito, ma in realtà rivelatasi un’officina clandestina in piena attività.
All’interno, le forze dell’ordine hanno individuato una Volvo XC40 con targa francese, risultata immediatamente sospetta per incongruenze visibili sugli identificativi. Gli accertamenti tecnici, effettuati anche mediante strumenti di lettura del telaio e verifiche incrociate sulle banche dati internazionali, hanno confermato la manomissione del codice identificativo del veicolo. Tramite un lavoro di comparazione e ricostruzione dei punzoni originali, gli investigatori sono riusciti a risalire al numero di telaio autentico, facendo emergere un dato inequivocabile: l’auto era stata rubata ad Anzio il 28 ottobre scorso.
La scoperta ha confermato non solo l’illiceità dell’attività, ma anche l’inserimento della struttura in un più ampio circuito di riciclaggio di veicoli rubati, una filiera che in Campania continua a rappresentare un mercato nero redditizio, alimentato da una domanda costante di ricambi, pezzi smontati e veicoli “ripuliti” da identità pregresse attraverso tecniche di contraffazione dei telai, clonazione delle targhe e falsificazione dei documenti di circolazione.
Ma l’operazione non si è fermata al primo sito. Gli accertamenti investigativi hanno portato gli agenti a un secondo capannone, riconducibile allo stesso soggetto attenzionato. In questo caso lo scenario era differente ma non meno rilevante: l’area era utilizzata come deposito per smontaggio, accumulo e stoccaggio illecito di rifiuti, con evidenti violazioni alla normativa ambientale, assenza di tracciabilità dei materiali e gestione abusiva del ciclo di smaltimento. Nel sito sono stati rinvenuti componenti di auto, parti meccaniche, materiali ferrosi, plastiche, oli esausti e altri scarti per i quali non esisteva alcuna documentazione relativa allo smaltimento o al conferimento autorizzato.
Il quadro emerso conferma una dinamica investigativa documentata negli ultimi anni in molte aree della provincia di Napoli: spesso, i luoghi utilizzati per il riciclaggio dei veicoli rubati coincidono o si sovrappongono a depositi illegali di rifiuti, perché i processi di smontaggio generano scarti che vengono trattati fuori da qualsiasi procedura normativa, alimentando contaminazione ambientale, inquinamento del suolo e filiere sommerse che sfuggono al controllo pubblico.
Il responsabile delle strutture è stato identificato: un pluripregiudicato residente nel Rione Amicizia, area a pochi chilometri dal luogo dell’intervento e già più volte citata nelle cronache giudiziarie per episodi legati a reati contro il patrimonio, traffico illecito e attività non autorizzate. L’uomo è stato deferito all’Autorità Giudiziaria e dovrà rispondere di una serie di ipotesi di reato che includono riciclaggio, contraffazione di veicoli, gestione illecita di rifiuti e attività non autorizzata.
I due capannoni, come disposto dalla normativa, sono stati posti sotto sequestro, in attesa delle ulteriori verifiche che dovranno stabilire l’esatta provenienza dei materiali, l’eventuale presenza di altri veicoli con identità alterata e il coinvolgimento di possibili ulteriori soggetti nella filiera illecita.
L’operazione, oltre a rappresentare un successo investigativo nel contrasto al crimine, apre interrogativi sulla dimensione reale del fenomeno sul territorio di Napoli nord. Capodichino, crocevia logistico e snodo di passaggi continui, si conferma una zona sensibile, dove l’attenzione delle forze dell’ordine resta massima per intercettare depositi clandestini, officine fantasma, piazzole di smontaggio, canali di ricettazione e discariche abusive che operano al servizio di reti criminali radicate.
Nel comunicato diffuso dal Comando della Polizia Metropolitana viene ribadito come il presidio del territorio resti una priorità, soprattutto su due fronti: legalità ambientale e contrasto ai traffici illeciti legati ai veicoli. L’azione rientra infatti in un piano più ampio di controlli permanenti, volti a contenere in modo strutturale quei reati che impattano contemporaneamente su sicurezza pubblica, economia legale e tutela ambientale.
La sequenza operativa ha avuto anche un impatto simbolico significativo: ha dimostrato come le indagini nate da segnalazioni confidenziali, quando supportate da reparti specializzati, possano trasformarsi in interventi ad alto rendimento investigativo, capaci di smantellare strutture che, pur operando nell’ombra, danno ossigeno a un mercato illecito che coinvolge più settori criminali contemporaneamente.
Negli ultimi anni, Napoli e la sua area metropolitana hanno registrato un’intensificazione delle operazioni contro officine fantasma, auto rubate avviate alla decostruzione, depositi illegali di rifiuti, traffici di metalli e attività abusive non tracciate, spesso nascosti in capannoni industriali dimessi, aree periferiche difficili da monitorare, strutture non registrate o immobili apparentemente dismessi ma operativi nelle ore notturne.
Questo episodio conferma l’esistenza di un sistema articolato dove l’economia illegale sfrutta spazi, connessioni e invisibilità amministrativa, producendo un danno che non si limita al furto di veicoli, ma si estende a impatti sull’ambiente, concorrenza sleale al settore legale, inquinamento, evasione e rischi per la salute pubblica.
La Polizia Metropolitana ha ribadito che i controlli non si limiteranno a questo caso e proseguiranno con attività di monitoraggio del territorio, anche attraverso l’analisi di segnalazioni spontanee, fonti confidenziali e verifiche coordinate con altri corpi investigativi e amministrativi competenti in materia di tutela ambientale e sicurezza stradale.
L’operazione di Capodichino restituisce un messaggio chiaro: i depositi clandestini, i laboratori di riciclaggio e le filiere permeabili all’illegalità non sono invisibili e possono essere individuati, tracciati e interrotti attraverso azioni coordinate, tecnologie investigative e controllo costante delle aree sensibili.
Nel frattempo, proseguono gli accertamenti per ricostruire eventuali collegamenti con altri episodi di furto o smontaggio di veicoli nella regione, e per comprendere se i materiali rinvenuti nei due capannoni possano offrire nuovi elementi d’indagine su traffici già monitorati.
L’operazione di Capodichino non è solo un sequestro, ma l’interruzione di un meccanismo che alimenta un danno sistemico: economico, ambientale e sociale. E rappresenta l’ennesima conferma che la frontiera della legalità, nell’area nord di Napoli, si gioca oggi non solo sulle strade, ma anche nei capannoni, nei depositi invisibili, nelle filiere sommerse che hanno bisogno di luce, attenzione e presidio costante.

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