Secondigliano vive giorni difficili sul fronte dell’illuminazione pubblica. Da diverse sere numerose zone del quartiere risultano completamente al buio, con disagi evidenti per residenti, lavoratori, studenti e per chiunque si sposti nelle ore serali. La situazione, iniziata come un disservizio circoscritto, si è progressivamente allargata interessando traverse di via Regina Margherita, piazza Madonna dell’Arco, Rione Kennedy, viale delle Galassie, Seconda Traversa Cassano, via Umbria e altre strade limitrofe. Un blackout che non riguarda singole lampade non funzionanti, ma intere aree senza alcun tipo di illuminazione, generando oltre al disagio pratico anche un diffuso senso di insicurezza tra la popolazione. A Secondigliano, dove molte strade interne non sono presidiate da attività commerciali nelle ore notturne, il buio totale amplifica il timore di percorrenze serali a piedi, soprattutto per chi torna dal lavoro o accompagna i figli a scuola all’alba, in un clima percepito dai cittadini come abbandono e carenza di tutela.
Secondo le informazioni circolate, il guasto sarebbe legato a problematiche tecniche localizzate in una o più cabine elettriche che alimentano l’impianto dell’illuminazione pubblica. I tecnici incaricati sarebbero già intervenuti per individuare l’origine del malfunzionamento e avviare i lavori di ripristino, ma il protrarsi del disservizio - che in alcuni punti ha superato le 72 ore consecutive - ha acceso il malcontento della comunità, che non si dice contraria ai tempi tecnici necessari, ma denuncia l’assenza di comunicazione tempestiva, la mancanza di soluzioni provvisorie e un sentimento condiviso di scarsa attenzione per il quartiere. Secondigliano non è nuova a disagi infrastrutturali, ma quando a mancare non è un singolo servizio, bensì la percezione di sicurezza essenziale, il problema travalica il confine della manutenzione ordinaria e diventa questione sociale.
Il tema centrale delle discussioni tra i residenti non ruota esclusivamente attorno al “quando” tornerà la luce, ma al “come” un quartiere così densamente popolato possa ritrovarsi per giorni privo di un servizio basilare senza l’attivazione di contromisure. L’assenza di illuminazione in alcune strade sta costringendo molte persone a muoversi con le torce dei telefoni cellulari, soluzione d’emergenza che espone ulteriormente ai rischi una popolazione già costretta a camminare in percorsi bui, spesso stretti e privi di videosorveglianza. La denuncia più ricorrente riguarda il fatto che nessun sistema temporaneo, come fari mobili, luci provvisorie o generatori d’emergenza, sia stato installato in attesa della riparazione definitiva. Una soluzione che in altre città viene spesso adottata nelle situazioni di blackout prolungati, soprattutto in prossimità di aree residenziali, scuole, fermate o percorsi pedonali obbligati.
Le testimonianze raccolte dipingono un quadro coerente di forte disappunto. Una residente ha espresso apertamente la propria amarezza: “Dopo tre giorni si sono decisi a dare una comunicazione. Intanto ho dovuto chiamare personalmente il numero verde. Hanno detto che c’è un guasto e faranno il possibile, ma qui la gente torna dal lavoro nel buio totale, con la paura ad ogni passo. Non si potevano mettere delle luci provvisorie? Camminiamo con la torcia del cellulare, è mortificante. Siamo cittadini come gli altri”. Un altro abitante, sottolineando il clima di frustrazione generale, ha aggiunto: “Sono tre giorni così, e dicono che i tecnici sono a lavoro. Se questi sono i tempi con l’intervento dei tecnici, non voglio immaginare senza. Paghiamo le tasse come tutti, ma il trattamento non sembra lo stesso”. Un botta e risposta che non riguarda solo il guasto in sé, ma un sentimento più profondo, quello di chi ritiene che Secondigliano venga spesso relegata a periferia di attenzione oltre che di geografia.
Il problema non si limita alle strade principali, ma investe aree interne con scarsa presenza di locali o insegne private in grado di compensare con l’illuminazione di vetrine o attività commerciali. Una cittadina ha spiegato: “Da via Regina Margherita a piazza Madonna dell’Arco, nel tratto senza negozi, fa davvero paura. È un punto che la sera diventa terra di nessuno”. Un’altra testimonianza evidenzia come il blackout coinvolga zone apparentemente distanti tra loro: “Anche in via Umbria buio totale”, “Al Rione Kennedy stessa situazione”, “Seconda traversa Cassano completamente al buio”, “Viale delle Galassie senza illuminazione”, “Parco Kennedy al buio anche stasera”. Una geografia del disagio che conferma come il guasto non sia circoscritto a un singolo impianto ma a un sistema più ampio di alimentazione, probabilmente suddiviso su più punti di erogazione, come segnalato dagli stessi cittadini attenti alle dinamiche del quartiere.
La questione, dunque, si sposta su un piano doppio: immediato e strutturale. Nell’immediato si chiede il ripristino rapido della luce, ma sul lungo termine emerge la necessità di implementare sistemi di gestione delle emergenze per l’illuminazione pubblica, così da evitare che interi quartieri restino privi di luce senza alternative temporanee. Il buio totale non è solo un problema “logistico”, ma diventa sinonimo di isolamento, vulnerabilità sociale, rischio percepito e reale, difficoltà di mobilità e aumento dell’apprensione soprattutto per fasce fragili, anziani, lavoratori con turni serali e studenti pendolari.
Secondigliano, una delle aree più popolose del nord di Napoli, non è un quartiere di passaggio, ma un centro urbano con migliaia di nuclei familiari, attività, scuole, pendolari e dinamiche sociali autonome. Un blackout prolungato in un quartiere con questa densità demografica non può essere trattato come un normale guasto tecnico, perché la luce pubblica non è solo un servizio, ma un’infrastruttura di sicurezza percepita. Quando manca, modifica abitudini di vita, orari, tragitti, modalità di spostamento e soprattutto il senso di appartenenza a una comunità che si aspetterebbe risposte rapide e non silenzi prolungati.
L’episodio potrebbe rappresentare un punto di riflessione importante: da un lato la necessità di investimenti continuativi sull’efficientamento degli impianti, dall’altro l’urgenza di stabilire protocolli di emergenza in grado di accendere rapidamente soluzioni provvisorie in attesa dei lavori. In molte città, in situazioni analoghe, vengono impiegati torri faro mobili, generatori temporanei o interventi rapidi per riallacciare porzioni di rete. Soluzioni non definitive, ma sufficienti a garantire sicurezza minima e dignità di spostamento ai cittadini. A Secondigliano, in questo momento, non è tanto la riparazione a essere contestata, quanto la gestione del “durante”.
Mentre i tecnici continuano le attività, il quartiere attende risposte, ma soprattutto luce. Una luce che non è simbolica né metaforica, ma quotidiana, essenziale, pratica. Quella che permette a un genitore di accompagnare un figlio, a un lavoratore di tornare a casa, a un anziano di non sentirsi isolato. Perché l’illuminazione pubblica non è un dettaglio urbano: è il primo presidio di sicurezza, il primo segnale di attenzione istituzionale, la prima linea tra vivibilità e disagio.
Secondigliano, oggi più che mai, lo sta ricordando a gran voce. Con parole ferme, ma soprattutto con la richiesta più semplice e più difficile da ignorare: accendete le strade, restituite la normalità, non lasciate al buio chi vive il quartiere ogni giorno.

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