Il tribunale del Riesame ha confermato la custodia cautelare in carcere per Pietro Izzo, figura di spicco del clan Licciardi e attualmente latitante, già noto alle cronache giudiziarie per precedenti vicende legate ad attività estorsive. La decisione del collegio giudicante rafforza l’impianto accusatorio della Procura, che ritiene Izzo coinvolto, insieme a Giovanni Napoli e Luca Gelsomino, in un episodio di estorsione aggravata ai danni di un imprenditore edile impegnato in lavori di ristrutturazione su un immobile situato nel cuore di Secondigliano. I due complici sono stati arrestati dagli uomini della squadra mobile della questura di Napoli, guidati dal dirigente Giovanni Leuci, e dagli agenti del commissariato di Secondigliano, diretti dal vice questore aggiunto Tommaso Pintauro, in seguito a un’operazione mirata che ha consentito di intervenire mentre l’attività criminale era ancora in corso.
Come riporta il giornale online Internapoli, alle indagini è emerso che Napoli e Gelsomino avrebbero avvicinato la vittima, imponendogli il pagamento di due rate come condizione per proseguire i lavori di ristrutturazione. Si tratta di una modalità tipica delle pressioni esercitate dalla criminalità organizzata per ottenere somme di denaro in cambio della “protezione” o del permesso di operare in un determinato territorio. In questo caso, i due avrebbero agito senza sapere che la polizia, già sulle loro tracce da tempo, li stava monitorando da vicino. L’azione investigativa ha permesso di bloccarli e procedere al fermo, consolidando le prove raccolte contro di loro.
Secondo la ricostruzione fornita dalla Procura, sarebbe stato proprio Pietro Izzo a prendere per primo contatto con l’imprenditore, avanzando richieste estorsive e aprendo la strada all’intervento dei complici. Izzo è considerato un elemento di primo piano della camorra locale, legato a doppio filo alle dinamiche dell’Alleanza di Secondigliano e, in particolare, al clan Licciardi, storicamente radicato nella zona della Masseria Cardone. La sua figura criminale è stata più volte oggetto di inchieste e procedimenti giudiziari, fra cui spicca un episodio di tentata estorsione ai danni del centro commerciale “La Birreria” di Miano, che aveva già attirato l’attenzione degli inquirenti.
Il nome di Izzo è riemerso con forza nelle cronache nel maggio dello scorso anno, quando, insieme a Renato Esposito, altro esponente di spicco del clan, fu destinatario di una sentenza di condanna in secondo grado. In quell’occasione, le pene stabilite in primo grado vennero ridimensionate: Izzo passò da una condanna di otto anni a tre anni e sei mesi, mentre Esposito vide ridursi la pena da sei anni a tre anni e sei mesi. Nonostante la riduzione delle pene, entrambe le figure restavano al centro di un contesto criminale solido e radicato, in grado di esercitare un forte controllo sul territorio e sulle attività economiche presenti.
Il provvedimento odierno del tribunale del Riesame conferma la rilevanza delle indagini in corso e l’attenzione degli inquirenti nei confronti di quelle figure che, pur avendo già affrontato processi e condanne, continuano a rappresentare un punto di riferimento per le attività illecite della camorra. L’estorsione all’imprenditore di Secondigliano si inserisce in un quadro più ampio di episodi simili, in cui i clan cercano di mantenere il loro predominio sfruttando la paura e la pressione economica sulle vittime. L’assenza di Izzo, ancora irreperibile, non attenua la portata del provvedimento giudiziario, ma anzi rafforza la determinazione delle forze dell’ordine nel rintracciarlo per assicurarlo alla giustizia.
Negli ultimi mesi, le operazioni condotte dalla squadra mobile e dal commissariato di Secondigliano hanno messo in evidenza un costante lavoro di monitoraggio delle dinamiche criminali locali, con particolare attenzione alle attività estorsive, considerate una delle principali fonti di finanziamento dei clan. L’episodio che coinvolge Izzo, Napoli e Gelsomino rappresenta dunque un tassello di un mosaico più ampio, in cui l’obiettivo resta quello di contrastare in maniera incisiva il controllo mafioso sul tessuto economico del quartiere, riducendo la capacità dei gruppi criminali di interferire con le attività lecite e di condizionare la vita degli imprenditori e dei residenti.
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