All’alba, Secondigliano si è risvegliata sotto il frastuono degli elicotteri e il suono delle sirene, in un’atmosfera che ancora una volta ha riportato alla memoria i grandi blitz che negli ultimi anni hanno segnato l’area nord di Napoli. L’intervento dei carabinieri del Comando Provinciale di Napoli, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha portato all’esecuzione di ventuno misure cautelari, tra cui diciannove arresti in carcere – cinque dei quali riguardano persone già detenute – e due provvedimenti ai domiciliari.
Si tratta di un’operazione definita dagli investigatori come un ulteriore e significativo affondo contro il clan Licciardi, storico asse portante dell’Alleanza di Secondigliano e presenza egemone tra Secondigliano, Miano, Masseria Cardone e altre zone dell’area nord. Secondo gli inquirenti, gli indagati avrebbero avuto un ruolo nelle attività tipiche della consorteria camorristica, con contestazioni che comprendono estorsioni, ricettazione, comunicazioni illecite con detenuti e persino episodi di evasione, tutte aggravate dal metodo mafioso. Un quadro investigativo che, unito ai precedenti interventi, delinea un’organizzazione ancora in grado di mantenere un controllo radicato sul territorio.
L’indagine che ha portato al blitz di questa mattina ricalca e approfondisce gli esiti delle recenti operazioni condotte contro il clan Licciardi e i loro storici alleati, tra cui il gruppo Russo di Nola. A emergere è soprattutto la capacità del clan di rigenerarsi attraverso giovani leve, spesso già instradate dalle generazioni precedenti e pronte a occupare ruoli operativi nella gestione delle attività criminali. La continuità del modello organizzativo si manifesta nonostante gli arresti, le condanne e le pressioni giudiziarie che nel tempo hanno colpito la cupola dell’Alleanza di Secondigliano.
Gli inquirenti, infatti, sottolineano come le nuove generazioni abbiano rapidamente assunto compiti legati alla gestione delle piazze di spaccio, alle estorsioni nei confronti di commercianti e imprenditori, al riciclaggio e al controllo di segmenti economici strategici nel quartiere e nei territori limitrofi. Un sistema che avrebbe garantito al gruppo un ruolo centrale e stabile nel panorama criminale dell’area.
Secondo quanto ricostruito dalla DDA di Napoli, gli indagati avrebbero mantenuto contatti continui e diretti con esponenti di vertice del clan già detenuti, sfruttando canali di comunicazione illeciti all’interno degli istituti penitenziari. Questo elemento, considerato uno dei punti più delicati dell’indagine, ha permesso agli investigatori di documentare un flusso costante di ordini, direttive e coordinamento che, negli anni, ha reso possibile al clan Licciardi di riorganizzarsi e mantenere un controllo del territorio nonostante la detenzione dei capi storici.
Il provvedimento cautelare emesso dal GIP del Tribunale di Napoli conferma questa struttura ancora integra, ben organizzata e capace di influenzare porzioni significative dell’hinterland napoletano. Il ruolo delle comunicazioni clandestine, spesso legate all’uso di telefoni cellulari introdotti illegalmente in carcere, viene considerato dagli investigatori come una delle modalità chiave attraverso cui la consorteria avrebbe garantito continuità operativa.
L’operazione di oggi arriva a poche settimane da un’altra indagine che aveva colpito la Masseria Cardone e altri segmenti dell’Alleanza di Secondigliano, portando all’arresto di alcuni nipoti del fondatore del clan, Gennaro Licciardi detto ’a scigna. Quelle indagini avevano documentato un sistema di riciclaggio legato alle scommesse sportive online, gestito congiuntamente dalle giovani leve dei Licciardi e dai gruppi collegati ai Russo di Nola.
Anche in quell’occasione erano emersi schemi di comunicazione diretta con i detenuti, un meccanismo ritenuto fondamentale per mantenere vivo il legame tra la base territoriale e gli esponenti apicali reclusi. Proprio la continuità tra detenuti e affiliati sul territorio rappresenta uno dei fattori che, secondo gli investigatori, consente al clan di riorganizzarsi ciclicamente e di adattarsi alle condizioni mutevoli generate dalle costanti operazioni delle forze dell’ordine.
Il nuovo filone investigativo, seguito dai pubblici ministeri Carrano, Loreto e Sepe sotto il coordinamento dell’aggiunto Sergio Amato, ha richiesto un lungo lavoro del Comando Provinciale dei carabinieri di Napoli, che negli ultimi mesi ha raccolto elementi ritenuti utili a documentare la rete di relazioni, attività e responsabilità degli indagati. Le accuse – associazione di tipo mafioso, estorsioni, ricettazione, evasione e accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di soggetti detenuti – compongono un impianto investigativo considerato solido e coerente con le precedenti risultanze sulla capacità dei Licciardi di mantenere un ruolo di primo piano nell’area nord della città. Gli investigatori sottolineano come la rete criminale fosse in grado di mantenere una gestione capillare del territorio, garantendo ordini, spostamenti e decisioni operative attraverso un sistema che appare strutturato, gerarchico e perfettamente operativo.
All’alba, Napoli si è dunque ritrovata ancora una volta sotto i riflettori della cronaca, con le immagini del blitz che hanno riportato l’attenzione sulla persistente presenza dell’Alleanza di Secondigliano nel tessuto criminale della città. L’operazione antimafia coordinata dalla DDA partenopea non viene descritta come un intervento isolato, ma come parte di un percorso investigativo più ampio che negli ultimi anni ha cercato di indebolire progressivamente l’impero dei Licciardi e dei gruppi a loro collegati.
La conferenza stampa fissata alle 11 presso la sala convegni dell’ufficio giudiziario servirà a chiarire ulteriori dettagli dell’operazione, compresi gli aspetti ritenuti più sensibili dagli investigatori. Intanto, nella zona di Secondigliano e nei quartieri limitrofi, la percezione è quella di un ulteriore passo avanti nella lotta alle organizzazioni che continuano a rappresentare un elemento di instabilità e di condizionamento economico e sociale.
Gli investigatori parlano di un’operazione “di alto impatto”, definizione che sottolinea non soltanto la portata numerica dei provvedimenti, ma soprattutto la rilevanza dei soggetti coinvolti e la posizione che alcuni di loro avrebbero occupato nella struttura organizzativa del clan. L’azione coordinata tra DDA e carabinieri mira a ostacolare la crescita della nuova generazione del clan, quella che negli ultimi anni ha progressivamente assunto ruoli centrali dopo gli arresti che hanno colpito i vertici storici.
L’intento è quello di indebolire la capacità del gruppo di mantenere un controllo capillare sul territorio attraverso estorsioni, gestione di attività illecite e influenze sull’economia locale. Un obiettivo che, secondo la Procura, passa sia attraverso l’indebolimento della base operativa sia attraverso l’interruzione delle comunicazioni con i detenuti che continuerebbero a impartire ordini.
L’operazione di oggi rappresenta dunque un altro tassello nella lunga e complessa lotta dello Stato contro l’Alleanza di Secondigliano. Ogni arresto, ogni provvedimento cautelare e ogni filone investigativo contribuisce a delineare un quadro più completo della struttura e del funzionamento del clan Licciardi, confermando una volta di più la resilienza di una consorteria che, nonostante anni di colpi e arresti, si rivela ancora capace di rigenerarsi.
La speranza delle autorità è che operazioni come quella di questa mattina possano progressivamente ridurre la capacità del gruppo di influire sulla vita quotidiana di Secondigliano, Miano, Scampia e di tutta l’area nord di Napoli, restituendo spazi di vivibilità e sicurezza ai cittadini che da decenni convivono con questo radicato fenomeno criminale.
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