Un episodio di ordinaria convivenza si è trasformato in tragedia nella serata di ieri, lunedì 18 agosto, a Melito, nel cuore del parco residenziale Erica San Mario, in via delle Margherite. Una lite familiare, apparentemente banale e scatenata da motivi legati alla gestione di un pappagallo domestico, è degenerata in un omicidio che ha lasciato sgomenta un'intera comunità. La vittima è Ciro Luongo, 58 anni, ispettore di polizia in servizio presso il commissariato di Giugliano, accoltellato a morte dal figlio della compagna, Roberto Marchese, 21 anni, al culmine di una violenta discussione.
Secondo le prime ricostruzioni fornite dagli investigatori, coordinati dalla Procura di Napoli Nord, il diverbio sarebbe esploso improvvisamente all’interno dell’abitazione condivisa. In preda a un raptus, il giovane avrebbe afferrato un coltello da cucina e si sarebbe scagliato contro l’ispettore, colpendolo ripetutamente al torace e al collo. I fendenti sono risultati fatali: all’arrivo dei soccorritori del 118, allertati immediatamente dalla madre del ragazzo, non c’era ormai più nulla da fare. Gli operatori sanitari hanno potuto soltanto constatare il decesso dell’uomo, mentre i carabinieri della locale tenenza, giunti poco dopo, hanno delimitato l’area e avviato i rilievi del caso.
Dopo l’aggressione, Marchese si è dato alla fuga, abbandonando la scena del crimine. Le ricerche sono durate alcune ore, finché il giovane non è stato rintracciato presso l’abitazione del padre a Bacoli, dove si era rifugiato. Fermato dagli agenti della Squadra Mobile di Napoli, è stato condotto in questura per essere sottoposto a un lungo interrogatorio, accompagnato dal proprio avvocato difensore. Gli inquirenti stanno ora cercando di delineare il quadro familiare in cui è maturata la violenza, verificando l’eventuale presenza di precedenti tensioni tra il ragazzo e il compagno della madre.
Ciro Luongo, stimato ispettore con una lunga carriera alle spalle, aveva recentemente cambiato incarico, trasferendosi dal reparto di polizia ferroviaria di Aversa al commissariato di Giugliano. Era stato lui stesso a condividere questa svolta professionale con entusiasmo attraverso un post sui social, dove ricordava con affetto i colleghi lasciati e descriveva il ritorno nel commissariato dove aveva iniziato anni prima come assistente. L’annuncio aveva raccolto numerosi messaggi di stima e congratulazioni da parte di amici, colleghi e cittadini. La sua morte improvvisa ha lasciato un vuoto profondo non solo tra i familiari, ma anche nell’ambiente lavorativo e tra i residenti del quartiere.
La dinamica dell’omicidio resta al vaglio degli investigatori, che stanno analizzando ogni elemento utile a comprendere cosa abbia innescato con tale ferocia la furia omicida. Alcune testimonianze parlano di una convivenza non facile, di tensioni quotidiane, forse mai del tutto esplose fino a quel momento. Altri raccontano di un rapporto teso tra il giovane e la figura autoritaria del patrigno, ma ancora non ci sono conferme ufficiali. Il dettaglio più sconcertante emerso finora riguarda l’oggetto della lite che ha preceduto l’omicidio: un pappagallo domestico, apparentemente motivo scatenante del diverbio, circostanza che dà alla vicenda contorni surreali e tragici al tempo stesso.
L’episodio ha profondamente colpito la cittadinanza di Melito, che si è stretta attorno alla famiglia della vittima e ai colleghi del commissariato di Giugliano. Numerosi i messaggi di cordoglio apparsi nelle ultime ore sui social network, nei gruppi locali e sulle bacheche delle pagine dedicate al quartiere. Alcuni cittadini hanno lasciato fiori davanti all’ingresso del parco Erica San Mario, mentre la bandiera del commissariato è stata listata a lutto. Anche la Polizia di Stato ha espresso ufficialmente il proprio cordoglio, sottolineando la perdita di un professionista serio e apprezzato, con alle spalle una carriera irreprensibile.
Nel frattempo, l’indagato è stato formalmente accusato di omicidio volontario aggravato e resta a disposizione dell’autorità giudiziaria. Si attendono ora i risultati dell’autopsia e delle perizie sull’arma utilizzata per il delitto, mentre proseguono le indagini sul contesto familiare e psicologico del giovane. Gli investigatori intendono ricostruire non solo i minuti immediatamente precedenti alla tragedia, ma anche le settimane e i mesi precedenti, per capire se vi fossero segnali premonitori o dinamiche conflittuali sottovalutate.
Ancora una volta, una lite domestica si trasforma in tragedia e porta alla ribalta la fragilità di certi equilibri familiari che, quando incrinati da tensioni silenziose e mai affrontate, possono esplodere all’improvviso in modo irreparabile. Il nome di Ciro Luongo si aggiunge, purtroppo, a una lunga lista di vittime della violenza domestica, un fenomeno spesso trascurato quando non assume le forme più classiche di abuso. Questa volta a pagare è stato un uomo, un ispettore, una figura che per mestiere era chiamata a difendere l’ordine, e che ha trovato la morte proprio tra le mura domestiche, là dove avrebbe dovuto sentirsi al sicuro.
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