“Domani chiude una storica salumeria di Secondigliano. Ciro Amodio in via Cupa Fosso del Lupo. Ci mancherete tanto. Per tutto. Grazie di tutto.” A scriverlo è un cliente affezionato che, saputa la notizia della chiusura, ha voluto esprimere pubblicamente la propria gratitudine e il dispiacere per la fine di un’esperienza commerciale e umana che ha segnato la vita del quartiere. Un commento breve, sincero, commosso, che ha trovato immediatamente eco tra i residenti e gli utenti online, generando un’ondata di reazioni e ricordi.
La salumeria Ciro Amodio di via Cupa Fosso del Lupo non era soltanto un esercizio commerciale. Era una vera istituzione per Secondigliano. Un luogo familiare, affidabile, dove si tornava non solo per la qualità dei prodotti ma anche per la cortesia, la professionalità e l’accoglienza dello staff. In tanti ricordano con affetto Pietro, Pasquale e la signora alla cassa, sempre gentili e disponibili. Non c’era cliente che non si sentisse riconosciuto, ascoltato, trattato con rispetto. Un clima raro, in un tempo in cui il commercio al dettaglio sembra aver perso la sua dimensione umana.
I commenti che si sono susseguiti nelle ultime ore confermano l’importanza che questa salumeria ha avuto per la comunità locale. Alcuni hanno espresso incredulità per la chiusura, altri una tristezza profonda. Qualcuno ha voluto sottolineare come quella bottega rappresentasse una delle poche realtà resistenti, ancora capaci di garantire eccellenza e autenticità. Altri ancora hanno colto l’occasione per riflettere sul più ampio fenomeno della crisi del piccolo commercio, sempre più schiacciato dalla presenza invadente e capillare della grande distribuzione organizzata.
La presenza di nuovi supermercati, le politiche di concorrenza al ribasso tra grandi catene e la trasformazione delle abitudini di consumo hanno reso la sopravvivenza delle botteghe di quartiere una lotta quotidiana. È una guerra impari, dove chi lavora in piccolo non ha le risorse per reggere i costi crescenti, né può competere sui prezzi con chi opera su scala industriale. Eppure, come fa notare un lettore, la chiusura di questi esercizi non è soltanto una questione economica: è un impoverimento sociale, umano, urbano.
Il piccolo negozio è anche presidio di relazioni, punto di ascolto, spazio di fiducia. È lì che si chiacchiera tra una fetta di salame e un pacco di taralli, che ci si raccontano le giornate, che si scambiano consigli, battute, preoccupazioni. È lì che il commercio si intreccia con la comunità, generando un tessuto sociale che nessun ipermercato potrà mai offrire. Quando un esercizio storico chiude, se ne va una parte del quartiere. E in quel vuoto si riflette anche il destino incerto di molte altre attività simili, che rischiano di fare la stessa fine.
Secondigliano, come tante altre periferie urbane, sta vivendo un cambiamento profondo. Sempre meno botteghe, sempre più serrande abbassate, sempre più giovani costretti ad abbandonare l’idea di investire nel proprio territorio. “Secondigliano non fa mangiare più nessuno,” scrive un utente con amarezza, ricordando anche altre attività chiuse di recente, tra cui un panificio gestito da ragazzi volenterosi, oggi costretti a interrompere il proprio sogno. Non è solo un problema commerciale: è un segnale evidente di regressione economica e sociale.
Eppure, tra i commenti, emerge anche una voce diversa, che invita a non rassegnarsi. Un lettore scrive: “Io, piuttosto che disperarmi, per contrastare questo fenomeno, eviterei di fare la spesa nella grande distribuzione e inizierei a incentivare il commerciante locale.” Un appello alla consapevolezza, alla responsabilità, alla possibilità che ancora esistano margini di scelta. Anche in tempi difficili, ogni cliente può decidere dove e come spendere, sostenendo chi investe nel territorio e non nei bilanci di multinazionali lontane.
La chiusura della salumeria Ciro Amodio è un colpo al cuore per molti. È la fine di una lunga storia fatta di lavoro, passione, dedizione. È un addio che lascia dietro di sé non solo nostalgia, ma anche interrogativi sul futuro del quartiere. A Pietro, Pasquale e alla signora alla cassa, vanno il ringraziamento e l’abbraccio di un’intera comunità. Perché non erano solo commercianti: erano un pezzo di Secondigliano, e come tale resteranno nel ricordo e nella gratitudine di chi, anche solo per un attimo, si è sentito a casa entrando nella loro salumeria.
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