È difficile trovare parole nuove per descrivere ciò che si ripete da anni sotto gli occhi indifferenti delle istituzioni e nell'amarezza sempre più rassegnata dei cittadini. Il cimitero di Miano, come già accade da tempo a Secondigliano e a Chiaiano, versa in uno stato di abbandono che ferisce, che umilia, che offende la memoria dei defunti e la dignità dei vivi. A denunciarlo, stavolta, è un post diffuso sui social da Alfredo Di Domenico, attivista civico da anni impegnato sul territorio, che con parole semplici ma efficaci ha riportato l’attenzione pubblica su una realtà che ormai rischia di passare sotto silenzio. Le immagini e le testimonianze raccolte mostrano tombe avvolte da erbacce alte più di un metro, vasi rovesciati e lapidi ormai inaccessibili, percorsi ostruiti da vegetazione infestante, come se la natura stesse lentamente, ma inesorabilmente, cancellando i segni della presenza umana. Chi va a trovare un proprio caro defunto si trova costretto ad avanzare tra spine e sterpaglie, talvolta nemmeno riuscendo a individuare con precisione la tomba. Eppure si tratta di un luogo sacro, di uno spazio che dovrebbe evocare silenzio, rispetto, raccoglimento, e che invece finisce per diventare l’ennesima testimonianza di un fallimento pubblico e amministrativo.
La situazione non è nuova. Basta guardarsi intorno per capire che si tratta di un fenomeno generalizzato, che riguarda non solo Miano, ma tutto il sistema cimiteriale dell’area nord di Napoli. A Secondigliano il degrado ha superato i limiti della decenza già da tempo. Lo stesso vale per Chiaiano, dove le proteste dei cittadini e le segnalazioni di comitati civici non hanno prodotto finora alcun risultato concreto. In tutti questi casi, l’elemento ricorrente è sempre lo stesso: l’assenza delle istituzioni. Si tace, si rinvia, si minimizza. Intanto i cimiteri restano così: luoghi di abbandono e di vergogna. Chi dovrebbe garantire la manutenzione? Chi dovrebbe monitorare l’andamento degli appalti? Chi dovrebbe verificare che il servizio pubblico venga erogato con la minima decenza? Le risposte non arrivano, e i cittadini, anche quelli più pazienti, cominciano a perdere fiducia. Perché non si tratta di semplici disagi. Si tratta di una questione culturale e morale. Come ha scritto Di Domenico, “il rispetto per i vivi passa anche da come trattiamo i morti”, e in questa città sembra sempre più difficile affermare un principio così elementare.
La mancanza di dignità che colpisce i cimiteri periferici è lo specchio di un degrado più ampio, che investe tutta la gestione del territorio. Non si può parlare di inclusione, di rinascita, di rigenerazione urbana, se poi non si è capaci nemmeno di garantire decoro e pulizia nei luoghi dove riposano i nostri defunti. Non è retorica, non è sentimentalismo. È una semplice questione di diritti. Il diritto di ognuno di poter onorare la memoria dei propri cari in un luogo che sia accessibile, curato, silenzioso, sicuro. Eppure questo diritto continua a essere negato, specialmente nelle zone più marginalizzate della città. Napoli continua a vivere una doppia velocità: da una parte il centro che si mostra, che si promuove, che attira; dall’altra le periferie che lottano ogni giorno per il minimo indispensabile, che chiedono ascolto e trovano porte chiuse.
L’assenza di cura nei cimiteri non è solo un segnale di incuria urbana, ma anche un elemento che tocca profondamente la dimensione sociale e psicologica delle comunità. Per molti abitanti dei quartieri popolari, andare al cimitero è un gesto importante, un momento che accompagna le domeniche, i giorni festivi, le ricorrenze religiose. È una pratica collettiva che costruisce identità, che unisce generazioni, che permette di tramandare memoria e senso di appartenenza. Quando questo gesto diventa difficile, o addirittura impossibile, si spezza qualcosa anche nel legame tra le persone e la propria storia. Si perde un pezzo di umanità. È per questo che la questione non può essere ridotta a un semplice problema di giardinaggio o di pulizia. Serve un cambio di prospettiva, una politica che torni a vedere i servizi cimiteriali come parte integrante del benessere urbano, non come un fastidio da delegare e dimenticare.
L’appello lanciato sui social non deve restare inascoltato. Serve una presa di responsabilità concreta, visibile, rapida. Servono risposte chiare da parte degli uffici comunali, dei dirigenti preposti, degli amministratori locali. E serve soprattutto un impegno serio e continuativo per garantire standard minimi di decoro nei luoghi sacri della città. Le promesse, le giustificazioni, le campagne spot non bastano più. La gente è stanca, arrabbiata, delusa. E non si può chiedere a chi vive già tra mille difficoltà di accettare anche questo, come se fosse normale. Perché non c’è nulla di normale nel vedere la tomba di un genitore, di un figlio, di una sorella, sommersa dalle erbacce. Non c’è nulla di normale nel dover combattere anche dopo la morte per ottenere un po’ di rispetto. Napoli, soprattutto nelle sue periferie, merita di più. Merita che il dolore non venga calpestato. Merita che la memoria venga protetta. Merita che la morte non diventi anch’essa oggetto di disinteresse. E forse, solo quando riusciremo a garantire dignità anche ai morti, avremo fatto un primo passo verso una città più giusta per i vivi.