Un altro omicidio scuote l’area nord di Napoli e riaccende l’attenzione su una delle zone più delicate del panorama criminale campano. Pasquale Buono, uomo di 45 anni, è stato assassinato nel tardo pomeriggio del 10 giugno ad Afragola, in Corso Italia, all’interno del negozio di biancheria intima gestito insieme al padre. L’agguato si è consumato in pochi istanti: due uomini a bordo di una moto, con il volto coperto da caschi integrali, sono entrati nell’esercizio commerciale e hanno aperto il fuoco, colpendo Buono alle spalle e al torace, lasciandolo senza scampo.
Inutile l’arrivo dei sanitari del 118, che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. I colpi esplosi sarebbero stati almeno quattro, ma alcune fonti parlano di sette proiettili sparati a distanza ravvicinata, segno evidente della volontà di portare a termine un’esecuzione e non di lanciare un avvertimento. Sul posto sono intervenuti tempestivamente gli agenti del Commissariato di Afragola, la Squadra Mobile di Napoli e i Carabinieri, che hanno avviato immediatamente le indagini. I primi rilievi sembrano confermare un’azione pianificata e portata a termine con metodi riconducibili alla criminalità organizzata.
Pasquale Buono non aveva precedenti penali e risultava incensurato, ma il suo nome – secondo fonti investigative – sarebbe comunque riconducibile a una delle articolazioni residue del clan Moccia, un’organizzazione storicamente egemone ad Afragola e nei comuni limitrofi. Questo dettaglio, unito alla dinamica dell’agguato, spinge gli investigatori a percorrere con decisione la pista camorristica, in particolare quella di un regolamento di conti interno o di una vendetta maturata nel contesto dei rapporti tra vecchie famiglie e nuove leve criminali.
In tal senso, l’omicidio di Buono non appare come un evento isolato, ma come il tassello di un disegno più ampio che riguarda la ridefinizione degli equilibri criminali nella zona nord di Napoli, dove da mesi si registrano segnali di instabilità crescente. L’episodio avviene, infatti, a meno di 24 ore di distanza da un altro agguato a Cardito, in cui è stato ucciso Antonio Vitale, 56 anni, anch’egli ritenuto vicino ad ambienti camorristici. In quel caso, l’agguato è avvenuto mentre Vitale si trovava in auto con la moglie. Anche lì, ad agire sarebbero stati due uomini armati su una moto. Le somiglianze nelle modalità e la breve distanza temporale e geografica tra i due delitti alimentano il sospetto di un collegamento diretto. Gli inquirenti stanno analizzando la possibilità che vi sia un filo comune tra le due vittime e che i due omicidi rientrino in una stessa strategia criminale in atto.
Afragola, Cardito, Caivano, Frattamaggiore, Acerra: sono solo alcuni dei comuni che negli ultimi mesi stanno vivendo una recrudescenza della violenza legata alla criminalità organizzata. Il clan Moccia, pur essendo stato oggetto di numerosi arresti e operazioni giudiziarie, continua a mantenere una presenza radicata sul territorio, anche attraverso cellule meno strutturate ma comunque operative. La fase attuale sembra essere caratterizzata da una nuova lotta per il controllo di attività illecite, in particolare quelle legate allo spaccio di stupefacenti e al racket delle estorsioni, che vede coinvolti anche gruppi emergenti, spesso composti da giovani criminali decisi a conquistare spazi lasciati vacanti dalle vecchie leadership.
Le forze dell’ordine stanno cercando di mappare questi nuovi assetti, ma l’evoluzione del quadro appare rapida e frammentata. In parallelo, cresce la preoccupazione tra i residenti, che si sentono esposti e poco tutelati. Non mancano le reazioni della politica: il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, ha denunciato una situazione ormai fuori controllo, parlando esplicitamente di città in mano ai clan e criticando la gestione della sicurezza pubblica. Le sue dichiarazioni si inseriscono in un clima di crescente allarme, alimentato da una serie di episodi che sembrano dimostrare come la camorra non abbia mai davvero perso il controllo del territorio, ma abbia solo cambiato volto e modalità operative.
L’omicidio di Pasquale Buono segna quindi un ulteriore punto di svolta in una fase già critica per l’area nord del capoluogo campano. Non solo per l’efferatezza dell’azione, ma per il luogo scelto – un negozio aperto al pubblico, in pieno centro – e per il momento in cui è avvenuto, all’orario di punta, mentre la strada era ancora trafficata. Un messaggio chiaro, che lascia intendere quanto gli esecutori fossero certi di poter agire senza ostacoli. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona sono ora al vaglio degli inquirenti, che sperano di ricostruire il percorso di fuga dei killer e, soprattutto, di identificarne mandanti e complici.
Ma oltre alla pista investigativa, resta l’amarezza per un territorio che continua a pagare un prezzo altissimo alla presenza di organizzazioni criminali ramificate e violente. La camorra non spara a caso: ogni colpo, ogni vittima, ogni nome ha un significato all’interno di una rete di potere, vendette e silenzi che si rinnova da decenni. Il sangue versato ad Afragola, nel cuore del rione Gescal, conferma che la stagione della pax camorristica, se mai è davvero esistita, è definitivamente tramontata. Ora, le strade dell’hinterland sembrano tornate a parlare il linguaggio degli anni più bui, quelli delle faide e delle esecuzioni mirate, mentre la popolazione assiste con crescente impotenza al ritorno di una violenza che sembrava sopita, ma che non è mai stata davvero superata.