La situazione ai Campi Flegrei preoccupa sempre di più. Le scosse di terremoto che continuano a colpire l’area non sono un fenomeno casuale, ma fanno parte di un processo legato al sollevamento del suolo, che negli ultimi mesi ha subito un’accelerazione. Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca dell’INGV ed ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, lancia un monito chiaro: i terremoti nella zona non sono imprevedibili come quelli tettonici, ma seguono un andamento che può essere compreso e analizzato. Il rischio è che gli eventi sismici diventino sempre più forti e frequenti, con potenziali danni significativi agli edifici e, di conseguenza, alla popolazione.
Secondo De Natale, già nel 2019 era stato pubblicato uno studio che metteva in guardia sul rapporto tra sollevamento del suolo e sismicità. L’aumento della velocità del sollevamento è un indicatore chiave: a partire dal 15 febbraio scorso, questa velocità è triplicata, un dato che suggerisce l’arrivo di nuove scosse più energetiche. La storia del vulcanismo flegreo fornisce un quadro allarmante. Prima dell’eruzione del Monte Nuovo nel 1538, ci furono oltre cento anni di segnali precursori, tra cui forti terremoti. L’attuale periodo di sollevamento del suolo è iniziato circa 75 anni fa, il che significa che potremmo trovarci all’inizio di un lungo periodo di instabilità sismica.
Le autorità, spesso, rispondono che i terremoti non possono essere previsti. Questo è vero per i terremoti tettonici, come quelli che colpiscono gli Appennini, ma nei Campi Flegrei la situazione è diversa. Qui i terremoti sono legati al fenomeno del bradisismo, cioè al sollevamento del suolo causato dalla pressione dei gas e dei fluidi magmatici in profondità. Il legame tra questi due fenomeni è noto da decenni e, se il sollevamento accelera, è inevitabile che le scosse aumentino in numero e intensità. Questo significa che l’area potrebbe essere soggetta a eventi di magnitudo crescente, potenzialmente fino a 5 o anche oltre.
Il problema principale è che l’area flegrea è densamente popolata e presenta edifici spesso datati, non tutti adeguati a sopportare scosse di forte intensità. Per questo motivo, De Natale propone da tempo una strategia di prevenzione basata su evacuazioni mirate e temporanee. L’idea è di spostare temporaneamente le persone dalle aree più a rischio, come Solfatara, Agnano e Pisciarelli, per effettuare verifiche strutturali sugli edifici e garantire che siano in grado di resistere a terremoti più forti. Se un edificio non è sicuro, occorre intervenire prima che sia troppo tardi, perché un sisma più potente potrebbe causare crolli e vittime.
L’esperto sottolinea che negli ultimi sei anni non è stato fatto abbastanza per preparare il territorio a un evento del genere. Il tempo perso potrebbe rivelarsi fatale se non si interviene con urgenza. I terremoti che si verificano in questi giorni sono un segnale chiaro: la situazione sta evolvendo e il rischio sta aumentando. Serve un piano d’azione immediato, che comprenda monitoraggi più approfonditi, verifiche strutturali sugli edifici e un piano di evacuazione mirata per le zone più vulnerabili.
I Campi Flegrei non sono nuovi a fenomeni di questo tipo. Negli anni ‘80, il sollevamento del suolo portò a un’evacuazione temporanea di parte della popolazione di Pozzuoli, che venne poi fatta rientrare quando la situazione si stabilizzò. Questo dimostra che un’azione preventiva può essere efficace e può salvare vite. Tuttavia, la situazione attuale appare più complessa, perché il sollevamento è continuato per decenni con fasi alterne e oggi sta accelerando in modo preoccupante.
L’attenzione della comunità scientifica è massima, ma serve anche una risposta politica e amministrativa adeguata. Non si può attendere il verificarsi di un terremoto distruttivo per prendere provvedimenti. Gli abitanti dell’area flegrea hanno già vissuto momenti di paura nelle ultime settimane e la preoccupazione cresce di giorno in giorno. Senza un piano chiaro e concreto, il rischio è di trovarsi impreparati di fronte a un evento di grande magnitudo.
Il dibattito su come gestire il rischio vulcanico e sismico in Italia è sempre aperto. L’esperienza del terremoto dell’Irpinia del 1980, del sisma in Abruzzo del 2009 o di quello nelle Marche e in Umbria nel 2016 ha dimostrato quanto sia fondamentale la prevenzione. Ogni volta, dopo un evento catastrofico, si ripete la stessa domanda: si poteva fare qualcosa prima? Nei Campi Flegrei la risposta è sì. Il legame tra sollevamento del suolo e terremoti è noto e documentato, e ignorare questi segnali sarebbe un errore imperdonabile.
Il futuro dell’area dipende dalle decisioni che verranno prese nei prossimi mesi. L’evacuazione preventiva può sembrare una misura drastica, ma potrebbe evitare tragedie. Gli studi scientifici ci dicono che la situazione non si risolverà a breve e che il rischio potrebbe durare per decenni. A questo punto, l’unica strategia sensata è quella di prepararsi nel modo più efficace possibile.
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