La memoria collettiva di una comunità si misura spesso nella capacità di preservare i luoghi che simboleggiano il dolore, la tragedia e il ricordo. La cappella di via Limitone di Arzano, eretta in memoria delle 11 vittime della drammatica voragine del 23 gennaio 1996, rappresenta uno di quei luoghi che dovrebbero essere custoditi con cura e rispetto. Quella tragica mattina, al Quadrivio di Secondigliano, la terra si aprì, inghiottendo vite umane e lasciando un segno indelebile nel cuore dei cittadini. Tuttavia, a quasi trent'anni di distanza, la cappella dedicata alle vittime sembra essere stata abbandonata al degrado.
La vegetazione incolta e i rifiuti che circondano lo spazio sacro raccontano una storia di incuria e disinteresse. È un triste paradosso che un luogo nato per onorare la memoria di chi ha perso la vita si sia trasformato in un simbolo di abbandono. Ogni anno, in occasione della commemorazione delle vittime, la cappella viene ripulita, ma questo atto annuale, sebbene significativo, non è sufficiente a rendere giustizia alla dignità di quel luogo e al rispetto che si deve a chi è scomparso in quella tragedia. Per il resto dell'anno, la cappella rimane invisibile agli occhi delle istituzioni e dei cittadini, un luogo dimenticato nel cuore di una periferia che lotta già di suo per ottenere attenzione.
Non si tratta solo di una questione estetica. La cura di uno spazio come la cappella di via Limitone di Arzano è un atto simbolico di rispetto verso il passato, verso le famiglie che hanno perso i propri cari e verso la comunità intera che ha vissuto quel dramma. Lasciare che la vegetazione e i rifiuti invadano quel luogo equivale a una seconda ingiustizia, un'ulteriore mancanza di rispetto verso le vittime e verso chi, ogni anno, si reca lì per ricordare.
È evidente che la responsabilità della manutenzione di un luogo come questo non può e non deve ricadere solo sui cittadini o su sporadiche iniziative di volontariato. È necessario un intervento strutturale, un impegno da parte delle istituzioni locali affinché la cappella venga mantenuta in modo decoroso tutto l'anno, non solo in prossimità delle commemorazioni. Questo non è solo un problema di decoro urbano, ma una questione di memoria storica e di rispetto umano. Ogni angolo della nostra città che racchiude una storia di dolore e di sacrificio merita di essere trattato con attenzione, perché è attraverso questi luoghi che una comunità costruisce la propria identità.
Le promesse di riqualificazione sono state fatte, ma finché non verranno concretizzate, il minimo che si possa fare è garantire che la cappella rimanga un luogo dignitoso. Preservare la memoria non è un'azione da compiere una volta all'anno, ma un impegno quotidiano. I lavori di riqualificazione, quando partiranno, saranno senz'altro un passo importante verso la valorizzazione di quest'area, ma nel frattempo non si può lasciare che l'abbandono prenda il sopravvento.
Alfredo Di Domenico, attraverso il suo accorato appello, ha acceso un faro su questa situazione vergognosa, chiedendo a gran voce che si ponga fine a questo sfregio alla memoria. La sua voce rappresenta quella di molti cittadini che vivono il quartiere e che sentono il peso di questa indifferenza. È il momento di ascoltare queste voci e di agire. Le istituzioni devono rispondere con fatti concreti, dimostrando che
Posta un commento
0Commenti