Dalla periferia settentrionale di Napoli a un riconoscimento internazionale in Spagna, il percorso artistico e umano di Ivano Esposito si intreccia con le istanze più urgenti del presente, offrendo uno spaccato di come la danza possa superare i confini dell’intrattenimento per farsi testimonianza, denuncia e strumento educativo. Coreografo, ballerino e insegnante, Esposito è cresciuto a Secondigliano, quartiere spesso al centro delle cronache per motivi ben lontani dall’arte e dalla cultura, ma che continua a produrre storie capaci di ribaltare gli stereotipi e proporre narrazioni alternative. La sua ultima creazione coreografica, incentrata sulla violenza di genere, ha ricevuto un importante premio in Spagna, non tanto per la complessità tecnica o lo stile, ma per il messaggio potente che è riuscita a comunicare attraverso il linguaggio del corpo.
L’idea alla base della coreografia non è nata in sala prove, né tra i banchi di un’accademia, ma per strada, a Napoli, durante un episodio che Esposito ha vissuto in prima persona. Una scena di umiliazione pubblica, violenta, ai danni di una donna, ha acceso in lui una scintilla che si è trasformata nel bisogno di reagire, non con parole o proteste, ma con la danza, sua forma espressiva primaria e canale privilegiato di comunicazione. L’intervento che lui stesso racconta, condiviso con un’amica nel tentativo di fermare l’aggressione, non ha cancellato l’immagine della vittima e della paura impressa sul suo volto. Anzi, ha reso ancora più urgente l’esigenza di dare forma a quel vissuto in una maniera che potesse arrivare ad altri, rompendo il silenzio che spesso accompagna questi episodi.
Il risultato è stata una coreografia intensa, essenziale nei movimenti ma carica di significato, in cui i corpi danzanti raccontano l’abuso, la negazione, la vergogna e infine la speranza. Un pezzo che ha emozionato pubblico e giuria in Spagna e che, soprattutto, ha dimostrato come anche un palcoscenico possa diventare spazio politico e sociale. Esposito, però, non si limita all’impatto emotivo momentaneo. Nella sua scuola, la Ivano Esposito Art Dance, situata a Napoli, porta avanti ogni giorno un lavoro educativo capillare, rivolto in particolare alle nuove generazioni. L’obiettivo non è solo quello di formare ballerini tecnicamente preparati, ma anche e soprattutto persone capaci di utilizzare l’arte come strumento di consapevolezza e relazione.
Il rispetto, l’ascolto, la condivisione, la libertà di esprimersi e di essere se stessi sono i valori che Esposito cerca di trasmettere attraverso l’insegnamento, ponendo l’accento sul corpo come luogo di verità, di storia personale, ma anche di trasformazione collettiva. La sua esperienza lo ha portato nel tempo a mescolare stili e linguaggi diversi, partendo dal jazz e approdando al mondo dei balli caraibici, con una particolare predilezione per salsa e bachata. In ogni passo, però, resta centrale la componente emotiva, quella che permette alla danza di parlare anche a chi non ne conosce il vocabolario tecnico, creando ponti immediati tra chi balla e chi guarda.
In un contesto dove la violenza sulle donne continua a occupare tristemente le prime pagine dei giornali, l’esempio di Ivano Esposito invita a riflettere sul ruolo che l’arte può e deve avere all’interno del tessuto sociale. Non solo intrattenimento, ma coscienza, identità, riscatto. La sua ambizione di partecipare a un programma televisivo come Ballando con le Stelle non è mossa dal desiderio di notorietà, ma dalla volontà di veicolare un messaggio a un pubblico più ampio, portando in prima serata un modo diverso di concepire lo spettacolo: non come fine a se stesso, ma come mezzo per porre domande, aprire ferite, stimolare risposte.
La storia di Esposito non è solo il racconto di un successo individuale, ma anche la testimonianza di un cambiamento possibile. Un cambiamento che parte dal singolo, dalla sua esperienza, dalla sua scelta di non voltarsi dall’altra parte, ma di trasformare la rabbia in gesto, l’indignazione in creazione. In un periodo storico in cui l’arte rischia spesso di essere ridotta a mero contenuto da consumare rapidamente, il lavoro di Esposito riafferma la sua funzione originaria: essere specchio della realtà, ma anche suo strumento di rielaborazione e denuncia.
Nel suo percorso si riconosce la forza di chi è partito da una periferia difficile, ma non ha rinunciato a credere nella cultura come via per costruire qualcosa di nuovo. E in questo percorso, ogni movimento, ogni sguardo, ogni coreografia diventa una piccola rivoluzione, una possibilità di ascolto, un passo verso una società più giusta.
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