È stato chiuso questa mattina il supermercato MD di via Atellana, ad Arzano, in esecuzione di una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania. La decisione, che ha colpito come un fulmine a ciel sereno le quarantina di lavoratori della struttura e l’imprenditore titolare dell’attività, è giunta al termine di una lunga controversia amministrativa legata alla destinazione d’uso dell’immobile in cui sorge l’esercizio commerciale. Secondo quanto stabilito dal TAR, manca il necessario cambio di destinazione d’uso, elemento imprescindibile per l’autorizzazione definitiva alla vendita al dettaglio, e questo vizio di origine ha reso di fatto illegittima la prosecuzione dell’attività commerciale, attiva in via continuativa dal 2022.
A nulla sono valse le richieste, avanzate nelle scorse settimane, di trovare una mediazione tra l’ente comunale e i rappresentanti dell’azienda, affinché si potesse almeno ottenere una proroga temporanea per regolarizzare la posizione. Le carte, i documenti protocollati e i tentativi di interlocuzione non hanno modificato l’esito di una vicenda che ora rischia di trasformarsi in una crisi occupazionale. Quaranta i dipendenti diretti coinvolti, senza contare l’indotto di fornitori e collaboratori. Per molti di loro, che negli anni hanno trovato in quella sede una fonte di reddito stabile, l’eventualità di una chiusura definitiva rappresenta una condanna sociale pesantissima, tanto più in un’area già fortemente colpita da precarietà e disoccupazione strutturale.
Subito dopo la notifica della chiusura, i titolari del supermercato, accompagnati da alcuni dipendenti, si sono recati al Municipio per chiedere un incontro urgente con la sindaca Cinzia Aruta. La richiesta è stata respinta, secondo quanto riportato dai presenti, e a quel punto il gruppo ha scelto di inscenare una protesta simbolica ma dal forte impatto: si sono incatenati pacificamente davanti al cancello della Casa Comunale, in piazza Cimmino. Il gesto, che richiama pratiche storiche di lotta civile e di resistenza sociale, voleva portare l’attenzione dell’amministrazione e dell’opinione pubblica su una situazione drammatica che rischia di sfociare, nel breve periodo, in una tragedia economica per decine di famiglie.
Al centro delle rivendicazioni vi è almeno l’ottenimento di una proroga urgente, anche solo di pochi giorni, per poter smaltire in sicurezza e legalità tutti i prodotti alimentari ancora presenti nei locali del supermercato, in particolare quelli deperibili. Secondo i gestori, l’impossibilità di vendere o redistribuire questi beni comporterebbe un ulteriore aggravio economico, non solo in termini di perdite dirette ma anche per il rischio di sanzioni sanitarie in caso di deperimento incontrollato. Ma oltre alla questione logistica e commerciale, resta la priorità assoluta: salvaguardare i posti di lavoro, tutelare i diritti dei dipendenti e scongiurare il rischio concreto di un fallimento imprenditoriale che, secondo le parole dello stesso titolare, si verificherebbe a causa di un iter autorizzativo non chiaro e, a detta dei diretti interessati, viziato da contraddizioni politiche e amministrative.
La vertenza non si ferma alle porte del Comune. I rappresentanti dell’attività hanno annunciato che chiederanno l’intervento della Prefettura per convocare un tavolo di crisi, volto a esplorare tutte le possibilità di salvataggio, incluso l’eventuale commissariamento tecnico della pratica urbanistica, così da consentire una riapertura in tempi brevi con un percorso di legalità condiviso. Anche alcune sigle sindacali locali starebbero valutando l’ipotesi di sostenere la vertenza con iniziative pubbliche e legali, soprattutto per tutelare i lavoratori più fragili, alcuni dei quali sarebbero monoreddito con carichi familiari.
Il clima in città resta teso. La chiusura improvvisa dell’MD ha colto di sorpresa anche molti cittadini abituali frequentatori del punto vendita, che nella struttura avevano trovato negli anni un’offerta di prodotti a basso costo in un contesto di grave inflazione e difficoltà economiche diffuse. La perdita, se definitiva, sarebbe dunque doppia: occupazionale per i dipendenti e sociale per il quartiere. L’interrogativo ora è se l’amministrazione comunale vorrà o potrà intervenire per trovare una soluzione che, pur rispettando i vincoli di legge, eviti un epilogo traumatico che nessuno in città sembra poter sopportare.
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