Due uomini assassinati a distanza di poche ore, in pieno giorno, in due centri dell’area nord di Napoli. Afragola e Cardito tornano al centro della cronaca nera per una nuova scia di sangue che sembra riportare la zona al centro di una guerra tra clan. Antonio Vitale, 56 anni, è stato ucciso martedì mattina a Cardito mentre era in auto con la moglie e il figlio. Poco più di ventiquattro ore dopo, a pochi chilometri di distanza, ad Afragola, è toccato a Pasquale Buono, 42 anni, colpito alla schiena da almeno quattro proiettili mentre si trovava in un negozio di biancheria in Corso Italia. Entrambi gli omicidi, eseguiti con modalità simili, hanno allertato le autorità, che ora indagano su un possibile collegamento e su una nuova fase della faida tra gruppi criminali emergenti.
L’ipotesi prevalente tra gli investigatori è che si tratti di un regolamento di conti interno alla camorra locale. Le due vittime, secondo quanto trapelato da fonti investigative, sarebbero in qualche modo riconducibili all’orbita del clan Moccia, seppure con posizioni diverse. Vitale era già noto alle forze dell’ordine e ritenuto vicino al gruppo Orefice, legato ai Pezzella, mentre Buono non risultava avere precedenti, ma secondo gli inquirenti era comunque inserito in ambienti criminali. La rapidità degli agguati, l’esecuzione in luoghi pubblici e la brutalità degli omicidi alimentano i sospetti su una guerra in corso per la gestione delle piazze di spaccio e delle estorsioni.
Le indagini sono affidate alla Squadra Mobile di Napoli con il supporto dei commissariati di Frattamaggiore e Afragola. Non si esclude che i due delitti possano rientrare in una strategia mirata da parte di un nuovo gruppo intenzionato a colpire esponenti di clan rivali per segnare il territorio. Le telecamere di sorveglianza presenti in zona potrebbero fornire elementi utili, ma resta il problema del silenzio. Anche stavolta, la scena degli omicidi si è popolata di curiosi e passanti, ma come spesso accade in questi contesti il muro di omertà rappresenta l’ostacolo principale per chi indaga.
Il prefetto di Napoli, Michele di Bari, ha sottolineato che nonostante questi episodi gravi, i dati generali sulla criminalità nell’area sono in calo rispetto all’anno precedente. Una dichiarazione che non placa le preoccupazioni delle comunità locali, che si ritrovano nuovamente a fare i conti con la violenza, con la paura e con la sensazione diffusa che lo Stato arrivi sempre in ritardo. Il rafforzamento dei dispositivi di videosorveglianza ad Afragola, con 168 telecamere e 22 lettori di targhe, non è bastato a impedire l’ennesimo agguato, avvenuto nel cuore della città, nel momento più affollato della giornata.
A intervenire sulla vicenda anche il deputato dell’Alleanza Verdi-Sinistra Francesco Emilio Borrelli, che ha denunciato pubblicamente il disinteresse del Governo centrale verso l’area nord di Napoli. Secondo Borrelli, l’attenzione istituzionale si è concentrata unicamente su Caivano per ragioni di propaganda, dimenticando che a poca distanza, in comuni come Cardito e Afragola, la camorra continua a uccidere. Il consigliere comunale Salvatore Iavarone ha ribadito la necessità di un piano coordinato che includa interventi repressivi ma anche investimenti strutturali in prevenzione sociale, cultura, istruzione e occupazione. L’assenza di questi strumenti rischia di lasciare ampi spazi a gruppi criminali che approfittano dei vuoti lasciati dallo Stato.
La sequenza degli eventi fa temere che si stia aprendo una nuova fase della guerra tra clan nella zona a nord del capoluogo campano. Dopo l’arretramento dei Pezzella e il ridimensionamento dei Moccia, nuove leve criminali potrebbero stare cercando di imporre il proprio controllo con metodi spietati e plateali. È quanto temono anche gli inquirenti, impegnati a ricostruire i rapporti di forza tra i diversi gruppi malavitosi attivi nel territorio.
L’omicidio di Buono, avvenuto in una merceria di famiglia davanti ai genitori della vittima e a decine di testimoni, richiama alla memoria le stagioni più violente della camorra, quando i clan facevano sfoggio della propria potenza con esecuzioni clamorose, tese a dimostrare la capacità di colpire chiunque, ovunque, in qualunque momento. Scene che la popolazione locale pensava, o forse sperava, di essersi lasciata alle spalle.
Nessuno può dire con certezza dove condurrà questa nuova ondata di sangue. Ma una cosa è chiara: l’area nord di Napoli continua a essere un campo di battaglia conteso da organizzazioni che si trasformano, si frammentano e si rigenerano. Le istituzioni, chiamate a rispondere, oscillano tra proclami e dichiarazioni d’intenti. Ma a pagare il prezzo più alto sono sempre gli stessi: i cittadini che vivono tra la paura, l’impotenza e la consapevolezza che nella loro quotidianità lo Stato resta ancora troppo lontano.