Il clan della 167 di Arzano torna al centro dell’attenzione giudiziaria con un’operazione condotta dalla Polizia di Stato che ha portato all’arresto di cinque persone gravemente indiziate di far parte dell’organizzazione camorristica. Le accuse mosse nei loro confronti sono pesanti e riguardano, nello specifico, reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni consumate e tentate ai danni di imprenditori e commercianti locali, e ricettazione aggravata dalla finalità di agevolare un’associazione camorristica. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e portata avanti dagli agenti della Squadra Investigativa e Operativa del Commissariato di Frattamaggiore, prende il via dalla denuncia sporta da un imprenditore attivo nel settore edile. Quest’ultimo era impegnato nei lavori di costruzione di cellette e loculi presso il cimitero consortile dei comuni di Casoria, Arzano e Casavatore, e ha trovato il coraggio di rivolgersi alle autorità dopo aver ricevuto una chiara richiesta estorsiva sul cantiere.
La denuncia ha dato il via a una complessa attività investigativa sviluppata mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, che ha permesso di documentare la presenza capillare e la forte pressione estorsiva esercitata dal clan sul territorio. In particolare, è emerso un meccanismo ben collaudato in cui gli indagati, due dei quali ritenuti affiliati al clan della 167, erano incaricati di riscuotere sistematicamente il pizzo da piccoli imprenditori e commercianti locali. Le richieste di denaro erano concentrate soprattutto in occasione delle principali festività dell’anno: Natale, Pasqua e Ferragosto. Si tratta di un classico modus operandi delle organizzazioni camorristiche, che utilizzano il calendario religioso per stabilire una sorta di calendario parallelo delle estorsioni. In alcune circostanze, i commercianti avevano cercato di opporsi ricordando agli estorsori che era stato concordato il pagamento di sole due rate annue, ma la risposta era sempre perentoria: le rate da pagare erano tre e quella di Pasqua non poteva essere saltata.
Le attività investigative hanno permesso di acquisire prove concrete attraverso le intercettazioni e i pedinamenti. Gli indagati sono stati ripresi in più occasioni mentre ricevevano denaro dalle vittime. In molti casi, non era nemmeno necessario esplicitare la richiesta: bastava che si presentassero nel negozio o sul posto di lavoro dell’imprenditore e la sola loro presenza bastava a innescare il pagamento. Le vittime, infatti, erano già consapevoli del ruolo ricoperto dagli individui e delle conseguenze in caso di rifiuto. Alcuni, pur di non attirare attenzioni, preferivano fissare un appuntamento per il versamento delle somme, confermando così l’influenza del clan e il clima di intimidazione generalizzato.
Tra i casi documentati spicca quello dell’imprenditore impegnato nei lavori per il cimitero consortile, un appalto delicato che ha attirato l’interesse della criminalità organizzata. Le intercettazioni hanno consentito di ricostruire non solo il momento dell’estorsione, ma anche la successiva spartizione del denaro estorto. È stato possibile identificare anche un soggetto incaricato di custodire parte delle somme, in modo da evitare eventuali sequestri da parte delle forze dell’ordine. A questo individuo è stato contestato il reato di ricettazione aggravata dalla finalità di agevolare l’attività del clan camorristico, confermando l’organizzazione capillare e la divisione dei compiti all’interno della struttura criminale.
Il provvedimento eseguito dalla Polizia di Stato consiste in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Si tratta di una misura adottata nella fase delle indagini preliminari, che resta ovviamente soggetta a impugnazione, e nei confronti dei destinatari dell’ordinanza permane il principio di presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. Tuttavia, la mole di elementi raccolti nel corso delle indagini e la documentazione degli episodi estorsivi fanno ritenere fondati i gravi indizi di colpevolezza a carico degli arrestati.
L’intera operazione rappresenta un duro colpo per il clan della 167 di Arzano, già noto per il suo radicamento nel territorio e per il controllo esercitato su diverse attività economiche, in particolare nei settori edilizio e commerciale. La denuncia dell’imprenditore ha avuto un ruolo decisivo e rappresenta un segnale importante per il tessuto imprenditoriale locale, che troppo spesso è costretto a convivere con il ricatto e con la paura. Le forze dell’ordine, grazie a una rete efficiente di indagini e collaborazioni, sono riuscite a colpire al cuore uno dei meccanismi fondamentali della camorra: l’estorsione sistematica, che rappresenta una delle principali fonti di finanziamento dei gruppi criminali organizzati.
Oltre all’aspetto repressivo, l’operazione vuole essere anche un messaggio di fiducia verso i cittadini e gli imprenditori onesti del territorio: denunciare è possibile, e può portare a risultati concreti. La sfida alla camorra passa anche attraverso la rottura dell’omertà e il recupero della legalità nei contesti più vulnerabili, come quelli in cui il potere criminale si insinua facilmente tra le difficoltà economiche e le carenze dello Stato. L’inchiesta in questione dimostra che, se sostenuti e protetti, gli imprenditori possono contribuire in maniera decisiva alla lotta contro la criminalità organizzata.
Il caso del cimitero consortile di Casoria, Arzano e Casavatore non è un episodio isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio in cui la camorra continua a esercitare la propria influenza sulle opere pubbliche, sui cantieri e sulle piccole attività commerciali. Ogni intervento repressivo, per essere davvero efficace, deve essere accompagnato da un rafforzamento delle tutele per le vittime, da una rete di sostegno economico e da una presenza istituzionale costante sul territorio. Solo così sarà possibile scardinare alla radice il potere dei clan e restituire dignità e sicurezza alle comunità locali.