Ponticelli ripiomba nell'incubo della camorra. Nella tarda serata di ieri, poco prima della mezzanotte, il rione Conocal è stato teatro di un nuovo episodio di violenza criminale che segna un ulteriore passo nella spirale di sangue che da mesi sta interessando la periferia orientale di Napoli. A cadere sotto i colpi dei sicari è stato Antonio De Cristofaro, soprannominato "Bombolone", giovane di 25 anni che avrebbe compiuto 26 anni a settembre, ritenuto vicino agli ambienti del clan Aprea di Barra. Il suo nome era noto agli archivi delle forze dell’ordine, sebbene non avesse condanne per associazione mafiosa, e ora il suo omicidio rischia di diventare l’ennesima miccia in un contesto criminale già esplosivo.
Il giovane è stato colpito in via Il Flauto Magico, nel cuore del rione Conocal, storica roccaforte del clan D’Amico, una zona dove la tensione tra gruppi rivali è tornata a livelli altissimi. Secondo le prime ricostruzioni, l’agguato si è consumato rapidamente: diversi colpi sono stati esplosi contro De Cristofaro, lasciandolo gravemente ferito a terra. Trasportato d’urgenza all’ospedale Villa Betania, il 25enne è spirato poco dopo l’arrivo a causa delle ferite riportate. La Squadra Mobile e gli agenti del commissariato locale hanno immediatamente avviato le indagini, ipotizzando un agguato di matrice camorristica. Al momento non si esclude alcuna pista, ma l’ombra lunga della guerra tra clan sembra essere ancora una volta la chiave interpretativa più probabile.
La figura di Antonio De Cristofaro, pur non essendo centrale nelle gerarchie della criminalità organizzata, era da tempo sotto osservazione da parte degli investigatori. Il suo nome era emerso nel febbraio del 2023, quando fu arrestato insieme ad altre tre persone a Mergellina. Tra loro anche Emmanuel Aprea, nato nel 2005, figlio minore di Gennaro Aprea, considerato uno dei capi storici del clan omonimo che controlla ampie zone tra Barra e Ponticelli. In quell’occasione, il gruppo venne fermato per un controllo e trovato in possesso di una pistola Beretta calibro 7.65, risultata rubata alla Polizia Municipale di Frattaminore, e di una somma in contanti composta da banconote di piccolo taglio, per un totale di 1600 euro. Un episodio che ha rafforzato i sospetti degli inquirenti sul suo coinvolgimento, se non operativo almeno ambientale, negli ambienti della malavita locale.
L’omicidio avviene in un momento estremamente delicato per Ponticelli, dove i clan sembrano riorganizzarsi dopo una fase di apparente quiete. Solo pochi giorni fa è arrivata la sentenza che ha assolto Marco De Micco, detto “Bodo”, ritenuto il vertice dell’omonimo clan storicamente attivo proprio a Ponticelli, e altri quattro imputati nel processo per l’omicidio di Carmine D’Onofrio. Il giovane, all’epoca 23enne, fu ucciso sotto gli occhi della fidanzata incinta di otto mesi, un delitto che scosse profondamente l’opinione pubblica. L’assoluzione degli imputati “per non aver commesso il fatto” ha avuto un’eco non solo giudiziaria ma anche sociale: mentre la notizia si diffondeva, nel quartiere sono stati esplosi fuochi d’artificio e sui social sono comparsi post celebrativi, come se la camorra volesse ribadire la propria presenza e la propria forza, in un territorio che fatica a trovare un equilibrio tra legalità e controllo criminale.
In questo scenario sempre più teso, le istituzioni hanno provato a reagire annunciando l’istituzione di una "zona rossa" a Ponticelli. Si tratta di un dispositivo che prevede l’intensificazione dei controlli e il divieto di stazionamento per quei soggetti che assumono comportamenti minacciosi o molesti e che risultano già segnalati all’autorità giudiziaria per reati legati alla droga, alla persona, reati predatori, detenzione abusiva di armi o occupazione illecita di immobili. L’area interessata comprende alcune delle strade centrali del quartiere, come corso Ponticelli, via don Agostino Cozzolino e viale Margherita, nel tentativo di riportare ordine in una zona dove la tensione sembra sul punto di esplodere.
Ma i segnali che arrivano dal territorio non fanno ben sperare. Il sangue versato di Antonio De Cristofaro potrebbe non restare un episodio isolato. In quartieri come Ponticelli, dove le alleanze tra clan sono fragili e le ambizioni di potere non si spengono mai, un omicidio può innescare ritorsioni a catena. Il rischio di una nuova faida tra gruppi rivali è più che concreto, specie se si considera il vuoto di potere che potrebbe aprirsi dopo alcune recenti scarcerazioni e assoluzioni. In questo contesto, ogni gesto, ogni sparo, ogni presenza “sospetta” può essere il preludio a una nuova ondata di violenza, come troppe volte si è visto nella storia di Napoli Est.
Mentre la Procura continua le indagini e gli inquirenti cercano di ricostruire la rete di rapporti e moventi che hanno portato all’esecuzione di “Bombolone”, la popolazione del Conocal e di tutto Ponticelli torna a fare i conti con la paura. Una paura che diventa rabbia, sfiducia, rassegnazione. Il quartiere sembra stretto nella morsa tra due fuochi: da un lato lo Stato che cerca, con fatica, di imporre legalità e ordine; dall’altro i clan che, tra simboli di potere e atti intimidatori, vogliono riaffermare la loro egemonia. E in mezzo, la vita quotidiana di chi lavora, studia, cerca un futuro che non sia segnato da pistole e funerali.
L’omicidio di Antonio De Cristofaro rappresenta dunque molto più di un semplice fatto di cronaca. È un segnale, l’ennesimo, di una guerra che non si è mai davvero conclusa, ma che anzi continua a mutare, a cambiare protagonisti e strategie, restando però fedele alla sua logica di dominio e violenza. Finché non si spezzerà questo meccanismo, finché i giovani del quartiere vedranno nella camorra una via più breve verso potere e denaro, finché lo Stato non riuscirà a garantire alternative concrete, Ponticelli resterà una polveriera pronta a esplodere ancora. E ogni nuova vittima sarà solo l’ennesimo tassello di una tragedia annunciata.