La giustizia colpisce ancora una volta al cuore l’Alleanza di Secondigliano con una sentenza che segna un passaggio di rilievo nella lunga battaglia contro la camorra organizzata. Il boss Patrizio Bosti, figura storica del clan Contini, è stato condannato a 14 anni di reclusione insieme al figlio Ettore. La decisione, emessa dal gup Federica Villano al termine del processo con rito abbreviato, ha ribadito il ruolo apicale del capoclan e del suo erede all’interno dell’organizzazione criminale, considerata da anni una delle più potenti realtà mafiose del panorama napoletano.
Il provvedimento non riguarda solo le condanne penali, ma anche una confisca patrimoniale di enorme valore economico. I beni sequestrati e oggi definitivamente confiscati ammontano a circa 16 milioni di euro e comprendono quattro milioni in contanti, una vasta collezione di orologi di lusso tra cui un Patek Philippe da 370mila euro, gioielli come una collana con diamante da 120mila euro, automobili e quote societarie. Una ricchezza accumulata e custodita, secondo quanto emerso dalle indagini, in un caveau scoperto all’interno dell’abitazione di Luca Esposito, genero del boss.
Il processo non ha riguardato solo il capo e il suo primogenito. La figlia Flora Bosti è stata condannata a sei anni di reclusione. Per lei l’accusa di autoriciclaggio, formulata inizialmente dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è stata riqualificata in ricettazione aggravata, mentre è arrivata l’assoluzione dall’accusa di minacce nei confronti del marito. Proprio il marito, Luca Esposito, è stato condannato a due anni e otto mesi per autoriciclaggio non aggravato. Nel suo appartamento blindato gli investigatori rinvennero il tesoro familiare, simbolo della potenza economica del clan Contini.
Secondo i magistrati, le condanne confermano come la famiglia Bosti resti un punto di riferimento per la gestione del potere criminale e per il mantenimento dei canali finanziari occulti che per decenni hanno garantito alla cosca una solida capacità di influenza sui traffici internazionali di droga e sulle operazioni di riciclaggio. La figura di Ettore Bosti, detto “Ettoruccio ‘o russ”, emerge come quella di un erede destinato a raccogliere il testimone del padre, rafforzando la continuità generazionale che da tempo preoccupa investigatori e procure.
La sentenza sottolinea ancora una volta l’importanza strategica delle misure patrimoniali nel contrasto alla criminalità organizzata. Colpire i beni, il denaro e i simboli del potere accumulato negli anni viene considerato dagli inquirenti lo strumento più efficace per indebolire le strutture camorristiche. Nel caso del clan Contini, la confisca di orologi, gioielli e contanti rappresenta non solo una perdita economica, ma anche un duro colpo all’immagine e al prestigio che per lungo tempo hanno alimentato la forza del gruppo.
Il nome di Patrizio Bosti è da decenni legato all’Alleanza di Secondigliano, composta dai clan Contini, Licciardi e Mallardo, un cartello criminale capace di imporsi sulla scena nazionale e internazionale, governando affari miliardari e influenzando dinamiche di potere ben oltre i confini dei quartieri nord di Napoli. Già in passato, diverse operazioni delle forze dell’ordine hanno inferto duri colpi alla cosca: tra queste, il sequestro di beni immobiliari e società commerciali in Italia e in Spagna, che avevano messo in luce la capacità della famiglia di riciclare i proventi illeciti attraverso investimenti apparentemente legali.
Non si tratta neppure della prima condanna per il boss e i suoi familiari. Nel corso degli anni il nome di Patrizio Bosti è ricorso in numerosi procedimenti giudiziari, con arresti in Italia e all’estero e con misure cautelari che hanno più volte decapitato, almeno formalmente, il vertice dell’Alleanza di Secondigliano. Tuttavia, il clan ha dimostrato una notevole resilienza, riuscendo a mantenere intatti i propri canali di approvvigionamento di droga e le proprie attività economiche parallele.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni e chiariranno nel dettaglio le ragioni che hanno portato alle pene inflitte e alla confisca milionaria. Per ora, resta l’immagine di un nucleo familiare colpito duramente, ma anche la consapevolezza che la lotta alla camorra passa necessariamente attraverso il sequestro delle ricchezze accumulate, senza le quali le organizzazioni criminali non potrebbero mantenere il loro potere di attrazione e di controllo sul territorio.
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