Lo scorso 4 marzo, un episodio di violenza ha scosso il carcere di Secondigliano, dove un infermiere è stato aggredito da due detenuti nel dipartimento di salute mentale. L’incidente ha suscitato immediata indignazione, portando alla luce una problematica sempre più grave: la sicurezza degli operatori sanitari che prestano servizio nelle strutture detentive. La denuncia dell’accaduto è stata diffusa dall’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate, che da tempo si batte per la tutela dei lavoratori della sanità. Il messaggio è chiaro e forte: il personale sanitario che opera nelle carceri è quotidianamente esposto a pericoli e la situazione sta diventando insostenibile.
I professionisti della salute che lavorano nelle strutture detentive lo fanno con grandi sacrifici, spesso in condizioni difficili e con un elevato rischio per la propria incolumità. Sono loro a garantire assistenza e cure ai detenuti, compresi quelli con patologie psichiatriche che possono manifestare comportamenti aggressivi e imprevedibili. Tuttavia, nonostante l’importanza del loro ruolo, questi operatori sono sempre più spesso vittime di episodi di violenza, senza che vi siano adeguate misure di prevenzione o tutela.
L’ASL Napoli 1 Centro, l’azienda sanitaria che gestisce i servizi sanitari anche all’interno del carcere di Secondigliano, si trova di fronte a una realtà allarmante: un numero crescente di operatori sanitari chiede di essere trasferito per sottrarsi a un ambiente di lavoro che non garantisce condizioni di sicurezza accettabili. Tuttavia, come sottolinea l’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate, nella totalità dei casi le richieste di trasferimento vengono respinte, lasciando i professionisti in una condizione di frustrazione e impotenza. La sensazione diffusa tra gli operatori è quella di essere “sanitari con l’ergastolo”, costretti a operare in un contesto pericoloso senza via d’uscita.
L’aggressione del 4 marzo ha riportato l’attenzione su un problema che non può più essere ignorato. Il tema delle aggressioni al personale sanitario all’interno delle carceri è un fenomeno che non riguarda solo Secondigliano, ma che si ripete in molte strutture detentive italiane. La questione centrale sollevata da Nessuno Tocchi Ippocrate non è tanto la punizione dei detenuti responsabili delle aggressioni – che, essendo già reclusi, hanno ben poco da perdere – quanto piuttosto la necessità di intervenire sulla prevenzione.
Garantire la sicurezza del personale sanitario nelle carceri significa adottare misure efficaci per ridurre il rischio di aggressioni. Tra le soluzioni possibili vi è l’incremento del numero di agenti di polizia penitenziaria assegnati ai reparti sanitari, per assicurare una vigilanza più attenta e tempestiva. Altrettanto fondamentale è la formazione specifica del personale sanitario su come gestire situazioni di pericolo e interagire con pazienti psichiatrici potenzialmente aggressivi. Inoltre, è indispensabile rivedere il sistema di assegnazione del personale, garantendo ai lavoratori la possibilità di chiedere il trasferimento in altre strutture senza ostacoli burocratici insormontabili.
La sanità penitenziaria è un settore spesso trascurato, ma essenziale per il funzionamento del sistema carcerario. Gli operatori sanitari che lavorano in questi contesti devono affrontare sfide che vanno ben oltre quelle della normale attività ospedaliera: oltre alle difficoltà cliniche, devono gestire la complessità delle dinamiche carcerarie, il disagio psicologico dei detenuti e, purtroppo, il rischio costante di aggressioni. L’assenza di misure di tutela adeguate non solo mette a rischio la loro incolumità, ma rende ancora più difficile il loro compito, con conseguenze negative anche per la qualità dell’assistenza sanitaria fornita ai detenuti.
L’appello dell’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate è un grido d’allarme che non può essere ignorato. È necessario che le istituzioni competenti, a partire dal Ministero della Giustizia e dalle autorità sanitarie locali, prendano atto della gravità della situazione e intervengano con provvedimenti concreti. Il diritto alla sicurezza sul lavoro è un principio fondamentale che deve valere per tutti i lavoratori, indipendentemente dal contesto in cui operano. Se si vuole garantire un sistema sanitario penitenziario efficiente e dignitoso, è indispensabile tutelare chi vi lavora, mettendo in atto misure preventive che riducano il rischio di aggressioni e migliorino le condizioni di lavoro degli operatori.
Il caso dell’infermiere aggredito a Secondigliano è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi che evidenziano la criticità della situazione. Se non si interviene in modo deciso, questi eventi continueranno a ripetersi, con conseguenze drammatiche per il personale sanitario e, più in generale, per l’intero sistema carcerario. La sicurezza dei professionisti della salute non può essere un optional: è un diritto che va garantito con azioni concrete e tempestive.
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