Il 23 gennaio 1996, Napoli fu teatro di una delle tragedie più drammatiche della sua storia recente: la voragine del quadrivio di Secondigliano. Un disastro che inghiottì undici vite e segnò profondamente la comunità locale. Oggi, a ventinove anni da quella fatidica giornata, il ricordo di quegli eventi resta vivo, tra commemorazioni e richieste di giustizia che continuano a farsi sentire.
Alle 16:20 di quel martedì, una violenta esplosione squarciò il quadrivio di Secondigliano, trasformando una zona trafficata e viva in uno scenario apocalittico. L’incidente fu causato dalla perforazione di una tubatura del gas metano durante i lavori di scavo per la costruzione della galleria della Strada Statale 87 NC, un’infrastruttura che avrebbe dovuto collegare Miano ad Arzano. La fuga di gas, innescata all’interno del tunnel, provocò un’esplosione devastante che aprì una voragine larga circa 30 metri, portando con sé edifici, automobili e vite umane.
L’esplosione colse di sorpresa otto operai che lavoravano all’interno del tunnel per conto della ditta "Scarl Arzano". Sei di loro persero la vita, insieme a due automobilisti di passaggio e tre residenti del palazzo crollato. I nomi delle vittime sono scolpiti nella memoria della città: Michele Sparaco, Alfonso Scala, Mario De Girolamo, Giuseppe Petrellese, Gennaro De Luca, Emilia Laudati, Francesco Russo, Pasquale Silvestro, Ciro Vastarella, Serena De Santis e Stefania Bellone. Di quest’ultima, purtroppo, il corpo non è mai stato ritrovato.
Due operai riuscirono a salvarsi, uscendo dal tunnel poco prima dell’esplosione. Le operazioni di soccorso, ostacolate dall’incendio che infuriava nella zona del quadrivio, furono interrotte per ore. Solo alle prime luci del 24 gennaio i vigili del fuoco poterono iniziare a scavare tra le macerie, ma nessuna vita fu più salvata.
La tragedia portò all’apertura di un’inchiesta giudiziaria che accertò la responsabilità della perforazione della tubatura del gas come causa principale del disastro. Nel 2003, dopo anni di indagini, tre imputati furono condannati a pene lievi, con un anno e cinque mesi di reclusione (sospesi) e una multa di un milione e ottocentomila lire. Tuttavia, per i familiari delle vittime, queste condanne non sono mai state sufficienti a rendere giustizia per quanto accaduto.
L’associazione "Familiari Vittime della Tragedia di Secondigliano", guidata da Sandro Russo, figlio di una delle vittime, continua a chiedere maggiore attenzione e rispetto per la memoria di chi ha perso la vita.
Per commemorare le undici vittime, fu eretta una cappella in via Limitone di Arzano, un luogo simbolico che avrebbe dovuto rappresentare il ricordo e il rispetto per le vite spezzate. Tuttavia, negli anni, questo spazio è stato spesso lasciato nell’incuria, circondato da vegetazione incolta e rifiuti. Solo in occasione delle commemorazioni annuali, il sito viene ripulito, ma il resto dell’anno rimane in stato di abbandono.
Sandro Russo, presidente dell’associazione, ha più volte denunciato questa situazione. Nel gennaio dello scorso anno, in segno di protesta, si è incatenato all’ingresso della cappella, chiedendo interventi concreti per la riqualificazione del luogo. “Non possiamo permettere che la memoria dei nostri cari venga dimenticata o trattata con superficialità. Questo luogo deve essere preservato come simbolo di rispetto e monito per il futuro.”
La voragine di Secondigliano non è solo un evento del passato; è una ferita che continua a pulsare nel cuore di Napoli. Ogni anno, il 23 gennaio, una breve cerimonia viene organizzata per ricordare le vittime e mantenere vivo il loro ricordo. Ma, come sottolineano i familiari, il rispetto per la memoria non può limitarsi a una cerimonia annuale.
Il quadrivio di Secondigliano, ricostruito dopo anni di lavori, è un luogo che porta ancora i segni della tragedia. I lavori per la galleria, mai ripresi dopo il disastro, sono diventati il simbolo di un progetto interrotto, così come interrotte furono le vite di undici persone in quella fatidica giornata del 1996.
A ventinove anni di distanza, la storia della voragine del quadrivio di Secondigliano resta un monito per l’intera comunità. Non solo per la necessità di garantire sicurezza nei luoghi di lavoro e nelle infrastrutture pubbliche, ma anche per l’importanza di preservare la memoria collettiva.
La tragedia di Secondigliano non può essere dimenticata. Ogni nome, ogni vita spezzata, rappresenta un richiamo alla responsabilità e al rispetto. Solo attraverso la memoria, custodita con cura e dignità, si può sperare di evitare che simili tragedie si ripetano. La cappella di via Limitone di Arzano, così come il ricordo delle vittime, merita di essere preservata, perché la storia non sia mai cancellata e il sacrificio di quelle vite non sia stato vano.
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