Le strade di Scampia tornano ad essere il teatro di un episodio di violenza che richiama alla memoria le dinamiche criminali di una Napoli perennemente sospesa tra paura e illegalità. Sabato sera, un commando di sicari ha preso di mira Giuseppe D’Andrea, cinquantenne con precedenti penali, colpendolo con colpi di pistola in via Francesco Bacone, nelle vicinanze del complesso popolare noto come Lotto G. L’agguato non ha causato gravi ferite alla vittima, che è stata dimessa dall’ospedale Don Bosco con una prognosi di quindici giorni, ma ha scosso profondamente la comunità locale, già segnata da episodi di criminalità organizzata e lotte per il controllo del territorio.
Gli inquirenti stanno lavorando senza sosta per far luce sulle motivazioni dietro l’agguato, e tutte le piste investigative rimangono aperte. Nonostante D’Andrea non sia affiliato a nessuna delle principali organizzazioni criminali operanti nel quartiere, i suoi precedenti per reati contro il patrimonio e traffico di stupefacenti suggeriscono un possibile legame con il sottobosco criminale della zona. Scampia è infatti un crocevia fondamentale per il traffico di stupefacenti, e le lotte interne per il controllo del mercato spesso degenerano in episodi di violenza simile.
Il Lotto G, dove è avvenuto l’agguato, è da tempo sotto il controllo della famiglia Angrisano, che gestisce il potente clan Vanella Grassi. Proprio questo legame tra il controllo territoriale e il narcotraffico fa ipotizzare agli inquirenti che l’agguato possa essere una sorta di regolamento di conti o un avvertimento all’interno della stessa organizzazione. Non è un caso, infatti, che l’agguato a D’Andrea sia avvenuto a pochi giorni dall’omicidio di Camillo Esposito, un altro nome legato alla criminalità locale e vicino alla Vanella Grassi.
L’escalation di violenza preoccupa le forze dell’ordine, già allertate dall’omicidio di Esposito, avvenuto in circostanze misteriose e con modalità che suggeriscono una pianificazione accurata e premeditata. Esposito, infatti, era stato probabilmente seguito da un “specchiettista”, un informatore che ha permesso ai sicari di colpirlo in maniera precisa e letale. Dodici colpi di pistola hanno messo fine alla sua vita, lasciando dietro di sé numerosi interrogativi. Cosa ha portato all’omicidio di un giovane apparentemente estraneo ai legami organici con il clan? La risposta potrebbe nascondersi nei delicati equilibri di potere che regolano le relazioni interne al mondo criminale napoletano, dove ogni “sgarro” può avere conseguenze fatali.
Il ferimento di D’Andrea potrebbe quindi inserirsi in questo contesto di crescente tensione. La polizia non esclude che si tratti di un avvertimento, una forma di intimidazione che mira a ristabilire l’ordine all’interno del clan o a punire un comportamento considerato inappropriato. Tuttavia, un’altra pista investigativa potrebbe suggerire che l’agguato sia il frutto di una reazione più immediata e meno orchestrata, come una disputa tra bande rivali o una vendetta personale per episodi minori.
Il quartiere di Scampia è noto per essere una delle aree più difficili di Napoli, con alti tassi di disoccupazione, degrado urbano e criminalità diffusa. Il controllo del territorio da parte dei clan locali è capillare, e le azioni violente sono spesso il risultato di una lotta per il predominio sulle piazze di spaccio, il vero motore economico di queste organizzazioni. Il Lotto G, dove risiede la famiglia Angrisano, è uno dei fulcri di questa battaglia, e ogni atto di violenza che avviene qui viene interpretato come un segnale di instabilità o di riposizionamento all’interno della gerarchia criminale.
Le indagini sul caso di D’Andrea sono ora nelle mani della polizia di Stato, che ha intensificato la sua presenza nel quartiere per cercare di prevenire ulteriori episodi di violenza. Gli agenti hanno già effettuato sopralluoghi sul luogo dell’agguato, recuperando bossoli e tracce di sangue che potrebbero fornire indizi utili per risalire ai responsabili. La scientifica ha setacciato l’area alla ricerca di testimoni o di telecamere di sorveglianza che possano aver ripreso l’episodio, ma la mancanza di sistemi di videosorveglianza nella zona complica ulteriormente le indagini.
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