La tragedia avvenuta la sera del 22 luglio alla Vela Celeste di Scampia, quando il crollo di un ballatoio ha causato tre vittime e dodici feriti, ha gettato nell'incertezza 218 famiglie. La soluzione individuata dal Governo e dal Comune di Napoli per assegnare contributi alle famiglie evacuate, affinché trovino un'autonoma sistemazione abitativa, si sta rivelando un'ulteriore sfida per queste persone già duramente colpite. La possibilità di trovare un alloggio appare infatti sempre più remota, ostacolata dai pregiudizi e dalle difficoltà economiche e sociali.
Tra le tante storie di sofferenza, quella di Salvatore Santaniello e della sua famiglia spicca per la sua drammaticità. Dal 22 luglio, Salvatore, sua moglie Marzia e i loro tre figli, rispettivamente di 7, 9 e 12 anni, vivono all'interno della propria auto. “Ogni giorno vado alla ricerca di una casa da affittare – racconta Salvatore – ma nessuno vuole affittare a una famiglia come la nostra. Nonostante il contributo di 1.100 euro al mese promesso dal Governo, i proprietari di casa si tirano indietro quando scoprono che siamo sfollati dalla Vela Celeste”.
Questa situazione non è isolata: molte delle famiglie evacuate vivono in condizioni simili, appoggiandosi temporaneamente a parenti o amici, mentre alcune, come i Santaniello, sono costrette a vivere in auto. La decisione di non usufruire dell’alloggio temporaneo messo a disposizione dal Comune, un albergo a Villaricca, è dettata dalla consapevolezza che quella sarebbe solo una soluzione provvisoria. “Non potevo esporre la mia famiglia a un altro trasferimento dopo solo un mese,” spiega Salvatore. Vivere in cinque in una stanza d’albergo non era un’opzione percorribile per una famiglia già provata.
Il percorso per trovare un nuovo alloggio è reso ancora più arduo dai pregiudizi che accompagnano chi proviene dalle Vele di Scampia. Salvatore racconta di come molti proprietari, una volta scoperto il loro passato, abbiano rifiutato di affittare l'appartamento, preferendo affittare a famiglie con doppio stipendio o a giovani coppie senza figli. “Che dovrei fare, vendere i miei figli per poter ottenere un appartamento?” chiede ironicamente, ma con un tono che tradisce la disperazione.
Questo pregiudizio sociale non è nuovo per chi ha vissuto nelle Vele, simbolo di degrado e di un quartiere troppo spesso associato solo a criminalità e disagio. Tuttavia, per queste famiglie, il crollo ha rappresentato una rottura non solo fisica ma anche esistenziale, una frattura che ha spazzato via ogni certezza e che ora richiede una risposta concreta da parte delle istituzioni e della società.
La vita in auto è difficile, soprattutto con tre bambini piccoli. “Abbiamo speso anche 30 euro a notte in gasolio per poter tenere accesa l’aria condizionata e permettere ai bambini di dormire qualche ora,” racconta Salvatore. Durante il giorno, si arrangiano mangiando a casa di parenti, senza voler pesare troppo su di loro. “Non possono ospitarci, sono tutte famiglie numerose, ma almeno ci danno la possibilità di farci una doccia e di mangiare qualcosa a tavola,” aggiunge.
Il futuro dei figli è una delle preoccupazioni maggiori di Salvatore. Con l’inizio del nuovo anno scolastico alle porte, si pone il problema di come riuscire a garantire ai bambini la continuità educativa in un contesto di tale precarietà. “Speravo che le lezioni slittassero a ottobre, ma purtroppo non sarà così. Dovremo trovare un modo per mandarli a scuola, anche se dovessimo continuare a vivere in macchina,” afferma con determinazione.
A oggi, quasi nessuna delle 218 famiglie evacuate dalla Vela Celeste è riuscita a trovare un’abitazione stabile. La maggioranza è costretta a vivere in situazioni di fortuna, ospiti presso amici e parenti o, come i Santaniello, costretti a passare le notti in auto. “Dormiamo nel parcheggio del commissariato di polizia, almeno qui ci sentiamo più tranquilli,” conclude Salvatore.
Questa storia di ordinaria disperazione rivela le falle di un sistema incapace di garantire un immediato e adeguato sostegno a chi è già vittima di tragedie immani. Mentre l’iter legislativo per la conversione in legge del decreto omnibus continua, queste famiglie restano in un limbo di incertezza, in attesa di una soluzione che, per molti, sembra ancora lontana.
Il caso degli sfollati della Vela Celeste di Scampia è solo uno dei tanti esempi di come le emergenze abitative in Italia siano spesso affrontate con risposte temporanee e insufficienti. È necessario un intervento più deciso e strutturale da parte delle istituzioni per garantire a queste famiglie non solo un tetto, ma anche la dignità e la sicurezza di cui hanno bisogno per ricostruire le loro vite. Nel frattempo, la vita di Salvatore e delle altre famiglie continua, sospesa tra la speranza e la disperazione, in attesa che la società e le istituzioni si ricordino di loro.