Secondigliano sta cambiando volto. Chi attraversa le sue strade, specialmente nella zona di miezz’all’arco e nell’area del mercatino rionale, nota immediatamente le saracinesche abbassate e le vetrine vuote. Un’immagine di abbandono che stride con i ricordi di appena quattro o cinque anni fa, quando i marciapiedi erano affollati e i negozi di abbigliamento, calzature e panifici tradizionali rappresentavano un punto di riferimento quotidiano per residenti e visitatori.
Molti cittadini segnalano sui social che il quartiere sembra diventato improvvisamente vuoto, come se qualcosa si fosse rotto in modo irreparabile. Alcuni attribuiscono questa crisi al boom degli acquisti online, esploso con la pandemia e diventato ormai parte delle abitudini di spesa di quasi tutte le famiglie. Comprare su Amazon o su altre piattaforme, spiegano in tanti, permette di trovare tutto a prezzi spesso competitivi, con il vantaggio di ricevere la merce comodamente a casa propria senza dover uscire di casa. E in un momento in cui il tempo, i soldi e la fatica sembrano scarseggiare sempre di più, la comodità fa la differenza.
Altri sottolineano che la colpa sia anche del costo degli affitti, ritenuti troppo alti per un quartiere popolare come Secondigliano. Molti proprietari, si legge nei commenti, chiedono cifre che sembrano più adatte a zone come Posillipo o via Petrarca. Qualcuno racconta di appuntamenti fissati per visionare locali dove i proprietari giustificavano affitti da capogiro con la promessa dell’apertura imminente della metropolitana. Ma di fatto, spiegano in tanti, il problema è che non c’è più la gente di una volta e che la maggior parte delle famiglie non ha più soldi da spendere.
Secondo diversi commercianti ed ex titolari di botteghe, i costi per mantenere un’attività sono diventati insostenibili. Tra fitto, tasse, energia elettrica e personale, per molti l’unica soluzione è abbassare la saracinesca e rinunciare, con la consapevolezza amara di non avere alternative. Qualcuno fa i conti: una piccola bottega dovrebbe vendere almeno 600-700 euro di merce al giorno per sopravvivere, con un ricavato intorno al 25%. Altrimenti si resta aperti solo per pagare le tasse, senza alcun guadagno.
C’è chi accusa direttamente la politica nazionale di aver abbandonato il commercio locale, mentre altri propongono soluzioni drastiche, come trasformare i negozi sfitti in abitazioni per combattere anche l’emergenza abitativa che coinvolge Napoli e provincia. Qualcuno osserva che, anche volendo aprire un’attività, la realtà di Secondigliano scoraggia chiunque: i clienti spesso si presentano solo per chiedere sconti o regali e il margine di guadagno, già ridotto dalle spese fisse, scompare del tutto.
Tra i motivi citati non manca la scarsa qualità di molti prodotti venduti nei piccoli magazzini locali, che spinge sempre più persone a rivolgersi all’online. Altri ricordano che oltre a fitti e tasse bisogna considerare il pizzo, che in alcune strade del quartiere continua ad essere una piaga presente e silenziosa. E mentre i centri commerciali restano pieni, Secondigliano si svuota.
Le opinioni raccolte restituiscono un quadro complesso e doloroso. C’è chi spera che questa crisi passi, chi ritiene che la situazione sia destinata a peggiorare con gli aumenti continui e chi invoca un boicottaggio di Amazon, Shein e Temu per rilanciare l’economia locale. Ma la realtà, per ora, appare ferma. I negozi chiudono, le famiglie tagliano le spese, i proprietari non abbassano i canoni, il commercio online cresce. E la Secondigliano piena di botteghe, voci, odori di pane fresco e vetrine accese sembra sempre più lontana, come un ricordo che sfuma ogni giorno di più nel silenzio delle saracinesche abbassate.
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