Secondigliano torna al centro delle cronache giudiziarie, questa volta per un’operazione condotta dai Carabinieri della Stazione Roma Porta Portese, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di una donna di 39 anni, originaria di Napoli, residente o comunque presente nella zona nord di Napoli. La misura è stata disposta dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, a seguito di una complessa attività investigativa avviata nei primi mesi del 2023 e che ha ricostruito almeno sette episodi di truffa aggravata, circonvenzione di incapaci e furti in abitazione ai danni di persone anziane, tutte ultraottantenni, in diversi quartieri della Capitale. L’arresto è avvenuto nei giorni scorsi proprio a Secondigliano, confermando ancora una volta come i legami tra aree periferiche urbane del Sud e la criminalità diffusa di altre grandi città italiane siano parte di un reticolo difficile da spezzare, capace di muoversi con agilità tra Napoli e Roma attraverso dinamiche consolidate e spesso sottovalutate.
Le indagini hanno preso avvio a seguito della denuncia presentata da una delle vittime nel gennaio del 2023. Da quel momento, i Carabinieri hanno avviato una serie di accertamenti basati su un incrocio metodico di dati telefonici e telematici, ma anche sull’analisi delle immagini di videosorveglianza dei luoghi dove si sono consumati i reati e, soprattutto, sull’ascolto diretto delle testimonianze delle persone raggirate. Grazie a questo lavoro paziente e articolato, è stato possibile raccogliere gravi indizi a carico della donna fermata a Secondigliano, ritenuta responsabile di un modus operandi ben strutturato, in grado di colpire sistematicamente soggetti fragili e psicologicamente vulnerabili. Le vittime, tutte con un’età compresa tra gli 85 e i 96 anni, venivano selezionate per la loro evidente condizione di debolezza, e poi contattate da complici con funzioni specifiche di “telefonisti”. Questi ultimi, utilizzando tecniche già ben note e purtroppo sempre efficaci – come quella del finto nipote trattenuto dalle forze dell’ordine per debiti o problemi giudiziari – convincevano gli anziani a consegnare somme di denaro o oggetti preziosi come pegno per la risoluzione dell’apparente problema.
Una volta stabilito il contatto e ottenuto il consenso, entrava in scena la 39enne, che si presentava presso le abitazioni delle vittime per raccogliere quanto promesso, completando in questo modo il raggiro. Il valore complessivo dei beni sottratti nel periodo considerato dalle indagini si aggira intorno ai 200 mila euro, una cifra rilevante non solo per l’entità economica, ma soprattutto per la violenza morale e psicologica che rappresenta nei confronti di chi l’ha subita. Tra gli episodi ricostruiti dai militari romani, vi è anche un intervento particolarmente allarmante verificatosi nella zona di San Pietro, dove una donna di 96 anni è stata privata dei propri risparmi e dei propri oggetti di valore a seguito di un’azione messa in atto non dalla sola indagata, ma in concorso con un altro soggetto, un 55enne anch’egli originario di Napoli, già arrestato nell’ottobre del 2024 per reati dello stesso tipo. Questo dettaglio conferma la natura seriale e strutturata del fenomeno, che si sviluppa secondo logiche ben collaudate e sfrutta ogni possibile leva emotiva per ottenere il proprio scopo.
Il fatto che l’arresto sia avvenuto a Secondigliano non è un elemento secondario. Da tempo, anche attraverso le riflessioni condivise su questo blog, si cerca di tenere alta l’attenzione sui molteplici livelli di marginalità che attraversano i nostri quartieri. Non si tratta soltanto di criminalità organizzata nel senso tradizionale del termine, ma anche di una zona grigia fatta di soggetti che, spesso ai margini della legalità, riescono a inserirsi in circuiti più ampi e articolati. La donna arrestata, infatti, non risulta legata formalmente a clan locali, ma è parte di quella zona intermedia che condivide, sfrutta o ricalca metodi e finalità tipici del crimine professionale. Le periferie, da Nord a Sud, continuano a generare figure che, pur non emergendo nei radar dei grandi dossier antimafia, si rendono protagoniste di condotte gravi e lesive del tessuto sociale.
In questo senso, Secondigliano si conferma un osservatorio privilegiato, suo malgrado, di dinamiche nazionali. Il rientro in quartiere di soggetti destinatari di ordinanze o misure cautelari emesse altrove, come in questo caso dal Tribunale di Roma, solleva interrogativi rilevanti anche rispetto alla funzione di controllo e prevenzione sul territorio. La cronaca, per quanto specifica e legata a un nome e a un volto, rimanda a un contesto più ampio in cui l’illegalità si annida con facilità là dove mancano alternative, opportunità, reti di protezione. Ancora una volta, dietro ogni arresto, ogni cifra, ogni schema investigativo, c’è la realtà vissuta di anziani soli, famiglie vulnerabili e quartieri che fanno fatica a sottrarsi alla spirale dell’isolamento sociale. Non basta l’azione repressiva, pur fondamentale, a cambiare la narrazione di questi luoghi: servono visioni più profonde, strumenti culturali e sociali adeguati, e una volontà politica vera di ricucire i fili sfilacciati di una comunità che continua a essere colpita, ferita e dimenticata.
L’arresto della 39enne, eseguito a Secondigliano, chiude un capitolo ma ne apre molti altri. Il procedimento giudiziario farà il suo corso, e sarà il tribunale a stabilire colpe e responsabilità, ma resta la necessità di continuare a raccontare con lucidità ciò che accade anche quando non fa rumore, anche quando riguarda i più deboli. Perché in quelle truffe apparentemente “piccole”, in quelle case dove si entra con l’inganno e si esce con la disperazione altrui, si gioca una delle battaglie più dure per la dignità e la giustizia.