Cosimo Marullo era ritenuto il capo di un’organizzazione che trovava le risorse finanziarie per la costituzione di strutture societarie da utilizzare nel circuito della frode, grazie ai suoi contatti diretti con esponenti del clan Di Lauro. È quanto emerge dall’inchiesta Moby Dick 2, che rappresenta il seguito di quella del 2024 e che sta rivelando intrecci sempre più profondi tra criminalità organizzata e circuiti economici apparentemente leciti. Secondo quanto riportato da Internapoli.it, nell’ambito dell’inchiesta sono emerse anche altre persone legate a contesti camorristici. In particolare, Cosimo Marullo, conosciuto come Berlino o Mino, è stato indicato come fiancheggiatore della famiglia criminale fondata da Paolo Di Lauro. L’uomo avrebbe agito insieme al fratello Gennaro e a Vincenzo Perillo, organizzando operazioni e gestendo società per scopi illeciti.
I fratelli Marullo, secondo l’accusa, si sarebbero occupati della gestione organizzativa dell’attività fraudolenta consentendo anche il riciclaggio dei soldi provenienti dalle attività illecite. Avrebbero partecipato a riunioni per stringere accordi e avviare operazioni, trovando i prestanome per l’intestazione delle strutture societarie da utilizzare nelle frodi e curando personalmente tutte le necessarie pratiche amministrative. In particolare, Cosimo Marullo è ritenuto dalla Procura europea la persona che reperiva le risorse finanziarie originarie, anche attingendo dalla cassa del clan Di Lauro, per costituire il gruppo e le strutture societarie necessarie al circuito della frode, potendo contare su contatti diretti con esponenti di spicco della criminalità organizzata.
Il legame tra Cosimo Marullo e gli ambienti camorristici viene chiarito anche dalle dichiarazioni di Salvatore Tamburrino, collaboratore di giustizia, uomo di fiducia prima di Ciro Di Lauro e poi di Marco Di Lauro, nonché cugino dei due fratelli Marullo. Tamburrino ha raccontato ai magistrati come Marullo avesse avviato attività commerciali di copertura che gli consentivano di riciclare e gestire ingenti somme di denaro provenienti dalla camorra. In un passaggio dell’interrogatorio Tamburrino ha spiegato: “Aveva un piccolo negozio con un ingrosso piccolo, vendeva poco. Quando poi nel 2011 sono stato scarcerato e lui mi fece la proposta che lui aveva un bel giro, però aveva bisogno di liquidità, lui più soldi riusciva a mettere in commercio e più si guadagnava e inizialmente gli ho dato 300mila euro. E lavorava sempre… Allora i 300mila euro io li avevo presi dalla cassa dei Di Lauro”.
Secondo gli inquirenti, Vincenzo Perillo avrebbe avuto un ruolo importante nella gestione delle società missing trader e buffer, entrando nel business insieme ai fratelli Marullo e a Tamburrino. Perillo avrebbe approfittato dei soldi illeciti garantiti dal clan Di Lauro, spartendosi i guadagni con il resto del gruppo. La nuova inchiesta Moby Dick 2, che nasce come prosecuzione naturale della prima, sta facendo emergere un quadro sempre più complesso, che dimostra come la criminalità organizzata sia riuscita negli anni a costruire un sistema capace di infiltrarsi nel tessuto economico attraverso società fittizie, frodi carosello, prestanome e operazioni di riciclaggio ben studiate.
Gli investigatori continuano a ricostruire la rete di relazioni, complicità e passaggi di denaro che hanno consentito a gruppi criminali radicati a Secondigliano e nell’area nord di Napoli di garantirsi flussi finanziari enormi, alimentando da un lato l’economia criminale e dall’altro il controllo del territorio. Anche in questo filone, come nel primo capitolo dell’inchiesta Moby Dick, il clan Di Lauro appare al centro delle attività, con figure fidate come Cosimo Marullo incaricate di far fruttare il denaro, creandosi reti di società e operazioni su più livelli e costruendo così un sistema apparentemente intangibile che, secondo l’accusa, aveva come fine ultimo quello di generare profitti illeciti e reinvestirli nelle attività criminali e imprenditoriali che garantivano il potere del clan.
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