Secondigliano. Il Parco Emilia Laudati, situato nel cuore del Rione dei Fiori, dovrebbe essere un luogo della memoria e della comunità, un polmone verde accessibile a tutti, dove i bambini giocano, gli anziani si riposano e i cittadini trovano un momento di sollievo nella quotidianità. Invece, quello che oggi si presenta agli occhi di chi attraversa quell’area è uno scenario sconfortante, ai limiti del surreale. La vegetazione ha preso il sopravvento su ogni angolo, trasformando il parco in una giungla urbana dove i vialetti sono impraticabili, le panchine scomparse sotto l’erba alta e le strutture dedicate al gioco dei più piccoli inutilizzabili e pericolose. Lo spazio pubblico è oggi un’area abbandonata a sé stessa, dove l’incuria sembra essere diventata la regola e non più l’eccezione. La segnalazione arriva da Alfredo Di Domenico sulla sua pagina Facebook.
È evidente che si è rotto qualcosa tra le istituzioni e il territorio. Il parco, intitolato alla memoria di Emilia Laudati, una delle vittime del tragico scoppio al Quadrivio di Secondigliano del 23 gennaio 1996, avrebbe dovuto rappresentare un presidio di civiltà e di ricordo condiviso. Invece, è stato lasciato marcire nell’indifferenza generale, come se fosse un peso e non un valore. Eppure, Emilia Laudati non era un nome qualsiasi, ma una donna simbolo della Secondigliano colpita, ferita e mai risarcita fino in fondo. Dedicare un parco alla sua memoria, in teoria, avrebbe dovuto significare non solo un gesto simbolico, ma un impegno concreto a custodire quel luogo con rispetto e senso civico. Un impegno che però sembra essersi dissolto col tempo, lasciando spazio all'abbandono.
La domanda che in molti si pongono, tra i residenti del Rione dei Fiori, è tanto semplice quanto inquietante: chi ha permesso che questo accadesse? È legittimo domandarsi che fine abbia fatto la manutenzione ordinaria, dove siano finite le promesse di riqualificazione, e perché la Municipalità e il Comune di Napoli sembrano non voler vedere lo stato attuale del parco. Non è più solo un problema di decoro urbano, ma una questione di rispetto, memoria e diritti. Chi vive in questo quartiere non è cittadino di serie B e non può essere trattato come tale. Ogni giorno che passa senza un intervento è una ferita ulteriore inferta alla dignità delle persone che abitano questi luoghi e che si vedono negare anche l’accesso a uno spazio pubblico sicuro, pulito, curato.
Non servono grandi opere per restituire dignità al Parco Emilia Laudati. Servirebbe, innanzitutto, la volontà politica di assumersi la responsabilità di un recupero reale, che parta dalla pulizia, dal taglio dell’erba, dalla messa in sicurezza dell’area giochi, dalla riparazione dei muretti e dal ripristino dell’illuminazione. Servirebbe una gestione ordinaria che non può essere affidata solo alla buona volontà di qualche cittadino o associazione di quartiere. Il degrado non si combatte con le dichiarazioni d’intenti ma con azioni concrete e continue. E oggi, guardando le condizioni del parco, è evidente che quelle azioni non ci sono mai state o sono state interrotte da tempo, forse perché Secondigliano è lontana dai riflettori e troppo vicina ai margini dell’agenda politica.
Anche la memoria, quando non è accompagnata dalla cura, rischia di diventare solo un esercizio retorico, una targa dimenticata sul muro di un edificio o all’ingresso di un parco invaso dall’erba. Ma Emilia Laudati non dovrebbe essere ricordata così. La memoria delle vittime di quella tragedia dovrebbe camminare di pari passo con l’attenzione quotidiana verso i luoghi a loro dedicati. Invece, il Parco Emilia Laudati è oggi un simbolo rovesciato: non della memoria viva, ma dell’oblio e della distanza tra i cittadini e chi dovrebbe rappresentarli.
Per questo motivo è fondamentale che si alzi una voce chiara e forte: non è solo una questione di estetica, ma di dignità collettiva. Chi amministra questo territorio deve fornire risposte, deve prendersi carico di quello che oggi è diventato un problema evidente e urgente. I cittadini non chiedono l’impossibile: chiedono semplicemente che un luogo pubblico torni a essere ciò per cui è nato, uno spazio fruibile, accogliente, pulito, sicuro. Chiedono rispetto per le vittime del passato e attenzione per i bisogni del presente. Chiedono, in sostanza, di non essere dimenticati.
Il Rione dei Fiori non è una zona marginale, è una parte viva di Secondigliano. Ma se continua a essere ignorato dalle istituzioni, se continua a essere lasciato nel degrado, allora il rischio è che cresca ancora di più la distanza tra chi governa e chi vive realmente nei quartieri popolari. E quel distacco, alla lunga, si traduce in sfiducia, rassegnazione e, peggio ancora, abbandono. È necessario invertire la rotta finché si è in tempo, restituendo al Parco Emilia Laudati non solo decoro, ma anche il significato simbolico e comunitario che avrebbe sempre dovuto avere. Perché la memoria è azione, e senza azione diventa solo una parola vuota.