La notizia è giunta come una scure sulla già precaria condizione infrastrutturale dell’Area Nord di Napoli: dal 23 giugno e fino al 15 settembre 2025 le stazioni della Linea 1 della metropolitana di Piscinola-Scampia, Chiaiano e Frullone resteranno chiuse per lavori straordinari. La comunicazione ufficiale da parte dell’ANM, giunta soltanto il 6 giugno, ha colto di sorpresa pendolari, studenti, lavoratori e residenti. L’annuncio tardivo e la mancanza di una pianificazione trasparente hanno generato una fortissima reazione da parte di comitati, associazioni, realtà politiche e culturali del territorio, che denunciano un isolamento di massa destinato a colpire una popolazione di centinaia di migliaia di persone. L’area interessata non è una periferia marginale nel senso geografico del termine, ma rappresenta un nodo vitale per i flussi di mobilità quotidiana, un’arteria percorsa ogni giorno da studenti in partenza per le scuole del centro, lavoratori diretti verso ospedali, uffici, imprese, e cittadini impegnati nella ricerca di un equilibrio possibile tra casa, famiglia e professione.
I territori coinvolti non sono solo i quartieri immediatamente serviti dalle stazioni chiuse. Restano di fatto tagliate fuori intere città dell’hinterland napoletano: Mugnano, Marano, Calvizzano, Giugliano, Qualiano, Villaricca, oltre alle zone coperte in parte dalla metrocampania Nord-Est come Aversa. L’unico punto di accesso alla Linea 1 sarà Colli Aminei, che si prevede sovraccaricato fin dalle prime ore del mattino. Si tratta di un cambiamento radicale nella geografia del trasporto urbano, ma la gestione politica e tecnica dell’emergenza non sembra tener conto della complessità sociale dell’area coinvolta. Il Comune di Napoli e l’azienda metropolitana sembrano considerare “sostenibile” il disagio, come se si trattasse di un piccolo sacrificio. Ma il sacrificio, nei fatti, non è distribuito equamente: non è la zona centrale, né quella turistica, a subire il danno maggiore. È la fascia popolare, quella a nord, quella da sempre meno rappresentata e più penalizzata in termini di servizi pubblici.
Nel merito dell’intervento tecnico, nessuno nega la necessità di manutenzioni e verifiche strutturali per garantire la sicurezza dei viaggiatori e la continuità di esercizio. Ma ci si interroga sul perché tali interventi, che nelle zone a forte vocazione turistica vengono solitamente programmati in orari notturni o con soluzioni temporanee meno impattanti, nel caso della periferia nord vengano invece scaricati integralmente sulla popolazione. Viene da chiedersi se esista una diversa percezione del valore dei cittadini a seconda della loro residenza. L’impressione che ne deriva è che vi siano territori considerati “sacrificabili”, aree dove è accettabile che il diritto alla mobilità venga sospeso per mesi.
Il problema si aggrava se si considerano le criticità del sistema di trasporto alternativo previsto. Già in passato, in occasione di lavori analoghi, le navette sostitutive su gomma si sono dimostrate largamente inadeguate. Il trasporto su gomma in quella zona è notoriamente fragile, sottodimensionato, spesso in ritardo, e scarsamente integrato con gli orari della metropolitana. Per sostituire un singolo treno ANM, in grado di trasportare fino a 1.250 passeggeri, servirebbero almeno 15 autobus da 86 posti, tutti operativi e puntuali. È una soluzione logisticamente impossibile da realizzare nei tempi e con le risorse attuali. Inoltre, la viabilità di superficie, già congestionata nelle ore di punta, non consente fluidità nei collegamenti, con la conseguenza che i tempi di percorrenza aumenteranno in modo esponenziale.
Il danno concreto si manifesterà in una serie di effetti a catena. Gli studenti delle scuole superiori in procinto di affrontare gli esami di maturità vedranno aumentare i disagi proprio nel momento più delicato dell’anno scolastico. Gli universitari, nel pieno della sessione estiva, dovranno fronteggiare spostamenti più lunghi e meno certi per raggiungere le facoltà. I lavoratori pendolari rischiano di accumulare ritardi quotidiani, se non addirittura di non riuscire a raggiungere il posto di lavoro nei tempi previsti. Il diritto alla mobilità, sancito a parole da tutti gli attori istituzionali, viene nella pratica negato proprio nei territori dove è più necessario garantire accessibilità e continuità.
Per queste ragioni, il tessuto sociale dell’area nord ha cominciato a mobilitarsi. Diverse realtà politiche, sociali e culturali hanno lanciato un appello chiaro e articolato. Le richieste sono concrete e formulate in modo responsabile: un servizio di trasporto alternativo realmente efficiente, con corse frequenti e ben distribuite durante tutta la giornata; l’istituzione immediata di un tavolo di confronto in prefettura tra ANM, Comune, Regione e rappresentanze civiche; la certezza del cronoprogramma dei lavori e la possibilità di individuare soluzioni temporanee per mitigare i disagi; un piano di viabilità integrata per gestire il traffico e favorire la connessione con le zone escluse.
Le promesse non bastano più. La cittadinanza ha già vissuto troppe volte l’esperienza dell’attesa vana, delle soluzioni tampone annunciate e poi ritirate, delle parole che si scontrano con la realtà quotidiana fatta di attese interminabili, corse perse e appuntamenti mancati. Occorre, stavolta, che la voce dei territori trovi spazio e ascolto concreto. Non si tratta solo di una questione logistica, ma di un principio di giustizia urbana. Non si possono chiedere sacrifici sempre agli stessi, mentre in altre parti della città si garantisce continuità anche durante interventi strutturali.
Nei prossimi giorni è prevista un’assemblea pubblica per discutere e organizzare le azioni di protesta. Si prevede anche un coinvolgimento diretto delle istituzioni locali, con iniziative che puntano a portare il problema all’attenzione del prefetto e del governo regionale. Intanto, la popolazione è invitata a restare aggiornata e a partecipare attivamente. L’isolamento non è un destino, ma una scelta politica. E come tale, può – e deve – essere contestata. Perché il diritto alla mobilità, in una metropoli moderna, non può essere un lusso riservato a pochi. Deve essere un diritto garantito a tutti, senza distinzioni tra centro e periferia, tra chi parte da Dante e chi parte da Piscinola.