Un nuovo episodio di grave violenza ha scosso il carcere di Secondigliano, confermando una situazione sempre più difficile per il personale sanitario che vi opera quotidianamente. L’ultima segnalazione arriva da un’infermiera dell’ASL Napoli 1 Centro, che ha formalizzato una denuncia con una lettera indirizzata ai vertici della propria azienda sanitaria e alla direzione dell’istituto penitenziario. Il racconto, diffuso dalla pagina “Nessuno tocchi Ippocrate”, descrive con dovizia di particolari quanto avvenuto nel reparto Ionio/S2 del penitenziario, in un clima di crescente preoccupazione per la sicurezza del personale medico e infermieristico impiegato nei servizi sanitari interni alla struttura.
Secondo la testimonianza dell’infermiera, l’aggressione si è verificata nella serata del 24 giugno, alle ore 20:10 circa. Un detenuto, già noto per precedenti comportamenti violenti, avrebbe improvvisamente dato in escandescenze nei locali dell’infermeria, distruggendo oggetti, attrezzature mediche e arredi, mettendo in serio pericolo l’incolumità fisica del personale presente. La situazione, secondo quanto riportato, si è sviluppata in maniera improvvisa e senza alcun preavviso, lasciando gli operatori sanitari esposti e impossibilitati a contenere l’escalation di violenza. Il detenuto ha proseguito nella sua azione distruttiva anche in altri spazi dell’istituto, arrecando danni rilevanti a monitor, stampanti, telefoni, carrelli per la distribuzione dei farmaci e altri dispositivi elettronici utilizzati nelle attività sanitarie quotidiane.
L’infermiera coinvolta ha descritto nella sua lettera le gravi difficoltà incontrate nel gestire la situazione e la paura per la propria incolumità. Parla apertamente di terrore e impotenza, sentimenti ormai ricorrenti tra chi lavora nella sanità penitenziaria, spesso dimenticata dall’opinione pubblica e dalle istituzioni. “Mai come ieri ho temuto per la mia incolumità fisica”, scrive, sottolineando come episodi di questo tipo stiano diventando frequenti e rappresentino un serio problema per la salute mentale e fisica degli operatori sanitari. La richiesta d’intervento alla Polizia Penitenziaria è stata immediata, ma anche la presenza degli agenti non è bastata a fermare tempestivamente l’aggressione, proseguita per diversi minuti con gravi conseguenze materiali e psicologiche.
Oltre al resoconto dell’accaduto, la lettera inviata ai dirigenti contiene anche un duro atto d’accusa nei confronti del sistema di gestione delle risorse umane e della sicurezza nel contesto penitenziario. L’infermiera denuncia apertamente la mancanza di tutele specifiche per il personale sanitario impiegato in carcere: assenza di indennità di rischio, mancanza di riconoscimento per sede disagiata, e totale assenza di protezioni adeguate contro minacce e aggressioni che si verificano ormai con una certa regolarità. Si evidenzia una condizione lavorativa al limite della sopportazione, con personale lasciato solo ad affrontare situazioni ad alto rischio, senza strumenti adeguati né risposte concrete da parte delle istituzioni competenti.
Le parole utilizzate nella lettera sono chiare e dirette. L’infermiera lancia un appello forte alle autorità affinché vengano adottate misure urgenti per garantire condizioni di lavoro dignitose e sicure a chi ogni giorno svolge il proprio compito in una realtà difficile come quella del carcere di Secondigliano. “In questo istituto non vengono danneggiati solo gli oggetti, ma anche le persone”, si legge in uno dei passaggi più significativi, che racchiude in sé il senso di abbandono e frustrazione di chi vive costantemente esposto a pericoli fisici e psicologici.
La vicenda si inserisce in un contesto più ampio di disagio che attraversa la sanità penitenziaria, troppo spesso trascurata nei dibattiti pubblici e scarsamente rappresentata nei processi decisionali delle amministrazioni sanitarie e penitenziarie. L’associazione “Nessuno tocchi Ippocrate” da tempo denuncia le difficoltà del personale sanitario napoletano, con particolare attenzione a quanto accade negli ambienti a maggiore rischio, come gli ospedali d’urgenza e le strutture carcerarie. Secondo quanto riportato in precedenti comunicazioni dell’associazione, non si tratta di episodi isolati, ma di un vero e proprio clima di tensione quotidiana che mina il benessere psicofisico degli operatori e ne compromette la capacità di offrire assistenza di qualità ai pazienti, siano essi liberi cittadini o persone private della libertà personale.
L’episodio avvenuto nel reparto Ionio/S2 del carcere di Secondigliano rappresenta dunque l’ennesimo campanello d’allarme per un sistema che necessita di interventi urgenti, mirati e strutturali. Non è sufficiente limitarsi alla denuncia di quanto accade: servono risposte concrete, investimenti in sicurezza, riconoscimenti economici e professionali, oltre che una maggiore attenzione da parte della politica e della pubblica amministrazione alle condizioni di lavoro nei contesti penitenziari. Il rischio, altrimenti, è che sempre più operatori decidano di lasciare questi incarichi, rendendo ancora più fragile un servizio già sottodimensionato e in difficoltà.
La voce dell’infermiera aggredita si unisce a tante altre che, negli ultimi mesi, hanno espresso forte preoccupazione per il deteriorarsi delle condizioni lavorative nei presidi sanitari all’interno delle carceri. Un grido d’aiuto che non può più essere ignorato. Affinché la sanità penitenziaria non resti un comparto invisibile, serve un impegno collettivo capace di garantire sicurezza, dignità e rispetto a tutti coloro che ogni giorno operano in prima linea in contesti complessi e spesso dimenticati.
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