Una scena drammatica e purtroppo sempre più frequente si è consumata nei giorni scorsi per le strade di Melito, dove una ragazzina di appena 14 anni è stata aggredita in pieno giorno dal fidanzato diciannovenne. Il giovane, già noto alle forze dell’ordine, ha scatenato la sua violenza non solo contro la ragazza ma anche contro il padre di lei, intervenuto per difenderla. L’episodio si inserisce in un clima già reso tesissimo dalla recente tragedia di Afragola, dove la giovanissima Martina Carbonaro, coetanea della vittima di Melito, è stata uccisa barbaramente dall’ex fidanzato. Anche in questo caso, la gelosia morbosa è stata il movente scatenante. Anche in questo caso, la vittima è una ragazzina, una minorenne. Anche in questo caso, la paura ha provato a mettere il silenziatore alla denuncia. Ma questa volta, fortunatamente, la storia non è finita in tragedia.
Secondo quanto ricostruito da fonti giornalistiche, tra cui Il Mattino, la ragazza – che chiameremo Paola per tutelarne l’identità – stava camminando con il padre quando è stata raggiunta dal fidanzato. Il ragazzo non ha proferito molte parole: ha agito con brutalità e furia cieca, scagliandosi con pugni e calci contro la quattordicenne. Un’aggressione violenta e inaudita, che ha gettato nel panico chi ha assistito alla scena. Il padre della giovane, inorridito, ha cercato di frapporsi tra la figlia e l’aggressore, ma è stato anch’egli colpito, preso a pugni con una violenza che fa pensare più a un agguato che a un semplice gesto d’impeto. Il pestaggio si è consumato in strada, davanti agli occhi increduli dei passanti, che hanno dato l’allarme. Una volta giunti sul posto, i carabinieri si sono trovati davanti a un doppio dramma: una ragazza ferita, visibilmente scossa, con lesioni importanti, e un padre impaurito ma deciso a proteggere la figlia fino in fondo.
La giovane è stata trasportata in ospedale, dove i medici hanno stabilito una prognosi di trenta giorni. Trenta giorni per guarire dalle ferite fisiche, ma nessuno può stabilire quanto tempo sarà necessario per rimarginare quelle psicologiche. La paura iniziale della ragazza di sporgere denuncia è stata comprensibile, data la giovane età e la condizione emotiva, ma grazie all’intervento delle forze dell’ordine e all’incoraggiamento di chi le è stato vicino, la denuncia è stata presentata. Un atto di coraggio che potrebbe averle salvato la vita. Perché spesso, troppo spesso, queste storie iniziano con un’aggressione e finiscono in tragedia, come accaduto ad Afragola, dove Martina è stata uccisa dal suo ex nonostante le segnalazioni, nonostante i timori già espressi alla famiglia e agli amici.
Il diciannovenne è stato denunciato e ora la vicenda è nelle mani degli inquirenti. Saranno loro a ricostruire l’intera dinamica e a valutare le responsabilità. Ma intanto, la comunità di Melito si interroga. Com’è possibile che un ragazzo così giovane, già noto alle forze dell’ordine, sia stato libero di colpire con questa ferocia? Com’è possibile che nel 2025, a pochi chilometri da Napoli, una ragazzina non possa camminare per strada senza rischiare la vita o l’incolumità fisica a causa di una relazione sentimentale con una persona instabile e violenta? Domande che non trovano risposte facili, ma che risuonano sempre più forti tra i cittadini, tra le famiglie, tra le madri che vedono nelle cronache una minaccia quotidiana ai propri figli.
Il caso ha scosso anche le istituzioni locali. Sono sempre di più le voci che chiedono un potenziamento degli strumenti di prevenzione e di tutela per le giovani vittime di violenza. Non si tratta solo di educazione sentimentale, ma di un vero e proprio sistema di protezione capillare e tempestiva, che possa intervenire prima che la violenza esploda. Serve ascolto, serve formazione, servono sportelli dedicati, serve l’applicazione rapida di misure restrittive quando emerge un profilo a rischio. Perché la verità è che questa non è una storia isolata. È una scheggia di un problema molto più grande. Un problema culturale, sociale, sistemico.
La similitudine con la tragica fine di Martina è inevitabile. Entrambe avevano 14 anni. Entrambe coinvolte in storie sentimentali troppo grandi per la loro età, troppo sbilanciate per essere sane. Entrambe vittime della gelosia maschile trasformata in possesso, in violenza, in brutalità. La differenza, in questo caso, l’ha fatta forse un attimo. O forse il coraggio del padre. O forse l’arrivo tempestivo delle forze dell’ordine. Ma non possiamo affidarci al caso o alla fortuna. Serve un cambio di passo. Serve che ogni episodio come questo venga seguito, raccontato, denunciato. Perché dietro ogni storia c’è una vita. E ogni vita va protetta, anche e soprattutto quando è così giovane da non sapere ancora difendersi da sola.
A Melito, oggi, una ragazzina può dire di essere salva. Ma domani? Domani potremmo essere di nuovo qui, a raccontare l’ennesima aggressione, l’ennesimo femminicidio, l’ennesima giovane vita spezzata. Non basta più indignarsi. È il momento di agire, di intervenire, di costruire una rete che impedisca a queste storie di ripetersi. Perché Paola non diventi un altro nome da ricordare troppo tardi. Perché Martina non sia morta invano. Perché la paura, finalmente, lasci spazio alla giustizia. E alla libertà.
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