Il Giro d’Italia è passato per Napoli e, come ogni volta in cui un grande evento attraversa le strade partenopee, la città si è fermata. Non solo in senso simbolico, ma letteralmente. Strade chiuse, traffico impazzito, collegamenti saltati, cittadini bloccati per ore, turisti smarriti, tassisti infuriati. Una festa dello sport trasformata in un incubo per migliaia di persone, specialmente per chi, come sempre, abita e lavora tra le zone più periferiche e già penalizzate della città come Secondigliano, Casoria, Casavatore, Miano, San Pietro a Patierno e dintorni.
Fin dalle prime ore della mattina, l’arrivo della carovana rosa ha cominciato a far sentire i suoi effetti. Nonostante un piano traffico annunciato con anticipo, l’intero impianto viario cittadino è collassato. Strade chiuse lungo tutto il percorso, comprese le arterie strategiche come Corso Malta, la rampa della Tangenziale in direzione Paesi Vesuviani, la zona di Poggioreale e via Cassano a Secondigliano, hanno creato un effetto domino che ha mandato in tilt anche le vie di accesso a Napoli dall’area nord, come la Circumvallazione esterna Giugliano-Quarto. Il colpo di grazia, poi, è arrivato con la pioggia e l’allerta meteo che nel pomeriggio hanno complicato ulteriormente la situazione, rendendo impossibile la normale circolazione anche nei pochi tratti ancora percorribili.
Chi si trovava nei pressi dell’aeroporto di Capodichino ha vissuto ore da incubo. Centinaia di viaggiatori diretti al Molo Beverello hanno perso i collegamenti per le isole, mentre i tassisti cercavano, invano, di farsi largo tra code chilometriche e blocchi improvvisi. È qui che esplode la rabbia della categoria, già provata da mesi di emergenza traffico quotidiano, ora ridotta all’esasperazione. L’associazione dei tassisti di base ha diramato una nota durissima in cui denuncia non solo l’inefficacia del dispositivo messo in campo per l’evento, ma anche la cronica assenza di una visione sostenibile della mobilità urbana. Secondo i tassisti, il vero problema non è il Giro d’Italia, che anzi rappresenta un momento importante per la visibilità della città, ma la scelta sistematica di non intervenire sulla riduzione del traffico privato. “Ancora una volta – scrivono – si è scelta la via più semplice ma meno efficace: non si limita il traffico privato, ma si penalizzano i cittadini e i turisti che utilizzano il trasporto pubblico e collettivo. Il risultato è una città congestionata e inospitale”.
Il malcontento non si ferma ai tassisti. Sui social si moltiplicano i video, le testimonianze, le foto di automobilisti bloccati per ore, di autobus fermi con i passeggeri costretti a scendere, di mamme con i passeggini sotto la pioggia in attesa di una metro chiusa per “motivi di sicurezza”. Come accaduto a piazza Municipio, dove le stazioni delle Linee 1 e 6 sono rimaste sbarrate per ore, con flussi deviati su Toledo, già di per sé sovraccarica. A quel punto, la situazione è diventata insostenibile non solo per la mobilità ma anche per la sicurezza. La città è sembrata piegarsi su sé stessa, incapace di gestire il peso di un evento sportivo e il diritto di movimento dei propri cittadini.
Eppure, anche la corsa ha vissuto un momento drammatico. Poco dopo le 15, una maxi-caduta ha coinvolto diversi atleti. Tragedia sfiorata e gara sospesa per oltre un’ora. L’atleta sloveno Tratnik, insieme a Dani Martinez, Aleotti e Hindley (quest’ultimo, ex maglia rosa e costretto al ritiro), ha generato uno sbandamento che ha coinvolto gran parte del gruppo. La giuria ha deciso di neutralizzare la tappa per 60 km e annullare punteggi e distacchi. L’unico elemento valido resta l’ordine d’arrivo finale. Ironia della sorte: mentre sulle strade di Napoli cittadini e turisti cercavano di salvarsi dalla paralisi, anche il Giro arrancava, metaforicamente e fisicamente, lungo il suo percorso verso il traguardo.
E alla fine, come accade sempre, tutto si è chiuso senza un vero bilancio pubblico. Nessuna voce dall’alto, nessuna richiesta di scuse o riflessione sul futuro. Le strade hanno riaperto dopo le 18, la città ha lentamente ripreso il suo solito ritmo disordinato, e il popolo di Napoli – quello che vive nelle periferie, che lavora nei quartieri dimenticati, che si muove tra Secondigliano e il centro con autobus affollati e strade dissestate – ha aggiunto un altro giorno alla lunga lista di fatiche quotidiane.
Quello che resta è l’amarezza. Non per il Giro d’Italia, che rimane un grande evento e una festa dello sport, ma per una città che sembra non riuscire mai a prepararsi davvero a nulla. Né agli eventi eccezionali, né alla routine. E in mezzo, come sempre, ci sono i napoletani. Quelli veri. Quelli che non chiedono la luna, ma solo di poter arrivare puntuali al lavoro, accompagnare i figli a scuola senza l’incubo del traffico, muoversi liberamente nella propria città senza sentirsi ogni volta ostaggi di scelte sbagliate.
Una voce per Secondigliano, ancora una volta, è anche una voce per Napoli. Quella Napoli che resiste, arrabbiata e stanca, ma che ogni giorno è costretta a reinventarsi un modo per andare avanti, anche quando tutto sembra remare contro. E oggi, purtroppo, il vento soffiava forte contro tutti.