Il 22 luglio 2024, intorno alle 22:30, un ballatoio del terzo piano della Vela Celeste, uno degli edifici simbolo del quartiere Scampia di Napoli, crollò improvvisamente. Il cedimento strutturale provocò la morte di tre persone e numerosi feriti, tra cui diversi bambini. A distanza di quasi un anno, le conseguenze di quella tragedia sono ancora ben visibili, sia dal punto di vista sociale che sanitario.
Uno dei casi più gravi è quello di Martina Russo, oggi 25enne, che in seguito al crollo ha riportato un severo trauma cranico. La giovane è attualmente ricoverata presso l’ospedale Cardarelli di Napoli e necessita di un percorso di riabilitazione neurologica specialistica. La situazione clinica è complessa, e a complicare ulteriormente il quadro c’è l’impossibilità, finora, di ottenere un posto in convenzione in una struttura adeguata.
La famiglia Russo si è già rivolta a due centri di eccellenza per la riabilitazione neurologica: l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (Isernia) e la Maugeri di Telese Terme (Benevento). Entrambe le strutture, però, hanno comunicato di non poter accogliere Martina per assenza di posti convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale.
L’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate, da tempo attiva in ambito sanitario sul territorio campano, ha rilanciato l’appello attraverso i propri canali social. Il messaggio pubblicato su Facebook invita le istituzioni e la rete sanitaria a mobilitarsi per trovare una soluzione al caso di Martina. “Ha perso il marito nella tragedia ed è ancora ricoverata in ospedale: ha bisogno urgentemente di un centro specializzato in riabilitazione neurologica”, si legge nel post. L’associazione ha reso pubblico anche un contatto diretto, quello della sorella della ragazza, Maria (3511425766), per chiunque possa offrire supporto o indicazioni utili.
Il caso di Martina, purtroppo, non è isolato. La tragedia del 2024 ha riaperto il dibattito sulle condizioni strutturali delle Vele e, più in generale, sulla tenuta edilizia degli insediamenti popolari costruiti negli anni Settanta e Ottanta. In particolare, la Vela Celeste era già da tempo oggetto di segnalazioni per degrado e rischio crolli. Tuttavia, come spesso accade, gli interventi di messa in sicurezza non sono mai arrivati in tempo.
Oggi, a quasi un anno dai fatti, Scampia continua a chiedere risposte. Lo fa attraverso le famiglie colpite, le associazioni sul territorio e i cittadini che non vogliono che la vicenda finisca nel dimenticatoio. Il caso di Martina rappresenta un simbolo di una comunità che, pur ferita, cerca di reagire. Una richiesta di aiuto concreta, che passa per l’accesso alle cure, ma anche per una riflessione più ampia sulle responsabilità istituzionali e sulle politiche sanitarie e abitative nei quartieri periferici.
Restano aperti diversi interrogativi: perché non è stato possibile, in tutti questi mesi, garantire un percorso riabilitativo adeguato alla giovane donna? Quali sono le prospettive per le famiglie delle vittime e dei feriti? E quali azioni si stanno mettendo in campo per evitare che episodi simili possano ripetersi?
Il tempo trascorso non ha cancellato il dolore, ma ha reso ancora più evidente la necessità di risposte concrete. Intanto, l’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate annuncia nuove iniziative per riportare il caso all’attenzione delle istituzioni regionali e nazionali. L’obiettivo è duplice: trovare una struttura per Martina e sollecitare interventi strutturali su tutto il territorio, a partire dai quartieri più fragili come Scampia.
Il grido di aiuto della famiglia Russo è oggi anche un appello alla memoria collettiva: non dimenticare quanto accaduto e trasformare quella tragedia in un’occasione per rimettere al centro la dignità delle persone e il diritto alla salute.
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