A San Pietro a Patierno, nel cuore del cosiddetto "Bronx", la vita quotidiana è sospesa. Due famiglie da mesi si contendono il controllo del territorio a colpi di minacce, violenze, aggressioni e intimidazioni che hanno gettato il quartiere nel panico. Una guerra silenziosa, ma nemmeno troppo, fatta di auto sfasciate a sprangate in pieno giorno, pestaggi documentati sui social, urla nella notte che nessuno osa più commentare ad alta voce. In questo spicchio di Napoli, alle porte del centro, la legge sembra essersi fermata a un confine invisibile, oltre il quale regna il sopruso.
Tutto comincia circa due mesi fa, quando tensioni sopite tra due nuclei familiari esplodono con furia. Secondo alcune fonti raccolte sul campo, la miccia che ha fatto deflagrare lo scontro sarebbe da rintracciare nei traffici di droga che, nonostante anni di interventi e retate, continuano a rappresentare una fonte di ricchezza e potere per chi controlla certe aree. Gli interessi sono enormi, e il terreno fertile: disoccupazione, degrado urbano, marginalità sociale sono la culla ideale per il proliferare delle attività criminali.
Una delle due famiglie coinvolte è tristemente nota alle cronache giudiziarie. Il capofamiglia, un 48enne napoletano, era stato arrestato mesi fa per aver picchiato brutalmente il figlio quindicenne, reo di aver fatto coming out. Una storia di violenza domestica che aveva già indignato l’opinione pubblica. Ora, quell'uomo è agli arresti domiciliari, ma il suo nome torna a risuonare in una nuova spirale di sangue e paura.
Il quartiere racconta una storia diversa da quella dei comunicati ufficiali. A parlare sono i video, le foto, i messaggi vocali che i residenti, terrorizzati ma stanchi di vivere sotto scacco, inviano a chi ancora è disposto ad ascoltarli. Tra loro il deputato Francesco Emilio Borrelli, che ha raccolto decine di segnalazioni e, armato di telecamera e coraggio, si è recato personalmente nel Bronx per documentare la situazione.
Nei filmati si vede di tutto: auto devastate con mazze di ferro, pestaggi brutali in strada, minacce urlate a pochi metri da pattuglie della Polizia che sembrano impotenti o inadeguate a fermare l’onda di violenza. Un residente racconta, con la voce rotta dall’emozione: "Dopo che ci hanno distrutto l’auto, hanno pestato mia sorella e mio cognato, spedendoli all’ospedale. Hanno minacciato anche il mio titolare: per questo ho perso il lavoro. Abbiamo denunciato tutto, ma nessuno ci protegge". È la voce della disperazione, di chi si sente abbandonato dallo Stato e ormai vede nella fuga l’unica soluzione possibile.
Il Bronx di San Pietro a Patierno non è nuovo a certe dinamiche, ma questa volta la faida si distingue per l’assoluta sfacciataggine con cui viene condotta. Gli aggressori non temono di farsi filmare, non temono la presenza delle forze dell’ordine, anzi: ostentano il loro potere come un trofeo. Un messaggio chiaro: "Qui comandiamo noi".
San Pietro a Patierno è un quartiere che da decenni lotta per riscattarsi dall'immagine stereotipata di roccaforte della camorra. In tanti ci provano, ogni giorno: commercianti, associazioni, giovani che non vogliono piegarsi al destino scritto da altri. Eppure, episodi come quello di queste settimane cancellano in pochi attimi anni di faticosi tentativi di normalizzazione. "Viviamo barricati in casa – racconta un'altra residente –. Non possiamo nemmeno portare il cane a fare una passeggiata senza rischiare di trovarci nel mezzo di una rissa. Siamo ostaggi nelle nostre stesse case".
La sensazione, raccogliendo testimonianze nel rione, è che il confine tra vittime e carnefici sia sempre più labile. In molti scelgono il silenzio per paura di ritorsioni. Denunciare non basta: le forze dell’ordine, pur presenti, sembrano insufficienti a garantire la sicurezza di tutti. Chi parla rischia. Chi tace si arrende.
Il deputato Borrelli ha usato toni durissimi nel commentare la situazione: "Siamo di fronte a una sfida allo Stato. Questa non è solo criminalità di quartiere, è un attacco frontale alla legalità e alla convivenza civile. Serve un intervento radicale, servono uomini e mezzi. Se non agiamo ora, piangeremo nuove vittime innocenti". Il parlamentare ha promesso di continuare a seguire da vicino il caso, portandolo all’attenzione delle più alte cariche istituzionali.
Nel frattempo, il Bronx resta una polveriera pronta a esplodere. Gli animi sono tesi, la rabbia cresce, il senso di abbandono pure. In strada si vedono sempre meno persone. I negozi chiudono prima, alcuni serrano definitivamente. I più giovani, quelli che ancora avevano creduto in un possibile riscatto, parlano di andarsene. "Qui non c’è futuro", ripetono come un mantra. "Se non hai paura, sei uno di loro. E noi non vogliamo diventarlo".
Il rischio più grande, in questi scenari, non è solo quello di nuovi episodi di violenza. È il rischio che si consolidi una cultura dell'impunità, una convinzione radicata che chi ha più forza può tutto. Una deriva pericolosa non solo per San Pietro a Patierno, ma per l'intera città di Napoli.
La lotta per il Bronx non si vince solo con le retate e i posti di blocco. Si vince con la presenza dello Stato, costante e visibile. Si vince con investimenti veri in sicurezza, lavoro, scuola, cultura. Si vince ridando speranza a chi oggi vive murato nella paura. E per farlo serve una volontà politica chiara, una strategia a lungo termine, non solo interventi spot sull’onda dell’emergenza.
A oggi, quella volontà resta da dimostrare. E mentre le istituzioni tergiversano, a San Pietro a Patierno la notte cala sempre più presto. E porta con sé l'eco delle urla, dei vetri rotti, della violenza che nessuno riesce – o vuole – fermare.
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