C'è un luogo a Secondigliano che dovrebbe rappresentare silenzio, rispetto, raccoglimento. Un luogo dove si onora la memoria di chi non c’è più, dove ogni passo tra i vialetti dovrebbe essere un gesto carico di affetto, ogni fiore deposto un tributo silenzioso all’amore che sopravvive alla morte. E invece oggi, nel cimitero di Secondigliano, si cammina tra buche, si scavalcano erbacce, si inciampa nell’indifferenza. A denunciare con forza questa situazione è Alfredo Di Domenico, attivista e cittadino attento, che ha voluto documentare con immagini e parole una realtà che dovrebbe scuotere le coscienze, non solo dei residenti ma soprattutto di chi amministra.
Il cimitero non è semplicemente un’infrastruttura pubblica, è il cuore simbolico di una comunità. È lì che ognuno torna, di tanto in tanto, per sentirsi più vicino a chi ha amato. È lì che i bambini imparano a portare un fiore al nonno, che gli anziani sussurrano preghiere al marito, che le madri piangono in silenzio i figli troppo presto volati via. Eppure, quello che dovrebbe essere un giardino della memoria è diventato una distesa di incuria e trascuratezza, dove la natura cresce senza controllo e la manutenzione sembra una parola dimenticata.
Nelle foto condivise da Di Domenico – che hanno rapidamente fatto il giro dei gruppi social locali – si vedono aiuole lasciate all’abbandono, vialetti impraticabili per la presenza di voragini e pietre sconnesse, lapidi sporche di terra sollevata dal vento e dalla pioggia, a cui nessuno sembra voler più dare dignità. Il colpo d’occhio è doloroso. Ma ancora più doloroso è il senso di abbandono che si percepisce. Le istituzioni, interrogate da tempo su questo tema, sembrano latitare. Promesse, sopralluoghi, impegni annunciati, ma a oggi nulla è cambiato. Il degrado avanza, e con esso cresce la frustrazione di un’intera comunità che chiede soltanto rispetto.
Perché il rispetto non ha bisogno di proclami né di conferenze stampa. Il rispetto si dimostra con piccoli gesti, come una squadra di manutenzione che taglia l’erba una volta al mese, come un operaio che sistema una buca pericolosa, come una semplice pulizia regolare degli spazi comuni. È in questi dettagli che una città mostra quanto tiene alla propria gente, viva o defunta che sia. E invece, al cimitero di Secondigliano, sembra che il tempo si sia fermato in una dimensione di degrado cronico, dove l’indifferenza ha messo radici più profonde delle stesse piante infestanti.
Secondigliano non è un quartiere che si arrende. È un quartiere che parla, che lotta, che denuncia. L’intervento di Alfredo Di Domenico è l’ennesima voce che si leva per chiedere decoro, per chiedere giustizia. E se è vero che la memoria è parte integrante dell’identità di un popolo, allora è urgente restituire a quel cimitero la dignità che gli spetta. Non si tratta solo di opere di manutenzione, ma di un dovere morale nei confronti delle generazioni che ci hanno preceduto.
I cittadini non possono più essere lasciati soli a difendere i luoghi della memoria. Serve un impegno concreto, immediato e costante. Servono fondi, certo, ma serve soprattutto volontà. Quella volontà politica e amministrativa che oggi pare assente, e che invece dovrebbe manifestarsi con forza proprio nei luoghi dove la vita si ferma e inizia il ricordo.
La speranza è che questa denuncia, l’ennesima, possa finalmente scuotere le coscienze. Che chi ha responsabilità istituzionale comprenda che non si può ignorare ancora, che la cura di un cimitero non è una questione secondaria. È, anzi, uno specchio della civiltà di una città, di una comunità intera. E Secondigliano merita molto di più. Merita silenzio, sì, ma non silenzio amministrativo. Merita pace, ma non abbandono. Merita, soprattutto, rispetto.
Posta un commento
0Commenti