Cinque anni. Sono trascorsi già cinque anni dalla notte in cui Pasquale Apicella, per tutti Lino, ha perso la vita a Napoli, a soli 37 anni, mentre svolgeva il suo dovere. Era la notte del 27 aprile 2020, quando Lino, in servizio presso il Commissariato di Secondigliano, intervenne insieme a un collega per tentare di sventare una rapina in banca. Quel turno di pattuglia, iniziato come tanti altri, si trasformò in tragedia a Calata Capodichino, una delle porte di ingresso della città, dove il destino lo attendeva dietro una curva, nella collisione violenta con i banditi in fuga.
Pasquale Apicella era conosciuto non solo all'interno della Polizia di Stato, ma anche tra i residenti di Secondigliano, come un agente umano, vicino alla gente, sempre pronto ad ascoltare e a intervenire senza mai perdere la calma. Lino rappresentava la parte migliore della città, quella che non si arrende all'illegalità, che lotta giorno per giorno, che non fa notizia se non nel momento del sacrificio estremo. Quel 27 aprile, Napoli ha perso uno dei suoi figli migliori. Un ragazzo semplice, cresciuto con il valore della famiglia e il senso profondo dello Stato. Un marito devoto, un padre amorevole di due bambini troppo piccoli per capire subito cosa significasse la sua assenza.
La dinamica di quella notte è impressa ancora nella memoria di chi ama Napoli e di chi indossa una divisa. La chiamata di emergenza arrivò alla centrale operativa intorno alle tre del mattino: una banda stava tentando un furto in una filiale bancaria. Lino e il suo collega si lanciarono all'inseguimento dei sospetti che, a bordo di un'auto rubata, stavano tentando di far perdere le proprie tracce. A Calata Capodichino, l’auto dei rapinatori, lanciata a folle velocità e senza alcun rispetto per la vita altrui, piombò contro la volante di Apicella. L’impatto fu devastante. Il poliziotto morì sul colpo. Una vita spezzata in un istante, per un senso del dovere che lo aveva sempre accompagnato.
Oggi, a distanza di cinque anni, il sacrificio di Pasquale Apicella non è stato dimenticato. Ogni anno, in prossimità dell’anniversario, le istituzioni, i colleghi, gli amici, ma anche semplici cittadini, si riuniscono per ricordare il suo coraggio. Gli sono stati intitolati giardini, vie, e spazi pubblici, non solo a Napoli ma anche in altri comuni della Campania, come segno tangibile di un riconoscimento che va oltre la circostanza della tragedia. Nel 2021, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito a Pasquale Apicella la Medaglia d’Oro al Valor Civile alla memoria, definendo il suo gesto “esempio luminoso di altissimo senso del dovere e di non comune coraggio”.
Il volto di Lino è oggi simbolo di ciò che significa essere al servizio dello Stato in territori difficili, dove il confine tra la legalità e l’illegalità è sottile e pericoloso. Ma è anche simbolo di una Napoli che esiste, che non fa clamore, che ogni giorno combatte per la giustizia in silenzio. A chi lo conosceva, Lino manca ogni giorno. Manca il suo sorriso, la sua gentilezza, la sua voglia di vivere. E manca soprattutto ai suoi figli, che dovranno crescere conoscendo il padre attraverso i racconti, le foto, gli aneddoti di chi lo ha amato e rispettato.
Le udienze del processo contro i responsabili della sua morte si sono concluse con condanne severe, ma nessuna sentenza potrà mai restituire alla famiglia Apicella l'uomo che hanno perso. La moglie, accanto ai due bambini, porta avanti con dignità una battaglia silenziosa: quella di tenere vivo il ricordo di Lino non solo come vittima, ma come esempio positivo da trasmettere alle nuove generazioni.
Pasquale “Lino” Apicella non era un eroe da copertina. Era un uomo normale, un poliziotto che amava il suo mestiere, che aveva scelto di stare vicino alla sua comunità senza risparmiarsi mai. Non cercava riconoscimenti, né onori. Teneva alla sua divisa come si tiene a qualcosa di prezioso, la indossava ogni giorno con la consapevolezza che dietro quella stoffa c'era una promessa di protezione, un impegno morale verso il prossimo.
In questi cinque anni, molte cose sono cambiate. La pandemia che faceva da sfondo alla sua morte ha modificato profondamente la società. Eppure, il ricordo di quella notte a Calata Capodichino continua a scuotere le coscienze. Ogni volta che si parla di Lino, emerge il dolore per una vita spezzata troppo presto, ma anche l’orgoglio di aver avuto uomini come lui a difendere i valori fondamentali della convivenza civile.
Napoli, città complessa e piena di contraddizioni, sa essere madre amorevole ma anche matrigna crudele. Lino aveva scelto di rimanere, di lavorare nella sua terra, consapevole dei rischi ma determinato a non arrendersi. Oggi, chi percorre Calata Capodichino non può fare a meno di ricordare che proprio lì, cinque anni fa, un giovane poliziotto ha perso la vita per difendere tutti noi.
Nel tessuto della memoria collettiva, il nome di Pasquale Apicella è ormai intrecciato con quelli di altri servitori dello Stato caduti in servizio. Ma la sua storia ha un tratto unico, autentico, umano. Non è solo la storia di una divisa, è la storia di un ragazzo, di un marito, di un padre. Di una scelta di vita portata avanti con coerenza fino all’estremo sacrificio.
Cinque anni dopo, Napoli continua a dire grazie a Lino. Le scuole parlano di lui agli studenti, le associazioni antimafia lo ricordano nei loro incontri, i colleghi lo portano nel cuore durante ogni turno difficile. Perché la memoria di Pasquale Apicella non è solo una questione privata: è un patrimonio civile che appartiene a tutti. A chi crede ancora che onestà, impegno e coraggio possano fare la differenza.
E mentre il tempo scorre, e i bambini di Lino crescono, resta vivo il compito di tutti noi: raccontare chi era, cosa rappresentava, perché ha scelto di rischiare tutto quella notte. Perché nessun sacrificio è vano se continua a generare esempio e speranza. E Pasquale Apicella, il nostro Lino, continuerà a vivere ogni volta che qualcuno, davanti a una scelta difficile, deciderà di stare dalla parte giusta, anche a costo di tutto.