Secondigliano vive giorni di tensione crescente mentre l’inchiesta della Procura di Napoli, che ha già inferto un duro colpo alle “paranze” dei Licciardi, si prepara ad allargare il proprio raggio d’azione. Secondo quanto riferito da fonti investigative, l’operazione finora si è concentrata principalmente sul gruppo radicato nel rione Don Guanella, ma gli occhi degli inquirenti sono già puntati sulla Masseria Cardone a Miano, considerata da sempre il vero cuore operativo e strategico della famiglia Licciardi. Questo spostamento dei riflettori preannuncia sviluppi potenzialmente devastanti per l’organizzazione criminale che per decenni ha rappresentato un cardine dell’Alleanza di Secondigliano, imponendo la propria influenza con un’efficienza quasi militare.
La struttura dei Licciardi, storicamente chiusa e impermeabile a infiltrazioni e defezioni, appare oggi più fragile che mai, scossa dalle dichiarazioni di nuovi collaboratori di giustizia che stanno fornendo agli inquirenti un quadro dettagliato dei meccanismi interni. Per un’organizzazione costruita sul silenzio e sulla lealtà assoluta, la parola dei pentiti rappresenta una minaccia esistenziale. Mai come in questo momento, le rivelazioni stanno permettendo di ricostruire la complessa mappa del potere, gli affari illeciti e le alleanze strette con altre consorterie criminali, delineando uno scenario di guerra sotterranea che rischia di destabilizzare gli equilibri nella vasta area nord di Napoli.
Determinante, in questo nuovo corso investigativo, è stato il contributo di due collaboratori di giustizia: Salvatore Roselli, conosciuto nell’ambiente come “frizione”, e Vincenzo Iuorio. Le loro testimonianze hanno alimentato una serie di filoni d’indagine, consentendo di documentare episodi di estorsione, traffico di droga e intimidazioni sistematiche. È grazie a queste dichiarazioni che mercoledì scorso gli agenti della prima sezione della squadra mobile, coordinati dal dirigente Giovanni Leuci, hanno potuto eseguire un’ordinanza cautelare che ha portato all’arresto di otto figure chiave del clan.
Tra le persone finite in carcere figurano Antonio Bruno, detto Michelò, indicato come una delle menti strategiche del gruppo, e Renato Esposito, anch’egli considerato elemento apicale. Insieme a loro, sono stati arrestati Vincenzo Caiazzo, conosciuto come ‘capozzella’, Gianfranco Fasano, Raffaele Fiore, Francesco Mingacci, soprannominato Tatta, Vincenzo Pernice, detto o Pe’, e Gennaro Antonio Sautto. Per gli investigatori, Bruno ed Esposito erano ai vertici operativi della “paranza” del Don Guanella, gestendo le principali attività criminali con metodi ferrei e gerarchici.
La peculiarità di questa nuova fase giudiziaria risiede non solo nella quantità di elementi raccolti, ma soprattutto nella qualità delle informazioni fornite dai collaboratori, che stanno svelando dinamiche finora sconosciute anche agli osservatori più attenti. Gli inquirenti ritengono che il metodo di gestione adottato dai Licciardi, fondato su un controllo capillare del territorio e su una rete di rapporti interpersonali stretti e consolidati, sia oggi messo seriamente in discussione. Le stesse fondamenta dell’Alleanza di Secondigliano, un cartello criminale capace di superare le faide storiche tra clan rivali per perseguire interessi comuni, appaiono minate dall’interno.
Il futuro dell’indagine appare carico di sviluppi. La Procura intende infatti approfondire i collegamenti tra il gruppo del Don Guanella e il quartier generale di Miano, dove si sospetta che si concentrino le vere decisioni strategiche. La Masseria Cardone, già teatro in passato di summit mafiosi e di operazioni di polizia, potrebbe tornare al centro di nuove attività investigative, con l’obiettivo di smantellare definitivamente la cupola che da anni governa nell’ombra i destini di vasti settori della città.
In un contesto dove l’omertà ha spesso rappresentato il principale ostacolo alla giustizia, la scelta di collaborare di alcuni membri storici segna un cambiamento epocale. È un segnale che fa tremare i vertici criminali e che riaccende la speranza tra i cittadini onesti di Secondigliano e di tutta l’area nord di Napoli, stanchi di vivere sotto il peso di un potere silenzioso ma soffocante.
Resta ora da vedere se le istituzioni sapranno capitalizzare questa finestra di opportunità. Se da un lato l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine appare determinata come non mai, dall’altro sarà fondamentale accompagnare l’azione repressiva con una strategia di lungo periodo basata su interventi sociali, culturali ed economici. Senza un cambiamento strutturale, il rischio è che, caduti i vecchi capi, altri siano pronti a prenderne il posto, alimentando un ciclo infinito di violenza e sopraffazione.
La sfida è dunque duplice: sconfiggere il clan Licciardi non solo nelle aule di tribunale ma anche nei quartieri, restituendo dignità e futuro a comunità che per troppo tempo hanno vissuto all’ombra della criminalità organizzata. La battaglia è appena iniziata, ma mai come oggi sembra possibile immaginare un domani diverso per Secondigliano e per l’intera area nord di Napoli.