Un incendio doloso ha colpito nella notte tra sabato e domenica l’agenzia funebre “Celestiale”, situata in cupa detta Santa Cesarea, nel quartiere di Miano, a Napoli. L’evento, avvenuto poco dopo la mezzanotte, ha immediatamente sollevato interrogativi sulla matrice dell’attacco, alimentando il sospetto che possa trattarsi di un’intimidazione legata al racket delle estorsioni, un fenomeno tristemente diffuso in alcune zone della città.
L’allarme è stato lanciato grazie a una chiamata anonima al 113, che ha consentito alle forze dell’ordine di intervenire tempestivamente. La sala operativa della questura di Napoli, guidata dal dirigente Antonio Cristiano, ha immediatamente inviato sul posto alcune volanti, che hanno constatato la veridicità della segnalazione. A supporto sono giunti anche i vigili del fuoco, i quali, dopo aver domato le fiamme, hanno confermato la natura dolosa dell’incendio. Tracce evidenti di liquido infiammabile, presumibilmente benzina, sono state rinvenute nei pressi della serranda dell’agenzia, suggerendo un’azione premeditata da parte dei responsabili.
Secondo le prime ricostruzioni, due individui a bordo di uno scooter sarebbero i responsabili del gesto. Gli ignoti avrebbero cosparso la parte inferiore della saracinesca con il liquido infiammabile per poi appiccare il fuoco utilizzando un accendino, prima di darsi rapidamente alla fuga. L’assenza di telecamere nelle immediate vicinanze complica il lavoro degli investigatori, che stanno cercando di ricostruire l’accaduto attraverso le testimonianze di residenti e commercianti della zona. Tuttavia, le informazioni raccolte finora risultano frammentarie e non sufficienti a identificare i colpevoli.
I titolari dell’agenzia funebre, giunti sul posto dopo essere stati informati dell’accaduto, sono stati interrogati dalle forze dell’ordine per cercare di comprendere se potessero essere stati vittime di intimidazioni o minacce nei giorni precedenti l’attacco. Tuttavia, hanno dichiarato di non aver mai ricevuto richieste di denaro o avvertimenti da parte della criminalità locale, lasciando aperta la porta a ulteriori ipotesi investigative.
Nonostante la mancanza di prove dirette, l’ombra del racket rimane presente, soprattutto considerando il contesto criminale in cui l’episodio si inserisce. La zona di Miano è da tempo teatro di scontri tra clan rivali per il controllo delle attività illecite, tra cui lo spaccio di droga e le estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori locali. Solo una settimana fa, il quartiere è stato scosso dal duplice omicidio di Salvatore Avolio e Francesco Abenante, entrambi legati al gruppo Pecorelli-Catone, il cui assassinio ha riacceso tensioni tra le fazioni in lotta per il predominio del territorio.
Questa recrudescenza della violenza non è un caso isolato. Negli ultimi mesi, la camorra ha intensificato le proprie attività, alternando omicidi mirati a intimidazioni come incendi dolosi e atti vandalici, strumenti con cui i clan cercano di riaffermare la propria supremazia e controllare le economie criminali locali. Il racket rappresenta uno dei principali strumenti di finanziamento della criminalità organizzata e chi si rifiuta di piegarsi alle richieste estorsive può diventare bersaglio di attacchi dimostrativi, volti a incutere terrore non solo alla vittima diretta, ma a tutta la comunità.
L’incendio dell’agenzia funebre “Celestiale” si inserisce, dunque, in una dinamica più ampia di pressione criminale sul territorio. L’obiettivo di attacchi simili è quello di far comprendere che nessuno può ritenersi al sicuro, neanche chi, come dichiarato dai titolari dell’agenzia, non ha mai ricevuto richieste dirette. La strategia del terrore viene spesso utilizzata come primo passo prima di avanzare richieste esplicite di denaro, e l’assenza di una minaccia precedente non esclude che il gesto possa essere legato a una futura richiesta estorsiva.
Le forze dell’ordine, consapevoli della gravità della situazione, stanno intensificando i controlli nella zona, con l’obiettivo di scoraggiare ulteriori azioni criminali e individuare i responsabili dell’attacco. La Squadra Mobile di Napoli sta lavorando su più fronti: dall’analisi delle telecamere di sorveglianza presenti nelle vie limitrofe, alla raccolta di testimonianze utili a ricostruire i movimenti sospetti registrati nelle ore precedenti l’incendio. Parallelamente, si sta cercando di capire se episodi simili si siano verificati in altre zone della città e se possano essere collegati a una più ampia strategia di intimidazione da parte di gruppi criminali emergenti.
La popolazione locale, intanto, vive con crescente preoccupazione questa escalation di violenza. Gli abitanti di Miano, già provati da anni di dominio criminale, temono che l’incendio dell’agenzia funebre sia solo il preludio a nuovi episodi di intimidazione. Il senso di insicurezza si fa sempre più forte, soprattutto tra commercianti e imprenditori, molti dei quali si trovano costretti a scegliere tra il cedere alle richieste della camorra o rischiare di subire ritorsioni.
La lotta contro il racket è una delle sfide più complesse per le autorità, poiché si scontra con la paura diffusa tra le vittime, che spesso evitano di denunciare per timore di ritorsioni. Nonostante le numerose operazioni delle forze dell’ordine e i sequestri di beni ai clan camorristici, il sistema estorsivo continua a rappresentare una piaga difficile da estirpare, alimentato dal silenzio e dall’omertà.
L’incendio della scorsa notte è solo l’ultimo capitolo di una lunga storia di prevaricazione e violenza che da anni affligge la città di Napoli. Mentre gli investigatori proseguono le indagini, la speranza della comunità è che episodi come questo non restino impuniti e che lo Stato riesca a dare un segnale forte contro il dominio della criminalità organizzata. Solo attraverso un’azione incisiva e la collaborazione dei cittadini sarà possibile spezzare il ciclo di paura e restituire dignità e sicurezza a un territorio troppo spesso lasciato nelle mani della camorra.
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