La sicurezza nelle strade di Napoli è sempre più al centro delle preoccupazioni dei cittadini, in particolare nei quartieri periferici dove episodi di violenza e inciviltà si ripetono con allarmante frequenza. La voce dei lettori di Periferiamonews si fa portavoce di storie che mettono in luce una realtà spesso trascurata, ma che riguarda tutti: la mancanza di sicurezza per i più giovani, costretti a subire intimidazioni, atti di bullismo e, nei casi più estremi, veri e propri episodi di violenza.
Recentemente, un episodio di cronaca ha scosso profondamente la comunità di Secondigliano: un bambino di soli quattro anni è stato investito mentre si trovava sul marciapiede di Corso Secondigliano. Un evento drammatico che ha suscitato dolore e indignazione, sollevando interrogativi sulla sicurezza stradale e sulla necessità di maggiori controlli per evitare che simili tragedie possano ripetersi. In questo clima di crescente preoccupazione, un’altra vicenda ha riacceso il dibattito sulla tutela dei più giovani: il racconto di una madre che denuncia un episodio di bullismo subito da suo figlio dodicenne e da un suo amico mentre si recavano a messa nella zona di Corso Italia.
I due ragazzi sarebbero stati presi di mira da un gruppo di coetanei che li hanno derisi e intimiditi solo perché stavano andando in chiesa. Un episodio grave che evidenzia come, oltre alla criminalità e al degrado urbano, ci sia un altro problema altrettanto preoccupante: la diffusione di atteggiamenti di prevaricazione tra i più giovani, spesso alimentati da un contesto sociale in cui il rispetto e la convivenza civile sembrano perdere sempre più valore. La madre del ragazzo ha deciso di denunciare pubblicamente l’accaduto non solo per far emergere il problema, ma anche per lanciare un appello alle famiglie, chiedendo maggiore attenzione e responsabilità nell’educazione dei propri figli.
La domanda che pone è diretta e spietata: Dove sono le famiglie di questi giovani? Una questione che tocca un nervo scoperto della società attuale, in cui spesso si assiste a una mancanza di supervisione e di insegnamento dei valori fondamentali come il rispetto, la tolleranza e la solidarietà. L’episodio di bullismo riportato non è purtroppo un caso isolato. Sempre più spesso si sente parlare di giovani che subiscono soprusi, sia nelle scuole che per strada, da parte di coetanei che approfittano della loro posizione di forza per umiliare e intimorire gli altri.
Un fenomeno che, se non contrastato in modo deciso, può avere conseguenze devastanti sulla crescita e sul benessere psicologico delle vittime, spesso costrette a vivere nella paura e nell’isolamento. Il bullismo non è solo una questione di violenza fisica, ma anche e soprattutto di violenza psicologica. Le derisioni, le minacce e l’esclusione sociale possono lasciare segni profondi nei ragazzi, minando la loro autostima e la loro fiducia nel prossimo.
Il fatto che in questo caso specifico le vittime siano state attaccate solo perché si stavano recando in chiesa aggiunge un ulteriore elemento di riflessione: il rispetto per le scelte personali e per la libertà di espressione è sempre più minacciato da atteggiamenti di intolleranza che rischiano di sfociare in una pericolosa deriva sociale. La denuncia pubblica dell’accaduto è un passo importante, ma da sola non basta. È necessario che la comunità intera si mobiliti per contrastare il fenomeno del bullismo e dell’insicurezza nelle strade, attraverso un lavoro congiunto tra famiglie, scuole, istituzioni e forze dell’ordine. I genitori devono essere i primi a educare i propri figli al rispetto e alla convivenza civile, insegnando loro che la violenza, in qualsiasi forma, non è mai la risposta.
Le scuole devono attivare programmi di sensibilizzazione e di prevenzione, affinché i ragazzi possano comprendere le conseguenze delle proprie azioni e sviluppare empatia verso gli altri. Le istituzioni devono rafforzare i controlli sul territorio e garantire la presenza di figure di riferimento, come educatori e assistenti sociali, in grado di intervenire nei contesti più a rischio. Le forze dell’ordine, infine, devono intensificare la vigilanza nelle zone maggiormente colpite da episodi di violenza giovanile, affinché chi compie atti di prevaricazione e di illegalità non resti impunito.
La situazione attuale impone una riflessione collettiva su quali siano i valori che vogliamo trasmettere alle nuove generazioni. Se episodi di bullismo, aggressioni e intimidazioni diventano la normalità, significa che qualcosa nel tessuto sociale si sta sgretolando. La comunità di Secondigliano, così come tutte le periferie di Napoli, ha bisogno di un cambiamento profondo che parta dall’educazione e dalla cultura del rispetto. La sicurezza nelle strade non dipende solo dalla presenza di telecamere o di pattuglie della polizia, ma anche dal senso di responsabilità di ogni cittadino nel tutelare il proprio quartiere e nel trasmettere ai più giovani il valore della convivenza pacifica.
Se vogliamo davvero che episodi come quelli denunciati non accadano più, è necessario un impegno collettivo che veda coinvolti tutti: genitori, insegnanti, amministratori locali, forze dell’ordine e semplici cittadini. Solo attraverso un’azione congiunta e un cambio di mentalità si potrà restituire ai ragazzi il diritto di camminare per le strade del proprio quartiere senza paura, e alle famiglie la serenità di sapere che i propri figli possono crescere in un ambiente sicuro e rispettoso. L’appello di questa madre non può restare inascoltato. È il momento di agire, prima che la violenza e l’intolleranza diventino l’unica regola di una società che non possiamo più permetterci di ignorare.