Martedì si è conclusa una delle più importanti operazioni contro lo spaccio di droga a Caivano, portata avanti dai carabinieri sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. L’intervento ha smantellato 25 piazze di spaccio, fino a quel momento gestite dal cartello criminale Angelino-Gallo. Per anni, questo gruppo aveva dominato la zona, rendendo il Parco Verde di Caivano uno dei principali centri di distribuzione di droga nel Sud Italia. L'organizzazione criminale era riuscita a soppiantare altre piazze note, come quelle di Secondigliano e Scampia, operando a pieno ritmo anche durante il periodo della pandemia. Questo controllo del territorio ha garantito al clan introiti milionari, con un flusso continuo di denaro nelle casse della camorra.
Le indagini hanno portato alla luce una struttura capillare, che vedeva il clan Angelino-Gallo al centro di un sistema ben organizzato. La rete di spaccio, gestita da Antonio Angelino, detto "Tibiuccio", e Massimo Gallo, soprannominato "O Chiattone", si riforniva di droga tramite i legami con le cosche calabresi, in particolare con la famiglia Mancuso di Vibo Valentia. La droga, che arrivava sfruttando il porto di Gioia Tauro, veniva poi distribuita nelle numerose piazze di spaccio gestite dal clan. L'organizzazione lavorava senza sosta, giorno e notte, con spacciatori e vedette che si alternavano in turni di sei ore ciascuno. A coordinare la parte economica dell’operazione era Pasqualina Cepparulo, moglie di Massimo Gallo, che si occupava di gestire i bilanci e gli acquisti di stupefacenti.
L'indagine ha rivelato che ogni piazza di spaccio pagava un pizzo al clan per poter operare, un modello che rifletteva il controllo ferreo del territorio da parte della camorra. Chi si rifiutava di versare il tributo al clan andava incontro a gravi conseguenze, con spedizioni punitive che venivano organizzate per ristabilire l'ordine. Questo sistema criminale era radicato al punto che il clan controllava non solo il traffico di droga, ma anche parte delle attività economiche locali, con forti legami con l’amministrazione comunale di Caivano, che è stata sciolta per infiltrazioni mafiose.
Nel corso dell’operazione, sono state arrestate 50 persone, di cui 49 condotte in carcere e una agli arresti domiciliari. Gli arresti hanno riguardato non solo i pusher e le vedette, ma anche figure di alto livello nel clan, segnando un colpo durissimo per l’organizzazione. Il procuratore Nicola Gratteri ha sottolineato l'importanza di questa operazione, che è stata il risultato di un lavoro sistematico e continuativo, mirato a recidere i legami tra la popolazione locale e l’organizzazione criminale. Gratteri ha anche evidenziato il ruolo della pandemia, durante la quale il clan, approfittando della crisi economica, aveva organizzato un banco alimentare per le famiglie in difficoltà, guadagnando così consenso sociale che veniva sfruttato anche in ambito elettorale.
Uno degli aspetti più inquietanti emersi dalle intercettazioni riguarda il terrore che il boss Massimo Gallo provava per il Covid. Nonostante il traffico di droga non si fosse mai fermato durante la pandemia, Gallo imponeva ai suoi affiliati di non salire mai a casa sua, nemmeno con la mascherina, per consegnare i soldi. Preferiva che il denaro venisse consegnato tramite il "panaro", un cesto calato da una finestra o da un balcone, per evitare ogni contatto fisico.
Il lavoro investigativo si è basato anche su intercettazioni ambientali e telefoniche, che hanno permesso di documentare l'efferatezza del clan e il suo controllo capillare del territorio. In un passaggio cruciale delle intercettazioni, Gallo chiarisce a un affiliato che gli abitanti del Parco Verde dovevano temere i killer del clan, non le forze dell'ordine. Questa frase fa comprendere il livello di intimidazione e violenza che caratterizzava la gestione del clan sul territorio.
Le indagini hanno avuto un impatto significativo anche sull'amministrazione comunale di Caivano. Il procuratore Gratteri ha spiegato che senza queste indagini non ci sarebbe stato lo scioglimento dell’amministrazione per infiltrazioni mafiose. In particolare, l'inchiesta del 2023 sugli appalti ha dimostrato come l’amministrazione comunale fosse profondamente compromessa, con accordi tra esponenti del Comune e imprenditori per pilotare gli appalti, mentre la camorra riscuoteva tangenti da chi si aggiudicava i lavori.
L'operazione di martedì rappresenta solo l’ultimo passo di un lungo percorso investigativo iniziato nel 2019, che ha progressivamente messo in luce i legami tra il clan Angelino-Gallo e il Comune di Caivano. Questo percorso ha portato a una serie di interventi che hanno gradualmente smantellato una delle più grandi piazze di spaccio d'Europa. Grazie all'azione combinata della procura e dei carabinieri, la piazza di spaccio del Parco Verde di Caivano non esiste più, e il clan ha subito un colpo che difficilmente potrà assorbire nel breve termine.
Nonostante il successo dell'operazione, il procuratore Gratteri ha ricordato che adesso spetta ai cittadini fare una scelta: fidarsi delle istituzioni o continuare a convivere con la criminalità organizzata. Le indagini hanno offerto l'opportunità di liberare Caivano dal giogo della camorra, ma solo il tempo dirà se la comunità riuscirà a cogliere questa occasione per riprendersi il proprio futuro.