Siamo diventati il Paese in cui le feste nazionali sono sempre più divisive, buone occasioni per pianificare ponti e gite fuori porte, occasioni sprecate per chi, spesso volutamente, intende ignorare quella memoria storica dalla quale non si può prescindere.
Foto di repertorio |
Basterebbe leggere la Costituzione per superare il solco, trovare la natura identitaria della festa e uscire fuori dalla sterile diatriba dei giorni nostri, o più semplicemente, senza andare nemmeno troppo lontano, scovare tra le pagine di un libro il prezzo pagato dal nostro territorio e provare a raccontare ai ragazzi, attraverso anche il più semplice degli episodi, la Resistenza, perché a furia di voler cercare a tutti i costi gesta eroiche da manuale di storia, si finisce per dimenticare ciò che è accaduto nelle strade dove oggi crescono i nostri figli.
C'è una testimonianza che, in tal senso, dice tanto. Correva l'anno 1945 e in città la carenza di farina e alimenti si avvertiva forte. Un gruppo di partigiani decise di andare dal Vomero a Secondigliano, dove si trovava un grande mulino, all'incirca nell'attuale via De Pinedo, non lontano dal campo di aviazione di Capodichino occupato dai tedeschi.
L'operazione, non senza difficoltà, riuscì e la popolazione ricevette finalmente diverse razioni di pane.
Buona Festa della Liberazione, al di là di ogni colore e contrapposizione.
Luca Saulino
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