La nuova campagna nazionale di Legambiente si chiama “Che caldo che fa” ed è un monitoraggio che tocca da vicino le grandi città italiane per rivelare l’impatto reale delle ondate di calore estive sui cittadini, con particolare attenzione agli squilibri tra le aree più ricche e quelle più povere e periferiche. Il focus è sulla cosiddetta cooling poverty, ossia la povertà di raffrescamento, un fenomeno che colpisce chi vive in quartieri dove alberi, fontane, ombreggiature e scelte urbanistiche sostenibili sono carenti o inesistenti. Queste azioni, considerate da sempre elementi di decoro e qualità urbana, oggi assumono un valore di salute pubblica: mitigano la percezione di calore rovente sul corpo, proteggono da colpi di calore e abbassano la temperatura dell’aria. Ma come spesso accade, le differenze economiche e sociali incidono pesantemente sulla disparità di percezione delle ondate di calore. Nei quartieri più poveri, dove c’è anche meno possibilità di refrigerarsi con condizionatori o impianti efficienti, la conformazione urbana e la scarsità di verde peggiorano l’impatto, mentre nelle aree più ricche la presenza di alberi e zone verdi consente una qualità della vita nettamente superiore anche in estate.
A Napoli Fanpage.it ha seguito in esclusiva il monitoraggio realizzato da Legambiente, che con l’ausilio di una termocamera ha misurato le temperature in due quartieri profondamente diversi: il Vomero, zona collinare e benestante, e Secondigliano, periferia nord ad alta densità abitativa. Mariateresa Imparato di Legambiente spiega che sono stati monitorati luoghi simbolici come mercati, ospedali, parchi pubblici, vie principali, dove le persone svolgono attività quotidiane anche durante le ondate di calore. Le immagini realizzate con la termocamera raccontano un calore che va oltre la semplice percezione, misurando la temperatura reale del suolo e degli oggetti, un dato essenziale per capire quanto il caldo estremo si traduca in rischi diretti per la salute dei cittadini. Il monitoraggio si è svolto l’1 e 2 luglio, giorni in cui su Napoli era stata diramata l’allerta meteo della Protezione Civile per ondate di calore.
Il primo impatto con Secondigliano, documentato lungo Corso Secondigliano, è stato eloquente. Ottavia D’Agostino, ingegnere e membro dell’Ufficio energia di Legambiente, racconta come le fermate dell’autobus siano tutte prive di pensilina, senza alcuna ombreggiatura per chi attende. Le panchine sono molte ma risultano inutilizzabili, poiché la temperatura al suolo raggiunge anche i 63 gradi. Colpisce la presenza di alcuni alberi lungo la strada principale, insufficienti però a garantire ombra alle fermate. Anzi, in diversi casi gli alberi abbattuti perché malati non sono mai stati sostituiti, aumentando così il calore percepito. In via Dante, cuore storico e commerciale del quartiere, la situazione peggiora: lungo l’intero percorso manca qualsiasi ombra naturale o artificiale, la temperatura al suolo arriva fino a 60 gradi. Per chi fa la spesa quotidiana il rischio di colpo di sole o di collasso è concreto, soprattutto per anziani e persone fragili.
Il record nazionale di temperatura al suolo registrato da Legambiente in questa campagna è stato raggiunto proprio a Secondigliano, nel Parco Gaetano Errico. L’accesso del parco è un lungo viale senza alberi né ombra, ma il dato più impressionante riguarda l’area giochi per bambini. Qui la temperatura misurata al suolo è stata di 81 gradi. La superficie morbida, realizzata con materiale riciclato derivante dagli pneumatici per attutire le cadute, si trasforma in una lastra rovente sotto il sole, rendendo impossibile l’utilizzo in sicurezza. Il problema non riguarda solo il parco ma l’intero quartiere, dove la scarsità di alberature e ombreggiature artificiali genera un ambiente ostile anche per brevi camminate, mentre al Vomero le aree verdi e l’ombreggiatura diffusa creano un microclima più sopportabile.
La crisi climatica sta aggravando una situazione già complessa per Napoli. Tra il 2015 e il 2024 si sono registrati 20 eventi meteo estremi con danni e vittime. La temperatura media della città nel 2022 ha toccato i 17,7 gradi, un incremento superiore alla media nazionale, che alimenta l’aumento delle cosiddette “notti tropicali”, ossia notti in cui la temperatura non scende sotto i 20 gradi. Queste notti sono passate da 55 a 72 l’anno tra il 2006 e il 2015, rendendo sempre più insopportabili le estati napoletane. L’effetto isola di calore urbana si manifesta con differenze termiche fino a 5,7 gradi tra aree verdi e zone densamente edificate. Nell’estate 2024 Napoli ha già registrato 6 giorni di livello massimo di allerta per ondate di calore, con un bilancio di 72 decessi in eccesso tra gli over 65 solo ad agosto.
Legambiente, con “Che caldo che fa!”, pone l’accento su una vera e propria ingiustizia sociale. Il diritto al raffrescamento e alla protezione dal caldo non può essere un privilegio riservato a chi vive nei quartieri più ricchi. Le misure proposte dall’associazione puntano su una governance climatica integrata, con strategie di adattamento e un Ufficio Clima dedicato. Chiedono l’adozione di un regolamento edilizio sostenibile che imponga superfici permeabili, recupero delle acque piovane, materiali e colori adeguati, oltre a infrastrutture verdi e blu in ogni nuova costruzione o ristrutturazione. Fondamentale anche l’integrazione del Piano Urbanistico con un Piano del Verde Urbano, promuovendo forestazione e connessioni ecologiche soprattutto nelle periferie, garantendo manutenzione sostenibile agli spazi già esistenti.
Legambiente sottolinea l’urgenza di coordinare interventi con aziende e enti, specialmente quelle di trasporto, per dotare le fermate e i parcheggi pubblici di ombreggiature, tettoie fotovoltaiche e piante, oltre ad aumentare fontanelle pubbliche e sistemi di nebulizzazione nelle piazze più esposte. Infine, la creazione di centri di raffrescamento naturali e artificiali in ogni quartiere diventa prioritaria per evitare che il fenomeno della cooling poverty continui ad ampliare le disuguaglianze sociali. Senza un approccio integrato e politiche lungimiranti, l’aumento delle temperature urbane rischia di trasformare quartieri come Secondigliano in vere e proprie fornaci estive, inaccessibili ai cittadini più vulnerabili.
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