Una cappa di paura e controllo si è abbattuta negli ultimi mesi su tre quartieri della periferia nord di Napoli, in particolare Miano, Chiaiano e Secondigliano. È quanto emerge dall’operazione condotta dalla squadra mobile e dagli agenti del commissariato di Scampia, culminata nelle scorse settimane con l’esecuzione di un decreto di fermo firmato dal pubblico ministero Maria Sepe. Come riporta il giornale online Internapoli.it, al centro delle indagini è il rinnovato gruppo criminale di ‘Abbasc Miano’ guidato da Eduardo Franco Romano, suocero di Matteo Balzano, fino a qualche anno fa a capo del triumvirato che comandava la cosca del centro storico di Miano. Le accuse parlano di minacce, estorsioni e continue vessazioni ai danni di commercianti della zona, piegati da un sistema che non lasciava loro vie di fuga.
Secondo quanto ricostruito, Romano e altri sei affiliati avevano imposto il loro dominio sul territorio, rivolgendosi ai negozianti con intimidazioni chiare ed esplicite. Particolarmente significativa la vicenda di due commercianti di Chiaiano, titolari di un negozio di abbigliamento, che nei mesi scorsi avevano dovuto subire le visite dei nuovi ras della zona. Nel decreto di fermo si legge che, lo scorso settembre, Romano si era presentato personalmente nel negozio insieme a Luciano Carbone che, presentandolo, aveva detto: «’O gnor e Matteo», spiegando quindi che si trattava del suocero di Balzano. Entrato nell’attività, Romano aveva chiesto ai titolari se la sua famiglia avesse qualche debito nei loro confronti e i commercianti avevano risposto di aver subito la sottrazione di merce per un valore pari a ottomila euro da parte di giovani ras del gruppo, senza mai ricevere alcun pagamento.
Romano, però, aveva fatto capire immediatamente le sue intenzioni, dicendo che non avrebbe saldato quel debito e che da quel momento in poi avrebbero dovuto fare riferimento solo a lui per qualsiasi problema. «Ora sto io qua, qualsiasi cosa chiamate me» aveva affermato con tono perentorio, dando il via a un clima di paura e assoggettamento che avrebbe condizionato l’attività lavorativa dei due commercianti, costretti a subire le richieste estorsive senza poter reagire. È uno dei tanti episodi emersi dalle indagini, che hanno potuto contare non solo sulle denunce delle vittime, ma anche su una fitta rete di intercettazioni telefoniche e ambientali e sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
Tra questi, rilevanti le parole di Pasquale Cristiano, ex reggente dell’omonimo gruppo di Arzano, oggi collaboratore di giustizia. Cristiano ha raccontato agli inquirenti che, durante la sua detenzione, aveva avuto contatti stretti con Cristian Celentano, uno degli arrestati insieme a Romano. L’ex ras della 167 di Arzano ha spiegato che Celentano era molto vicino a Scarpellini e che quest’ultimo aveva sempre avuto un legame diretto con Matteo Balzano. Cristiano ha anche riferito di una videochiamata a cui aveva partecipato Balzano, all’epoca detenuto in Sicilia, insieme a Eduardo Franco Romano che, nel frattempo, si trovava agli arresti domiciliari a Napoli. Un dettaglio che conferma il ruolo di raccordo tra i vecchi e i nuovi vertici della cosca, con Romano indicato come figura di riferimento per la riorganizzazione del clan dopo l’arresto di Balzano.
Nel blitz che ha portato all’arresto di Romano sono finiti anche Cristian Celentano, Maurizio Aceto, Antonio Aceto, Luciano Carbone, Giovanni Castiello e Salvatore Maggiore. Tutti ritenuti coinvolti nelle attività estorsive e nelle intimidazioni verso i commercianti locali, a conferma di un sistema radicato che negli ultimi mesi aveva ripreso vigore, approfittando delle difficoltà economiche dei piccoli imprenditori. L’obiettivo degli inquirenti è stato quello di spezzare la catena di paura instaurata nel quartiere, restituendo ai cittadini un minimo di sicurezza e fiducia nelle istituzioni.
Il Parco San Gaetano Errico, La Birreria di Miano e i negozi di Chiaiano erano ormai diventati luoghi sotto osservazione per gli investigatori, anche grazie alle continue segnalazioni di cittadini e associazioni che da tempo denunciavano la presenza di gruppi criminali organizzati per gestire racket, spaccio e controllo del territorio. L’arresto di Romano e degli altri affiliati rappresenta un duro colpo al nuovo corso del clan ‘Abbasc Miano’, ma la sensazione, tra chi vive questi quartieri ogni giorno, è che la lotta sia tutt’altro che finita. Troppo radicati i legami, troppo capillare il controllo esercitato nel tempo per poter pensare che il fenomeno sia stato debellato. Resta però un segnale importante quello lanciato dagli investigatori, che continuano a monitorare la zona con l’obiettivo di restituire ai residenti la possibilità di vivere e lavorare senza dover subire minacce, intimidazioni o la paura costante di ritorsioni.
Una battaglia difficile, quella contro le organizzazioni criminali radicate nella periferia nord di Napoli, ma l’operazione delle scorse settimane conferma che l’impegno delle forze dell’ordine, insieme al coraggio di chi denuncia, può contribuire a scardinare i meccanismi di controllo e restituire dignità a quartieri troppo spesso dimenticati.
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