La pratica criminale del “cavallo di ritorno” continua a rappresentare una delle piaghe più diffuse nell’area metropolitana di Napoli e nel Casertano. L’ultimo episodio, che ha portato all’arresto di due uomini di 34 e 57 anni residenti a Secondigliano, dimostra quanto questo fenomeno sia ancora radicato e quanto le forze dell’ordine siano impegnate per contrastarlo con indagini meticolose e operazioni mirate. L’indagine, coordinata dalla Procura di Napoli Nord e condotta dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Caserta, ha permesso di smascherare i due malviventi, accusati di ricettazione e tentata estorsione ai danni di un uomo del Casertano, vittima di un furto d’auto avvenuto nel marzo 2024 a Frattamaggiore.
La vicenda ha avuto inizio quando l’uomo, dopo aver subito il furto del proprio veicolo, ha sporto denuncia alle autorità. Pochi giorni dopo, è stato contattato dai due arrestati che, senza alcun timore, gli hanno chiesto 2.000 euro per riavere la sua auto. Una richiesta diretta, priva di esitazioni, in perfetto stile “cavallo di ritorno”, ovvero quella pratica estorsiva che prevede il pagamento di un riscatto per riavere ciò che è stato sottratto illegalmente. Un metodo criminale diffuso da decenni, che trova ancora terreno fertile nelle periferie napoletane e nelle province limitrofe, nonostante l’intensificazione dei controlli e l’inasprimento delle pene per chi si rende responsabile di tali reati.
La vittima, però, ha deciso di non piegarsi al ricatto e ha immediatamente informato la Polizia. L’indagine ha preso così il via con un’azione coordinata, volta a identificare i responsabili e a raccogliere prove sufficienti per incastrarli. Dopo il primo contatto con la vittima, i due estorsori hanno deciso di cambiare interlocutore e si sono rivolti al fratello del derubato, sperando forse in una maggiore disponibilità a pagare il denaro richiesto. Con lui hanno concordato un incontro nei pressi dello svincolo dell’Asse Mediano di Grumo Nevano, luogo scelto per la consegna del denaro. Un punto strategico, lontano da occhi indiscreti ma abbastanza centrale da garantire una rapida via di fuga in caso di problemi.
Gli investigatori della Squadra Mobile di Caserta, che nel frattempo avevano predisposto un’operazione di sorveglianza, hanno seguito attentamente gli sviluppi dell’incontro. Quando il fratello della vittima si è presentato all’appuntamento, è stato immediatamente avvicinato dai due malviventi, che gli hanno ribadito la richiesta di denaro. Ma qualcosa è andato storto per loro: invece di cedere al ricatto, l’uomo ha reagito, affrontandoli direttamente e mettendoli in difficoltà. Presi alla sprovvista da un atteggiamento inatteso, i due hanno preferito darsi alla fuga, lasciando dietro di sé tracce che si sarebbero poi rivelate fondamentali per la loro identificazione e successiva cattura.
A partire da quel momento, l’indagine è entrata nella sua fase cruciale. Gli agenti hanno iniziato a raccogliere ogni possibile elemento utile a rintracciare gli estorsori. L’analisi dei tabulati telefonici ha permesso di ricostruire i contatti tra i malviventi e la vittima, evidenziando con precisione i momenti in cui erano avvenute le chiamate minatorie. Il controllo delle chat ha fornito ulteriori dettagli sulla dinamica del tentativo di estorsione, mentre la targa dell’auto utilizzata per l’incontro a Grumo Nevano ha rappresentato la prova decisiva per individuare i responsabili.
Con il quadro ormai chiaro e le prove raccolte, la Procura di Napoli Nord ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita poi dagli uomini della Polizia di Stato. I due uomini sono stati arrestati e condotti in carcere, dove dovranno rispondere delle accuse di ricettazione e tentata estorsione. Il provvedimento rappresenta un ulteriore passo nella lotta contro il “cavallo di ritorno”, un fenomeno che negli ultimi anni ha visto un’intensificazione delle azioni di contrasto da parte delle forze dell’ordine, con numerosi arresti e operazioni mirate volte a smantellare le reti criminali che operano nel settore dei furti d’auto e delle estorsioni connesse.
L’operazione ha acceso nuovamente i riflettori su un problema che, seppur contrastato con forza dalle autorità, continua a mietere vittime, soprattutto tra chi non denuncia per paura di ritorsioni. La pratica del “cavallo di ritorno” si fonda infatti su un meccanismo di paura e omertà: molte persone, pur di riavere il proprio veicolo, preferiscono pagare invece di rivolgersi alle forze dell’ordine. Questo atteggiamento, però, alimenta il sistema criminale, permettendo ai malviventi di continuare indisturbati le loro attività illecite.
Il caso di Frattamaggiore dimostra invece come la denuncia e la collaborazione con le autorità possano portare a risultati concreti. La Polizia di Stato, grazie a un’indagine meticolosa e all’impiego delle più moderne tecniche investigative, è riuscita a smascherare i due responsabili e a fermare un tentativo di estorsione che, senza l’intervento delle forze dell’ordine, avrebbe potuto concludersi con il pagamento del riscatto e il rafforzamento di un sistema criminale che prospera sulla paura e sulla rassegnazione delle vittime.
La lotta al “cavallo di ritorno” passa anche attraverso un cambiamento culturale: è fondamentale che le persone prendano coscienza del fatto che denunciare è l’unico modo per spezzare la catena dell’illegalità. Le forze dell’ordine hanno dimostrato ancora una volta di essere pronte a intervenire con determinazione, ma senza la collaborazione delle vittime e dei cittadini il fenomeno rischia di perpetuarsi.
L’arresto dei due uomini di Secondigliano rappresenta un segnale chiaro: chi pratica estorsioni, chi ruba e ricatta, chi pensa di poter agire impunemente deve sapere che la giustizia è sempre un passo avanti.
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