Nell’ambito di una delicata e articolata indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Napoli, la Squadra Mobile partenopea ha dato esecuzione, nella giornata odierna, a un’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di otto soggetti gravemente indiziati, a vario titolo, di una lunga serie di reati tra cui associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere, traffico di sostanze stupefacenti, spaccio, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, estorsione, favoreggiamento personale, riciclaggio e ricettazione. L’operazione rappresenta un ulteriore, importante colpo inferto alla camorra radicata nei quartieri nord di Napoli, in particolare nel rione Don Guanella, area storicamente sotto il controllo dell’Alleanza di Secondigliano, potente cartello criminale formato dai clan Licciardi, Contini e Mallardo.
Le indagini hanno permesso di ricostruire nel dettaglio l’omicidio di Domenico Gargiulo, detto “Sic e Penniell”, affiliato al clan Sautto-Ciccarelli, avvenuto nel settembre 2019. L’uomo, pregiudicato già noto alle forze dell’ordine, fu attirato con uno stratagemma nel luogo designato per l’esecuzione, colpito alla nuca con un’arma da fuoco e successivamente occultato nel bagagliaio di un’autovettura rubata, poi abbandonata nel rione Don Guanella e ritrovata l’8 settembre 2019. Il movente dell’omicidio si intreccia a doppio filo con vecchie faide, vendette incrociate e alleanze strategiche tra clan rivali che, all’occorrenza, diventano collaboratori per mantenere l’egemonia sul territorio e per regolare conti rimasti in sospeso nel tempo. L’episodio si inserisce infatti nella lunga scia di sangue iniziata negli anni della terza faida di Scampia, tra il 2011 e il 2012, quando Gargiulo era transitato dal clan Abbinante a quello dei Marino, alleato con la Vanella-Grassi, ponendosi in netta contrapposizione ai suoi ex sodali.
Particolarmente significativo è il legame tra l’omicidio di Gargiulo e un altro efferato episodio di criminalità: quello dell’assassinio, per errore, di Pasquale Romano, giovane incensurato estraneo ad ambienti malavitosi, ucciso il 15 ottobre 2012 dai killer che avrebbero dovuto colpire proprio Domenico Gargiulo. In quell’occasione, i sicari confusero la vittima e freddarono Romano con diversi colpi d’arma da fuoco. A distanza di pochi giorni, lo stesso Gargiulo sfuggì a un secondo agguato solo grazie a un malfunzionamento dell’arma usata. La memoria di questi episodi non si è mai spenta negli ambienti criminali: l’omicidio del 2019, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, rappresenta una vendetta postuma legata alla condanna all’ergastolo di Salvatore Baldassarre, nipote del boss Antonio Abbinante, per il delitto di Pasquale Romano e per il tentato omicidio di Gargiulo. Baldassarre, ritenuto uno dei killer del 2012, era stato giudicato colpevole e condannato in via definitiva, ma la rete mafiosa ha continuato a muoversi sottotraccia per portare a termine un disegno criminoso che affonda le radici in quegli anni di sangue.
L’ordinanza cautelare colpisce in modo particolare il gruppo del rione Don Guanella, una delle cellule più attive del clan Licciardi. Questo gruppo, secondo gli investigatori, era diretto da Antonio Bruno, figura di vertice nell’organizzazione e punto di riferimento per le attività illecite sul territorio. L’inchiesta ha svelato anche il possesso e l’utilizzo da parte del gruppo di numerose armi da fuoco, impiegate in scorribande armate, intimidazioni e minacce verso clan rivali. È stato altresì documentato il controllo del mercato dei veicoli rubati, attraverso il meccanismo del cosiddetto “cavallo di ritorno”, ossia la restituzione del veicolo sottratto dietro pagamento di un riscatto da parte del legittimo proprietario.
Altro fronte su cui si è concentrata l’attività investigativa è la gestione delle piazze di spaccio, con particolare riferimento a quelle del rione Don Guanella. Gli inquirenti hanno ricostruito una fiorente attività di traffico e distribuzione di sostanze stupefacenti, in particolare hashish e cocaina, con proventi che venivano reinvestiti nell’acquisto di nuove partite da soggetti criminali operanti in altri quartieri e regioni. Sono stati individuati fornitori, intermediari, modalità di approvvigionamento e consegna, nonché i meccanismi di reclutamento di nuovi spacciatori da immettere nel circuito in caso di arresti o defezioni. Questa rete capillare garantiva continuità all’attività del clan, rafforzando il suo potere economico e il controllo del territorio.
L’operazione ha avuto anche un forte impatto operativo, con perquisizioni mirate effettuate nei confronti degli arrestati e di altri soggetti indagati, finalizzate a recuperare elementi probatori ulteriori a sostegno delle ipotesi accusatorie. Le misure eseguite sono state disposte in fase di indagini preliminari e, come previsto dalla legge, gli indagati sono da considerarsi innocenti fino a eventuale sentenza definitiva di condanna.
Il blitz rappresenta un duro colpo alla camorra napoletana e in particolare all’Alleanza di Secondigliano, che continua a dimostrare una straordinaria capacità di rigenerarsi, ridefinire alleanze e riorganizzare le proprie attività economiche illecite pur sotto costante pressione giudiziaria. Il lavoro della Direzione Distrettuale Antimafia e della Squadra Mobile testimonia ancora una volta l’impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata e nella liberazione dei quartieri napoletani da una presenza criminale che, da decenni, soffoca ogni possibilità di sviluppo e di legalità. La storia di Domenico Gargiulo e quella, tragica, di Pasquale Romano, ci ricordano che la camorra uccide non solo i suoi membri ma anche chi nulla ha a che fare con i suoi affari: l’unico modo per spezzare questa catena è non abbassare mai la guardia, continuando a sostenere il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura e promuovendo una cultura della legalità che parta dal basso, dalle scuole, dalle famiglie e dai territori più colpiti.
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