È morto a Napoli, all’età di 91 anni, il Maestro Roberto De Simone, una delle figure più rappresentative della cultura musicale e teatrale italiana del Novecento. Compositore, musicista, regista, musicologo e straordinario custode delle tradizioni popolari del Sud Italia, De Simone ha incarnato per oltre mezzo secolo l’anima profonda di Napoli, restituendole dignità culturale, memoria storica e valore artistico. La sua scomparsa, avvenuta nella serata di domenica presso la sua abitazione napoletana, ha suscitato un’ondata di commozione e di cordoglio non solo nella sua città, ma in tutto il mondo culturale italiano. Accanto a lui, negli ultimi momenti di vita, c’erano la sorella Giovanna, il nipote Alessandro, a lui legatissimo, e pochi altri affetti intimi. Con la morte del Maestro, si chiude un capitolo fondamentale della storia della musica e del teatro italiano, e insieme si apre la consapevolezza di un’eredità immensa da custodire e tramandare.
Roberto De Simone era nato a Napoli nel 1933. Fin da giovanissimo aveva manifestato una profonda passione per la musica, la cultura popolare e il teatro. Dopo gli studi classici e musicali, avviò una carriera brillante che lo vide imporsi progressivamente come una delle menti più originali del panorama culturale italiano. Negli anni Sessanta, mentre l’Italia viveva un processo di profonda trasformazione sociale, De Simone rispose con la riscoperta delle radici: fu tra i primi a studiare con approccio scientifico, ma anche creativo, le forme arcaiche del canto popolare, i riti religiosi e pagani del Meridione, le feste tradizionali, i canti dei contadini e dei pescatori, le forme musicali tramandate oralmente per secoli. Nel 1967 fondò la Nuova Compagnia di Canto Popolare, gruppo che segnò la rinascita della musica tradizionale campana in chiave colta e teatrale. Grazie a questo progetto, De Simone riportò alla luce melodie, testi e suoni che rischiavano di perdersi per sempre, e lo fece con un’operazione artistica che univa la filologia musicale all’invenzione scenica, la ricerca antropologica alla riflessione sull’identità culturale.
Ma il nome di Roberto De Simone è legato in modo indelebile anche alla rinascita del teatro musicale napoletano. Il suo capolavoro assoluto, “La Gatta Cenerentola”, debuttò nel 1976 e segnò una svolta epocale. L’opera, ispirata a un’antica fiaba napoletana trascritta da Giambattista Basile nel Seicento, divenne un caso nazionale: mescolava canto popolare e polifonia antica, tammurriate e madrigali, testo poetico e scena, in un impasto unico e suggestivo. Il successo fu travolgente e aprì la strada a una nuova stagione del teatro musicale italiano. Altri titoli memorabili come “L’Opera Buffa del Giovedì Santo”, “Masaniello”, “La Festa di Piedigrotta”, “Mistero Napolitano” consolidarono il suo stile inconfondibile e la sua poetica fondata sull’incontro tra memoria collettiva e linguaggio scenico contemporaneo.
Nel corso della sua lunga carriera, De Simone ha occupato ruoli istituzionali di grande rilievo. È stato direttore artistico del Teatro San Carlo di Napoli dal 1981 al 1987, contribuendo a rinnovarne l’identità e ad avvicinarlo alla città. Dal 1995 al 2000 ha diretto il Conservatorio di San Pietro a Majella, prestigiosa istituzione musicale napoletana, che sotto la sua guida ha vissuto una stagione di grande fermento culturale e formativo. Il Conservatorio, in una nota ufficiale diffusa dopo la sua morte, ha ricordato il Maestro come un intellettuale visionario che seppe trasformare la memoria in arte e tradizione in sapere contemporaneo, e che ha segnato con il suo magistero la crescita di intere generazioni.
Tra le sue composizioni musicali più significative vanno ricordate il “Requiem in memoria di Pier Paolo Pasolini”, la cantata “Populorum Progressio”, la “Lauda Intorno allo Stabat”, e gli spettacoli realizzati per il Teatro di San Carlo, come la “Festa Teatrale” per i 250 anni del Massimo napoletano, lo “Stabat Mater” con la voce di Irene Papas, ed “Eleonora”, opera dedicata a Eleonora Pimentel Fonseca e alla Rivoluzione napoletana del 1799, interpretata da Vanessa Redgrave. In questi lavori, De Simone ha dato corpo a una poetica profonda e coerente, capace di coniugare l’alto e il basso, il colto e il popolare, il sacro e il profano, l’antico e il moderno.
Collaboratore dei più grandi direttori d’orchestra, da Riccardo Muti ad artisti della scena internazionale, ha portato le sue creazioni nei teatri più importanti d’Europa, sempre con lo stesso obiettivo: far parlare la tradizione in un linguaggio vivo, potente, emozionante. La sua Napoli, ritratta con amore, dolore e rispetto, è stata la protagonista silenziosa di tutte le sue opere, simbolo di un Sud che non si piega agli stereotipi, ma rivendica la sua grandezza artistica, storica e spirituale.
La città di Napoli lo ricorderà con una cerimonia pubblica: secondo le prime indiscrezioni, i funerali dovrebbero tenersi mercoledì 9 aprile e le sue spoglie saranno esposte nella camera ardente allestita presso il Teatro San Carlo, come disposto dal sindaco Gaetano Manfredi. Le bandiere saranno a mezz’asta. “È una grandissima perdita – ha detto il sindaco – De Simone è stato capace di recuperare le radici culturali della nostra tradizione musicale con una grande capacità di innovazione. È un patrimonio che non va disperso”. Anche il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha voluto ricordarlo con parole cariche di ammirazione: “La Gatta Cenerentola è un patrimonio dell’umanità, straordinaria sublimazione della fantasia”. Più critico il ricordo di Roberto Saviano, che ha sottolineato come De Simone, nel corso degli ultimi anni, sia stato dimenticato, isolato e persino maltrattato da parte delle istituzioni e del mondo accademico.
Ma la grandezza di un artista, come quella del Maestro De Simone, va ben oltre le cronache e le polemiche. La sua voce continuerà a farsi sentire nei canti popolari che ha salvato, nei teatri che ha animato, nei libri e nelle partiture che ci ha lasciato. La cultura italiana perde un gigante, ma guadagna per sempre un’eredità spirituale e artistica di inestimabile valore. Chiunque abbia assistito a uno spettacolo da lui scritto o diretto, chiunque abbia ascoltato una sua lezione, letto una sua pagina, sentito una sua musica, porta dentro di sé un frammento della sua visione.
Roberto De Simone è stato un maestro nel senso più profondo del termine: colui che ha saputo indicare una strada, restituire dignità al passato, dare voce al silenzio della tradizione, costruire un ponte tra la memoria e il futuro. La sua morte è un evento epocale, ma anche l’inizio di una riflessione collettiva su ciò che siamo e su ciò che vogliamo diventare, come individui, come comunità, come popolo. Napoli, la Campania, l’Italia intera gli devono gratitudine, ascolto e impegno. La sua opera resta con noi, come un faro nella nebbia del presente, come una radice profonda che ci tiene saldi alla terra, ma ci spinge anche a guardare in alto, verso un orizzonte più ampio, dove l’arte, la bellezza, la cultura sono ancora strumenti di salvezza.
Posta un commento
0Commenti