Napoli, con la sua storia millenaria e il suo inestimabile patrimonio culturale, vive una contraddizione drammatica: accanto alla sua bellezza unica e alla sua vitalità, si staglia l'ombra della criminalità giovanile che domina ampie aree della città. Questa presenza inquietante si manifesta in particolare nelle periferie, dove le baby-gang esercitano un controllo sempre più aggressivo e visibile. Aree come Piscinola a nord e San Giovanni a est, zone già segnate da un forte degrado sociale, vedono il proliferare di gruppi di giovani motociclisti che pattugliano costantemente le strade, segnando il territorio come moderni vigilantes, ma con obiettivi ben diversi.
Il fenomeno delle baby-gang a Napoli non è un fenomeno isolato o recente, ma ha assunto nuove connotazioni, rendendo sempre più indistinta la linea tra legalità e criminalità. Se un tempo si poteva pensare che l’anarchia e la microcriminalità fossero limitate alle aree periferiche, oggi ci si rende conto che non vi è più una reale distinzione tra centro e periferia. Da Rione Sanità a Scampia, dai Quartieri Spagnoli a Pianura, l'intera città sembra soggiogata da queste bande di adolescenti che scorrazzano su scooter e motociclette, imponendo la loro presenza con arroganza e violenza.
Nelle zone di Piscinola e del Rione Baronessa, la situazione è particolarmente grave. I residenti sono ormai abituati a vedere giovanissimi circolare per le strade senza casco, con moto sovraccariche di due o tre persone, spesso minorenni, che si muovono in gruppo con un chiaro intento di controllo del territorio. Questi giovani si atteggiano a padroni delle strade, e il loro modus operandi ricorda sempre più quello delle vecchie organizzazioni criminali, ma con una differenza fondamentale: la loro età. Sono adolescenti, talvolta anche bambini, che agiscono con un'incredibile spregiudicatezza, alimentati da un vuoto istituzionale e dalla mancanza di prospettive.
Il problema delle baby-gang a Napoli non è soltanto una questione di ordine pubblico, ma è il riflesso di una crisi sociale ed educativa profonda. Questi giovani, cresciuti in contesti di forte marginalità, spesso senza una figura adulta di riferimento, trovano nella vita di strada un senso di appartenenza e una realizzazione personale che la società non riesce a offrire loro. Le periferie napoletane, da anni abbandonate a se stesse, sono diventate il terreno fertile per la crescita di questi gruppi che sfidano apertamente le autorità, ignorando le regole della convivenza civile.
Non è un caso che numerosi filmati inviati al deputato Francesco Emilio Borrelli abbiano portato alla luce questa realtà sconvolgente: gruppi di minorenni che, in pieno giorno, sorvegliano le strade, imponendo la loro legge. Non ci sono più confini geografici né culturali: il controllo delle baby-gang si estende ormai ovunque, rendendo Napoli una città dove il confine tra centro e periferia, tra legalità e criminalità, è sempre più sfumato.
Il fenomeno è tanto radicato che, nonostante le continue denunce, la risposta delle istituzioni sembra insufficiente. La presenza delle forze dell'ordine, benché costante, non riesce a fronteggiare efficacemente un problema che affonda le sue radici nella povertà e nella disoccupazione giovanile. Ogni tentativo di repressione rischia di essere vano se non viene affiancato da politiche educative e sociali capaci di offrire un'alternativa a questi ragazzi. Il rischio è quello di alimentare un circolo vizioso: la repressione alimenta la rabbia, e la rabbia si trasforma in violenza.
Ciò che rende ancora più inquietante questo scenario è l'età sempre più bassa dei protagonisti. Questi giovani, spesso non ancora maggiorenni, crescono in un mondo dove la violenza è l'unico strumento di affermazione personale. Non hanno paura della legge, perché non la riconoscono come un'autorità legittima. Sono il prodotto di una società che ha fallito nel suo compito più importante: offrire un futuro ai suoi giovani.
La lotta alle baby-gang a Napoli non può essere combattuta solo con la forza. È necessario un cambiamento culturale profondo, che riporti al centro l'educazione, il rispetto per le regole e per il prossimo. La città non può permettersi di perdere un'altra generazione di giovani, sacrificati sull'altare della criminalità e della violenza. Solo attraverso un impegno collettivo, che coinvolga scuole, famiglie e istituzioni, si potrà sperare di invertire la rotta.
Napoli, con le sue contraddizioni e le sue sfide, ha bisogno di risposte forti e decise. Ma ha anche bisogno di speranza. Una speranza che deve partire dai giovani, gli stessi che oggi pattugliano le strade su scooter e moto, ma che domani potrebbero essere protagonisti di una rinascita sociale e culturale che la città merita.