Presto nel carcere di Secondigliano a Napoli nascerà un’area dedicata alla coltivazione di piantine di caffè, un progetto che punta al reinserimento dei detenuti attraverso la formazione professionale e la creazione di figure specializzate come quella del barista. A ricordarlo è stato il presidente di Kimbo spa, Mario Rubino, durante un incontro con l’imprenditore e scrittore Oscar Farinetti, in visita allo stabilimento dell’azienda a Melito, a pochi passi dall’istituto penitenziario partenopeo.
L’iniziativa nasce dalla collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli e vuole rafforzare il legame sociale e territoriale dell’impresa, offrendo un’occasione concreta a chi si trova in difficoltà. Rubino ha spiegato che questa scelta si inserisce in un percorso già avviato da tempo dalla Kimbo con progetti sociali come “Fatto a Scampia”, che ha visto la realizzazione di borse e abiti in juta nel quartiere, e che ora proseguirà con attività come le officine di manutenzione delle macchine per il caffè all’interno del carcere, con l’obiettivo di restituirle perfettamente funzionanti ai bar della zona, creando anche in questo caso opportunità lavorative e formative.
Il presidente di Kimbo ha inoltre annunciato l’intenzione di realizzare una guida per le aziende che vogliano assumere persone qualificate provenienti da questi percorsi, aiutandole a ottenere più facilmente gli sgravi fiscali previsti dalla legge. Un’iniziativa che si lega alla storia della famiglia Rubino, iniziata con un piccolo bar e una torrefazione al Rione Sanità e diventata oggi una realtà che gestisce 35 milioni di chili di caffè crudo l’anno, ottenendo 25 milioni di chili di caffè tostato, con una quota di mercato del 9% in Italia.
Una crescita avvenuta senza mai dimenticare la qualità e la formazione, come ha sottolineato Rubino parlando del Training Center aziendale e dei corsi rivolti sia ai professionisti che ai consumatori per promuovere la cultura del caffè. Per il presidente di Kimbo, l’imprenditore che pensa solo al profitto non serve a nessuno, nemmeno a se stesso, e per questo resta fermo l’impegno sociale dell’azienda.
Nello stabilimento Kimbo si è svolto anche un confronto tra Rubino e Oscar Farinetti, che ha descritto il barista come “il cuoco del caffè”, sottolineando come la tazzina non sia solo un rituale di convivialità e cultura, ma l’espressione di un mondo complesso fatto di molte tappe e procedure spesso non semplici. Farinetti ha invitato a cambiare la narrazione sul caffè, spiegando che deve essere dato il giusto valore al prodotto per mantenerne alta la qualità, in un contesto dove i costi del caffè crudo sono cresciuti notevolmente mentre il prezzo di vendita della tazzina resta spesso troppo basso. A suo parere, come avvenuto per il vino, anche l’olio extravergine d’oliva e il caffè dovrebbero essere raccontati in modo più approfondito, perché solo conoscendo la loro storia si potrà capire l’importanza di pagare il giusto prezzo.
Il confronto si è svolto tra utopie e richiami concreti alla realtà, con la partecipazione anche del direttore Francesco Cavallo e della quality manager Maria Cristina Tricarico. Al centro della discussione la necessità di valorizzare il caffè, prodotto simbolo di Napoli e dell’Italia nel mondo, che oggi si scontra con una domanda globale in crescita, tensioni geopolitiche, problemi logistici, speculazioni e un costo della materia prima aumentato del 300% negli ultimi due anni. Rubino ha spiegato che per Kimbo è fondamentale contenere i costi anche a discapito dei profitti, mantenendo però alto il valore sociale dell’attività. Lui stesso, medico urologo impegnato per anni al Pronto Soccorso del Cardarelli, ha sempre sentito l’esigenza di restituire qualcosa al territorio e alla comunità.
Farinetti, dal canto suo, ha raccontato come la sua esperienza professionale sia nata proprio nel mondo del caffè grazie al padre, ex partigiano ed europeista che lanciò nel 1967 il marchio Unieuro. Da allora ha sempre puntato sulla qualità, fino a Eataly, ma resta convinto che il caffè oggi non abbia il prezzo che merita. Secondo lui, una tazzina dovrebbe costare almeno 2,50 euro, per coprire l’intera filiera e restituire valore al prodotto.
A Napoli, ha aggiunto, esistono le condizioni giuste per legare il valore del caffè ai valori della convivialità e della storia, citando anche Eduardo De Filippo e la sua lezione teatrale in “Questi Fantasmi”. Rubino, infine, ha concluso spiegando che il futuro non sarà facile, con costi di produzione sempre più alti e un prezzo di vendita che dovrebbe arrivare almeno a 1,70 euro a tazzina. Ma la sfida per Kimbo resta quella di far capire ai consumatori cosa stanno bevendo e quale mondo si cela dietro ogni singolo chicco.
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