Secondigliano torna a essere teatro di tensioni crescenti, un quartiere di Napoli già noto per essere uno dei centri nevralgici della criminalità organizzata. Le avvisaglie di un ritorno della violenza non sembrano più solo un'ipotesi, ma una triste realtà che si è concretizzata lo scorso sabato sera. In Largo Macello, territorio storicamente riconosciuto come parte del feudo del clan Di Lauro, è stata segnalata una "stesa", ossia una sparatoria intimidatoria. Questi episodi rappresentano un marchio di fabbrica della camorra, utilizzati per dimostrare il controllo del territorio e intimidire i rivali o chiunque si opponga al potere dei clan.
Secondo le prime informazioni trapelate dalle forze dell’ordine, quattro individui a bordo di due moto di grossa cilindrata hanno percorso le strade del quartiere, esplodendo diversi colpi di arma da fuoco in aria. Fortunatamente, non si sono registrati feriti, ma l’episodio ha comunque creato un clima di forte preoccupazione tra i residenti. Il corteo armato ha attraversato un’area abitata da molti pregiudicati, il che rende difficile per gli inquirenti stabilire il vero obiettivo di questa dimostrazione di forza. Non è chiaro se si tratti di un avvertimento mirato verso una specifica fazione o se si sia voluto semplicemente rimarcare la supremazia del clan sul territorio.
L'area di Secondigliano, e in particolare Largo Macello, è nota per essere storicamente legata al clan Di Lauro, uno dei gruppi camorristici più potenti e radicati della città. Il clan ha dominato per anni gran parte del traffico di droga in Campania, costruendo un impero criminale che ha raggiunto anche dimensioni internazionali. Dopo la faida di Scampia, avvenuta nei primi anni 2000, e la cattura di diversi membri di spicco del clan, tra cui il boss Paolo Di Lauro, noto come "Ciruzzo 'o milionario", la mappa del potere criminale nella zona è cambiata, ma la tensione non è mai completamente svanita. Anzi, il vuoto di potere lasciato dagli arresti e dalle faide interne ha aperto la strada a nuovi equilibri e a possibili regolamenti di conti.
La dinamica dell’episodio di sabato sera sembra rientrare proprio in questo contesto di instabilità. Gli inquirenti stanno indagando per capire se dietro alla stesa vi sia il tentativo di una nuova fazione emergente di farsi strada nel complesso scacchiere camorristico, oppure se si tratti di una reazione a un’azione rivale. I colpi sparati in aria, senza un obiettivo dichiarato, potrebbero essere letti come un segnale: un modo per rivendicare la propria presenza sul territorio e ricordare a tutti chi comanda. Allo stesso tempo, però, non si esclude l’ipotesi che questa azione sia stata pensata per mandare un messaggio preciso a qualcuno all’interno del clan o a un clan rivale.
Ciò che preoccupa maggiormente è la ripresa di questi atti intimidatori, che sembravano aver subito un calo negli ultimi anni, almeno per quanto riguarda la frequenza con cui venivano riportati. Le forze dell’ordine sono costantemente impegnate in operazioni volte a smantellare le reti criminali locali, ma la resilienza dei clan camorristici, capaci di riorganizzarsi dopo ogni arresto o blitz, rappresenta una sfida enorme. La popolazione di Secondigliano, stanca di vivere sotto la costante minaccia della violenza, chiede risposte e una maggiore presenza dello Stato sul territorio.
Nel frattempo, i residenti vivono nell’incertezza. Chi abita a Largo Macello, ma più in generale in tutto il quartiere, sa bene che episodi come quello di sabato sera possono essere il preludio a qualcosa di più grave. Una stesa è spesso solo il primo atto di una catena di eventi che potrebbe portare a scontri armati tra fazioni rivali, come accaduto in passato durante la faida di Scampia. Eppure, nonostante la paura, c'è chi sceglie di non parlare, mantenendo quell’omertà che da sempre protegge le organizzazioni criminali e permette loro di continuare a operare indisturbate.
Le indagini sono tuttora in corso, e gli investigatori stanno cercando di raccogliere testimonianze e prove utili per identificare gli autori del gesto. Tuttavia, come spesso accade in questi contesti, la collaborazione della popolazione locale è limitata. La paura di ritorsioni e la sfiducia nelle istituzioni fanno sì che le informazioni utili arrivino col contagocce, rendendo il lavoro delle forze dell’ordine ancora più difficile. I sistemi di videosorveglianza presenti nella zona potrebbero fornire qualche indizio, ma la copertura non è completa, e non è raro che le telecamere vengano manomesse o non funzionino nei momenti critici.
La speranza è che le autorità riescano a risolvere rapidamente questo caso, evitando così che l'episodio possa innescare una nuova spirale di violenza. Tuttavia, la storia di Secondigliano ci insegna che ogni volta che un clan cerca di riaffermare il proprio dominio, c’è sempre il rischio di una reazione da parte di fazioni rivali, con conseguenze che potrebbero coinvolgere non solo i protagonisti di queste guerre, ma anche i civili innocenti.
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